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Lettera di Elsa Morante alle Brigate Rosse

Lettera di Elsa Morante alle Brigate RosseIl 20 marzo 1978, quattro giorni dopo il rapimento di Aldo Moro, Elsa Morante scrive una lettera aperta alle Brigate Rosse in cui evidenzia alcuni punti a suo dire controversi dell’atteggiamento dei brigatisti, pur senza mai citare Moro.

Morante, che quattro anni prima aveva pubblicato La storia, si rivolge direttamente ai brigatisti, ponendo l’accento sui rischi insiti nella loro violenza.

Della lettera, inserita in un volume pubblicato da nottetempo con il titolo Piccolo manifesto dei comunisti, pubblichiamo la versione integrale.

 

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20 marzo 1978

So che la presente mia lettera, a ogni giudizio obiettivo e attuale non può apparire se non un vaniloquio ridicolo, idiota e scandaloso; (oltre che agli effetti pratici, un campione senza valore). E tale, anzitutto, apparirà ai miei presunti destinatari.

Ma in certe ore estreme, quando l'intelligenza non serve più, non resta che seguire i movimenti della propria coscienza disperata, anche se non vengono esclusivamente dalla ragione e se, purtroppo, si è consapevoli della loro inutilità. Rivolgendomi a voi brigatisti (rimosso l'orrore che per mia natura di fronte a ogni violenza mi farebbe ammutolire) io mi sforzo di non dubitare, almeno, che voi crediate in piena fede ai motivi da voi dichiarati per le vostre azioni; ossia che voi siate davvero, ai vostri propri occhi, dei rivoluzionari.

Confesso che dato l'uso che ne è stato fatto nella storia fino a tutt'oggi, mi ripugna ormai di ripetere la parola rivoluzione (e fin di pronunciarla). Però questa parola, per quanto stuprata e tradita, in se stessa mantiene il suo significato primo e autentico: di grande azione popolare al fine di instaurare una società più degna. Ora, su questa chiara definizione, sono state sventolate troppe bandiere equivoche. E il primo equivoco è stato scrivere, su queste bandiere, il motto nazionale: Il fine giustifica i mezzi. Questo principio (non per niente sventolato da Benito Mussolini e dai suoi simili per le loro «rivoluzioni») è sicura insegna di falsità. Anzi la verità sta nel suo rovescio: I mezzi denunciano il fine.

Ora, i mezzi di cui voi vi servite attualmente corrispondono a un modello riconoscibile e preciso: quello stesso che distrusse le più oscure «rivoluzioni» del nostro secolo, e che si fonda su un carattere basilare: il totale disprezzo per la persona umana. Chi disprezza la persona umana, e non se ne vergogna, disprezza, per primo, la propria persona. E come può presumere di instaurare una società più degna chi non si rende prima degno, nel suo interno, del rispetto di se stesso?

È facile assalire o giustiziare gli indifesi, e poi scappare, sapendosi impuniti, o al peggio garantiti da leggi che si rinnegano, ma che sono pur sempre migliori di quelle che si promettono in cambio. Le società instaurate sotto il disprezzo della persona umana, qualsiasi nome prendono, non possono essere che fasciste: ossia società dove vige la sopraffazione dell'uomo sull'uomo, e la repressione più atroce, e le torture. Voi, col vostro esempio, non proponete altro. E da simili società nascono necessariamente delle generazioni di castrati e di servi. Chi non si vergogna di una simile oscenità non può rendersi credibile, e, qualsiasi nome voglia darsi, non può promettere, in realtà e sostanza, altro che una società reazionaria.

 

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Una società instaurata nel totale disprezzo della persona umana, qualsiasi nome voglia darsi, non può che essere oscenamente fascista: e può disporre oggi, inoltre, di tali mezzi, da raffinare ancora, se possibile, i propri metodi tradizionali. Da una simile società ormai non possono nascere che generazioni di castrati e di servi. Non crediate dunque di rendervi credibili auspicando il peggio, in nome di chissà quali catarsi successive. Voi per la vostra giovane età, non avete sperimentato sulla vostra carne la storia di questo secolo. Forse non l'avete abbastanza studiata (nemmeno quella più recente) e contate sull'ignoranza e l'inesperienza di altri giovani per farne i vostri seguaci.

Voglio credere che non vi rendiate conto della corruzione che potreste esercitare così, sulle loro coscienze, né delle conseguenze innominabili che ne ricadrebbero su di loro. A chi per caso avesse letto i miei ultimi libri, sarebbe nota quale stima io faccia delle società istituite. Ma per quanto inette e corrotte possano venir giudicate certe società presenti, io mi auguro di non vivere abbastanza per assistere a nuovi totalitarismi.

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