Leonardo e il mistero del suo genio. Intervista a Barbara Frale
Dopo essersi occupata di Celestino V, San Francesco e i templari, Barbara Frale torna in libreria con un romanzo storico, Leonardo da Vinci. Il mistero di un genio, pubblicato da Newton Compton Editore.
Nel romanzo Frale si concentra sul giovane Leonardo e sul suo rapporto con Lorenzo il Magnifico prima, ma soprattutto con Ludovico il Moro, che da mecenate si trasformerà presto in antagonista.
Di Leonardo e di molto altro abbiamo parlato con Barbara Frale.
Cominciamo con la domanda forse più banale, ma temo anche più difficile. Chi è Leonardo da Vinci? Che idea si è fatta dell’uomo?
Una personalità molto complessa, ma questo in realtà era chiaro anche prima di addentrarmi nello studio dei suoi manoscritti. Tormentato, pieno di conflitti originati dalla sua infanzia difficile e dal fatto che suo padre non volle mai riconoscerlo come figlio legittimo: una crudeltà che lasciò in Leonardo ferite incancellabili. Però era anche molto umano, sensibile, simpatico e alla mano. Non si sentiva un genio, ma un uomo curioso che amava il proprio lavoro.
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Fin dal titolo pone l’accento sul mistero del genio di Leonardo. Può dirci qualcosa al riguardo?
Credo che la sua straordinaria capacità di notare le analogie tra le cose, il segreto meccanismo di funzionamento che distingue la Natura e anche i corpi degli uomini e degli animali, in realtà fosse un mistero anche per lui. Non si poneva i dubbi che si pongono i filosofi, lui semplicemente osservava e annotava. Non era così arrogante da voler spiegare tutto, si limitava a pensare così: questo è accaduto, si può vedere, dunque deve esistere un motivo per cui le cose vanno in questo modo.
Che strategia di lavoro ha seguito per riuscire a condensare la personalità di Leonardo in un unico romanzo?
Quattro anni di lavoro intenso, tre per l’analisi dei suoi scritti e delle sue opere alla ricerca di dipinti e disegni che mi parlassero della sua anima, più che della sua straordinaria abilità tecnica. E dopo, un anno per scrivere il testo del romanzo. Avrei desiderato avere più tempo a disposizione, il tempo dedicato a studiare un personaggio unico nella storia come Leonardo da Vinci non è mai abbastanza, ma l’editore voleva il libro…
Dal punto di vista storico e artistico, quale fu l’impatto di Leonardo sul Rinascimento?
Esplosivo. Leonardo apre gli occhi delle persone, in un certo senso, li abitua a gustare certi effetti e certe verità che non erano abituati a trovare negli altri pittori, benché grandissimi. Dopo le sue innovazioni, non si torna indietro.
E oggi? Un personaggio come Leonardo quali “insegnamenti” può trasmetterci?
Credo che il lascito più prezioso non sia dato dalle ingegnose macchine che ha progettato, e neppure dalle opere d’arte che hanno segnato il corso della storia. L’amore verso la Natura, l’umiltà con cui l’uomo la osserva e la ritrae, che ricordano la passione sacra di san Francesco d’Assisi in un certo modo, ecco, questa è l’eredità più importante che ha consegnato al futuro, almeno secondo me.
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Qualche tempo fa Rai1 ha trasmetto una fiction dedicata a Leonardo da Vinci che giocava molto sul rapporto tra dato storico e fiction in un modo che alcuni critici hanno trovato eccessivo. Che idea si è fatta al riguardo?
Le critiche sono giustissime, nessuno che conosca la storia anche un minimo può dire il contrario: la porzione di fantasia è assolutamente prevalente rispetto al vero storico, troppo scarso per parlare di “fiction storica”. Però come prodotto televisivo era bello, anche questo è un fatto che non si può negare. Infatti ha riscosso un grandissimo successo di pubblico. Personalmente avrei preferito soluzioni narrative ugualmente audaci e “forti” che però rispettassero la verità storica, ma gli sceneggiatori lasciati a sé stessi inventano a ruota libera, sono incontrollabili. A volte per loro inventare è l’unica risorsa. Gli autori di prodotti cinematografici non possono fare come ho fatto io, che ho scelto di dedicare ben quattro anni al mio progetto su Leonardo. Loro spesso hanno pochissimo tempo per scrivere soggetto e sceneggiature, non quattro anni ma quattro settimane soltanto, poi devono consegnare il lavoro perché pressati dalla grande macchina della produzione che ha i suoi tempi rigidi, le sue tiranniche tabelle di marcia: a quel punto o scrivono, o studiano la storia.
Triste cosa per il pubblico che ovviamente si aspetta un prodotto ben rifinito; però è la realtà.
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