Letteratura e sessualità nel '900: i testi più rappresentativi
Tra i temi onnipresenti in letteratura nel corso dei secoli, il sesso è sicuramente tra quelli che sono stati affrontati in una moltitudine di maniere diverse. Se già nell'antichità, in epoca egizia e poi romana, la sessualità era argomento centrale e privo di tabù, col tempo viene trattato da ogni punto di vista all'interno di poemi, tragedie, poesie, manuali di comportamento sessuale (primo fra tutti il celebre Kama Sutra), novelle (ovvio citare il Decamerone di Boccaccio) e romanzi. Alla fine del '700, con opere come Justine o Le disavventure della virtù è il Marchese de Sade colui che meglio riesce a calarsi nel genere, fino a estremizzare la letteratura di questo tipo, narrando storie di perversione, violenze sessuali e torture. Il vizio della carne diventa invece estetica del piacere fisico nell'opera dannunziana, un secolo più tardi. Nella trilogia dei Romanzi della rosa (Il piacere, L'innocente, Il trionfo della morte), è la voluttà a diventare filo conduttore tra le differenti storie.
Ma è nel Novecento, quando il sesso incontra un nuovo linguaggio e stili di scrittura via via rivoluzionari, che la letteratura si sbizzarrisce sull'argomento. Nel 1928 è David Herbert Lawrence a far gridare allo scandalo con L'amante di Lady Chatterley. L'opera fu, infatti, osteggiata e messa al bando, a causa dell'imperante morale dell'epoca, e la casa editrice Penguin Books finì in tribunale per rispondere all'accusa di pubblicazione oscena. Storia della riscoperta del piacere sessuale e di tradimento, venne pubblicata in Inghilterra (patria dell'autore) solo qualche decennio più tardi, nel 1960. Discorso analogo per Henry Miller, che nel 1934 scrive Tropico del cancro, in cui narra anche le proprie esperienze sessuali in maniera esplicita e dettagliata. La Grove Press pubblicò il libro negli Stati Uniti soltanto nel 1961, e la questione venne discussa in un'aula di tribunale, dove si avviò un processo per oscenità. Il seguito del libro, Tropico del capricorno, incontrò le stesse sorti. Entrambi i volumi erano stati in origine pubblicati a Parigi, dove il problema morale era evidentemente minore. Così come Lolita di Vladimir Nabokov che, per vedere la stampa, dovette uscire nel 1955 attraverso una casa editrice parigina (anche se il libro era stato scritto in lingua inglese). I temi dominanti di incesto e pedofilia, che ruotavano attorno all'irresistibile attrazione del protagonista per un'audace dodicenne, pur senza la narrazione di esplicite scene sessuali, portarono l'autore a subire svariati rifiuti dagli editori.
Nel 1967 fu Philip Roth con il suo Lamento di Portnoy a mettere su carta le nevrosi di un erotomane, morboso, perverso, ossessionato dalla masturbazione. Attraverso il monologo-fiume del personaggio principale al suo psicanalista si snodano i racconti grotteschi di Alex sul suo essere ebreo, sul rapporto conflittuale con la famiglia e soprattutto sulla propria sessualità.
Come non citare Charles Bukowski in una rapida carrellata di autori che hanno trattato questo tema. Già con Taccuino di un vecchio porco (Taccuino di un vecchio sporcaccione nel titolo dell'edizione Guanda del 1999) aveva dato un'idea dei propri leitmotiv, ma è con Storie di ordinaria follia, nel 1972, che il suo mondo fatto di donne e sesso, sbronze colossali, corse ai cavalli e disoccupazione, si impone violentemente attraverso la sua semplicità. Infine Michel Houellebecq, che chiude idealmente il cerchio. In Le particelle elementari, sul finire degli anni Novanta, lo scrittore francese utilizza l'attrazione morbosa per il sesso come una delle componenti più importanti del romanzo.
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