Lecco patata? La Cina che ci aspetta
Mancano pochi anni, chi l’avrebbe detto fino ai Novanta del secolo scorso, la Cina diventerà la prima potenza mondiale dal punto di vista economico. Secondo il CEBR (Centre for Economic and Business Research) il sorpasso rispetto agli USA, nazione da medaglia d’oro da molto tempo, avverrà nel 2028, fra quattordici anni. Il nostro paese uscirà addirittura dalla top ten.
Nell’ultimo decennio la Cina è cresciuta con ritmi impressionanti, ridicolizzando gli sforzi di altre nazioni, prese dalla crisi di sistema che tanto sta influenzando anche l’Italia.
Uno sviluppo cinese che punta crudamente ai fatturati, a svantaggio di diritti che noi europei consideriamo sacri, o almeno riteniamo importanti.
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La cronaca abbonda di fatti cinesi nel nostro territorio, perché le comunità sono sempre più numerose, in particolare a Milano, Roma e Prato. In quest’ultima città ricorderanno tutti l’incendio in una fabbrica di poche settimane fa, quando persero la vita alcuni cittadini cinesi. Quanti conoscevano la situazione di Prato? Perché non si è fatto nulla per prevenire tragedie simili? Di chi sono le responsabilità?
Il sistema economico cinese è stato dominato dai principi ideologici del marxismo-leninismo, solo nel 1976, con la morte del leader Mao, si presentò l’opportunità di un radicale cambiamento rispetto al passato. Fu proprio durante gli anni Ottanta che alcuni intellettuali, fra i quali Yan Jiaqi e Cao Siyuan, iniziarono a proporre riforme istituzionali tese a mutare l’ingegneria politica consolidata da decenni burocratizzati in un primo e lento e timido processo di democratizzazione. Ciononostante la Cina soffriva ancora di gravi carenze economiche e sociali, cosicché molti scelsero di emigrare, attirati di frequente da legami di parentela. Prato è l’esempio più calzante in Italia, dove numerose piccole imprese hanno costruito la loro fortuna. A fare da padrone l’irregolarità lavorativa: 18-19 ore di lavoro, assunzioni senza regole, condizioni retributive al limite della schiavitù, diritti sindacali inesistenti.
Perché i valori e gli stili culturali cinesi ci sembrano maledettamente lontani
da quelli cui siamo abituati in Europa?
Riteniamo i cinesi dotati di un senso della tragedia differente dal nostro, stesso dicasi per la loro limitata ironia. E siamo soliti considerarli cinici sugli affari economici, perché inseguono il profitto a ogni costo, sulla pelle dei loro stessi connazionali, ridotti a robot seriali dentro migliaia di fabbriche presenti sul nostro territorio, in particolare tessili (le stesse che producono i cosiddetti paralleli per le importanti griffe; le stesse che portano i falsi nelle spiagge o nei negozietti e che tanti, tantissimi italiani acquistano per fare sfoggio di vanità merceologica; le stesse che permettono a tante, tantissime aziende italiane di riciclare denaro sporco; le stesse che lasciano libertà alle fatturazioni false di tanti, tantissimi imprenditori italiani; le stesse che a metà prezzo o a un terzo o a meno producono componenti di prodotti che poi saranno Made in Italy perché assemblati, alla fine, da un’azienda di italiani). Perché non diciamo con chiarezza una buona volta che le faccende inaccettabili delle aziende e dei cittadini cinesi in Italia lasciano in verità il campo aperto a tante, tantissime comodità e convenienze di “sangue italiano”?
Non ci sono il più delle volte regole, spesso delinquono, perseguendo profitti in modo illecito su tutta la filiera aziendale o quasi: falsi certificati di residenza a cittadini cinesi, fiumi di contanti, lavoratori trattati come schiavi, residenze fittizie, estorsioni, concorrenze sleali fra aziende, ma a ben guardare c’è sempre qualche italiano che ci guadagna da tutto ciò.
In ambito editoriale c’è un problema da qualche tempo. Ci sono state nel 2013 due cartiere italiane che hanno chiuso per fallimento e altre ci sono vicine. Un bel problema perché fornivano carta alle tipografie che lavorano per case editrici nostrane di grandi gruppi editoriali. È in corso una parcellizzazione del mercato e indovinate chi sta profittando della situazione? Siete persone intuitive.
Non che non esistesse già il mercato della stampa cinese per libri italiani, se stampare in Italia costa di più che stamparli in Cina e farseli mandare dal lontano Oriente, è chiaro che con il tempo quella nazione trova nuovi business con l’Italia, il problema è che c’è stata quest’anno un’accelerazione di tale processo già in corso. La carta cinese proviene dalla Cina? Soltanto in piccola parte, il resto proviene dall’Indonesia grazie a due multinazionali, la App e la April, che non rispettano i minimi parametri verso l’ambiente, deforestando uno dei più importanti polmoni verdi del mondo. Avete capito bene, state leggendo un libro e con sempre più grande probabilità state contribuendo alla deforestazione dall’altra parte del mondo. La Cina, nel mercato della carta, è spietata, conta soltanto il denaro.
La carta cinese sta via via conquistando fette di mercato italiano, mettendo in crisi le cartiere e le tipografie del Bel paese. A prezzi bassissimi e vergognosi. Come? Carta di bassa qualità e carta che deforesta senza regole.
Tanti, tantissimi editori non hanno scelta per sopravvivere. Accettano la politica spietata delle aziende cinesi, che succhiano ogni altra alternativa vivendo sull’illegalità nei diritti e nell’economia di mercato ed esportando delinquenza.
Una signora che conosco per interposta persona ha deciso un paio di settimane fa di acquistare online un pacchetto benessere presso una beauty farm della sua città, attirata da prezzi convenienti. Un numero fisso di massaggi, uno a settimana, un toccasana per vincere lo stress lavorativo. Era felice dell’idea. Si è recata alla beauty farm e ha notato da subito che i titolari erano cinesi. Qualche perplessità e poi si è detta che doveva abbattere i pregiudizi, si sentiva empatica, oltre che felice del massaggio che avrebbe ricevuto da lì a poco. La massaggiatrice cinese, professionale e brava con le mani, una volta conclusi i 45 minuti del primo trattamento, ha guardato la signora che stava ancora riprendendosi dal piacere rilassante e dal senso di assopimento e le ha chiesto: «Lecco patata?»
La Cina è sfrontata, senza regole, spietata, cinica, cerca il fatturato in ogni dove e in ogni momento, il suo PIL cresce anche e soprattutto così. Siamo pronti per affrontarla? No, come la signora che si è rivestita di fretta ed è uscita inquieta da quel centro massaggi che sembrava pulito e a modo, si sbagliava, il drago cinese è sempre famelico.
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