Leggere ci salva. Intervista a Filippo Roma
Se è tutto una questione di narrativa, di come ci raccontiamo la realtà e il mondo, allora Boomerang di Filippo Roma, uscito per Salani, è un esempio di come, cambiando prospettiva, si possa stimolare la nascita di un nuovo alfabeto essenziale per raccontare i sentimenti e le emozioni che fanno pulsare il mondo.
Leo, protagonista di questa storia che si legge con piacere, è il figlio di una madre che lo ama, sì, ma che ha dovuto rinunciare a un pezzo di se stessa per farlo nascere e crescere. Non lo ha fatto sempre nel migliore dei modi? Forse. Di certo non è semplice essere madre, donna e in carriera. Qualcuno, specie negli ultimi anni, prova a darci un’altra visione e dirci che le donne possono fare tutto, senza rinunciare a nulla. L’esperienza, tuttavia, mette in evidenza le crepe di questo trend ed è una sottigliezza che Filippo Roma cattura nel suo romanzo.
Non è la madre il centro di Boomerang, almeno non solo lei. Al centro ci sono la donna, il suo linguaggio, i sentimenti, i sacrifici di cui è capace, le sue fragilità e la sua forza.
E, oltre a raccontare la donna, Filippo Roma mette in discussione uno stereotipo. Leo è ancora un ragazzo quando capisce che da grande vuole fare lo scrittore. Il suo idolo, alla stregua di un cantante o di un calciatore, è uno scrittore che va a presentare la sua opera presso l’istituto che il ragazzo frequenta. A Leo piace leggere, anzi, i libri sono la via per evadere, per salvarsi, per comprendere se stesso, ma soprattutto gli altri, o più precisamente le donne.
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In occasione dell’uscita di Boomerang, con Filippo Roma abbiamo parlato di scrittura, di libri che salvano, della lingua che parlano le donne.
La prima domanda che vorrei porle è come nasce l’idea del romanzo e come ha trovato l’esperienza della scrittura; meglio ancora: come ha affrontato la scrittura?
L’idea mi ha colpito un pomeriggio mentre andavo in bici. Ero lungo il Tevere e ho avuto tutto chiaro in testa. Sono un lettore forte, di sera spengo tutto e m’immergo nella lettura. Il desiderio di scrivere un libro in un certo futuro, l’ho sempre avuto.
Per quanto riguarda la scrittura, mi ci sono approcciato in modo ordinato, ho fatto uno schema che poi ho seguito. Ho scritto di sera, dopo il lavoro, oppure sul treno durante le trasferte in giro per l’Italia che il mio lavoro con Le iene mi impone. Rubavo tempo al riposo, per farla breve.
Scrivere è stato un momento di evasione. Il mio lavoro consiste nel raccontare le storie delle persone che incontro e, in effetti, stare a contatto con loro è stata un’ottima linfa per la mia scrittura e uno splendido confronto con la realtà.
Le madri: la depressione, le rinunce, il coraggio. Essere madri è tosto, e non parlo solo della madre di Leo nel dire che quando si è madri si è pronte a tutto. Può commentare questo dettaglio, sia in generale sia legato al contesto attuale…
La mamma è il fulcro della società e durante le guerre o le pandemie questo fatto emerge con maggiore forza. Con la pandemia siamo tornati ad avere bisogno delle madri, solo che il quadro si è complicato perché le madri di oggi lavorano non solo in casa ma anche fuori di casa.
A mio avviso, il ruolo della madre è il più bello ma anche il più pesante. E non è semplice per loro trovare la strada; anzi, quello che osservo spesso intorno a me sono madri che abbandonano i loro sogni per dedicarsi ai figli. È una rinuncia che a lungo termine può avere ripercussioni, anche se crescere i figli può essere gratificante.
Penso anche che ognuno di noi è artefice del proprio destino, ma se devo riflettere sulla questione sociale in Italia, sui servizi pubblici, sicuramente questi non sono di grande aiuto per le madri. E la cultura cattolica che veicola un’immagine di donna principalmente come madre non aiuta affatto.
Leo dice che i libri possono salvare. È d’accordo? Come possono salvarci?
Sono totalmente d’accordo e credo che possano salvarci in tantissimi modi. Primo tra tutti, possono salvarci dalla noia. Quale modo migliore per liberarsi dalla noia se non quello di immergersi in storie che sembrano parlare di te, ma anche in storie lontane da te che ti permettono di andare ovunque nello spazio e nel tempo?
Leggere, però, è anche un piacere. Come la buona tavola, il vino o il sesso.
Leggere è consolatorio: sapere di non essere il solo a provare un certo sentimento, immedesimarti nella vicenda di un altro può permetterti di capire meglio. Te e gli altri. Pensa a quanto sia d’impatto scoprire che quello che provi tu lo provava anche un certo personaggio dell’Ottocento.
Leggere, poi, sconfigge la solitudine.
La storia di Leo ci restituisce un nuovo immaginario: non abbiamo più la figura dello scrittore simile a un disadattato sociale. Anzi, lo scrittore è un essere affasciante che suscita ammirazione in chi lo guarda. Come una rockstar.
Partiamo dal presupposto che si legge sempre meno, ma coloro che leggono rappresentano una comunità molto forte.
In Boomerang mi sono ispirato a due scrittori, uno non esiste più, ma l’altro c’è ancora. Mescolando le caratteristiche dell’uno e dell’altro, sono arrivato a quello che ho descritto.
In fondo, lo scrittore, storicamente, nasce come figura brillante al servizio della corte e dei principi. Sono gli ultimi tempi ad aver trasformato chi scrive in un sinonimo di sfigato. Ma questi tempi, per fortuna, stanno cambiando.
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Leo capisce qualcosa che la maggior parte degli uomini non coglie: il linguaggio delle donne. Che cosa coglie nello specifico?
Quello che Leo capisce è che nel linguaggio delle donne alberga la verità, i veri sentimenti. La lingua può essere cinica, ironica, sarcastica, ma comunque sia, quando è parlata dalle donne, si riveste anche di sentimento. Per arrivare alle persone, bisogna parlare la lingua dei sentimenti.
Dirò di più: gli uomini possono avere idee, a volte anche geniali, ma queste rimangono in superficie. Le donne scrivono meglio degli uomini perché sanno andare oltre la superficie.
Boomerang è un libro sull’amore, sul riscatto, sulla vendetta. Quanto male può fare l’amore?
L’amore può portare alla morte, alle ossessioni, alle manie, allo stalking.Però, nel momento in cui si deforma in una di queste tipologie, forse non stiamo più parlando di amore, ma di una sua versione patologica che sfocia poi in un disturbo. L’amore è vero solo quando è reciproca comprensione.
Leggi tutte le nostre interviste a scrittori e scrittrici.
Le foto di Filippo Roma sono di Alberto Fabi.
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