“Lear” di Edward Bond, un muro di potere e violenza
Minimum fax ha di recente riproposto Lear di Edward Bond (la traduzione è di Tommaso Spinelli), rivisitazione della celebre tragedia di William Shakespeare. Nella nota dell'editore, si specifica che la casa editrice non è solita pubblicare testi di teatro. Tuttavia, la scarsa presenza di Bond nelle librerie italiane ha spinto a riproporre questo libro, con la collaborazione di lacasadargilla, la compagnia che, nel dicembre 2015, ha portato Lear a teatro. Infatti, a parte pochissime eccezioni (tra cui La compagnia degli uomini, pubblicato nel 2011 da Libri Scheiwiller), sono poco diffuse tra i lettori italiani le opere di Bond, che, ricordiamo, non è solo un drammaturgo e un saggista, ma anche uno sceneggiatore per il cinema (suoi sono i dialoghi inglesi di Blow-up di Michelangelo Antonioni, giusto per citare un titolo).
Due sono le parole chiave di questo lavoro, “potere” e “violenza” («scrivo di violenza con la stessa naturalezza con cui Jane Austen scriveva di buone maniere» ha affermato lo stesso Bond), a cui possiamo aggiungere una terza: “muro”. L'opera, infatti, si apre nei pressi di un muro che Lear ha fatto costruire come protezione dai propri nemici («quando sarò morto la mia gente vivrà dietro questo muro. Sarete anche governati da buffoni ma vivrete in pace»).
In parte, Lear richiama la trama della tragedia shakespeariana incentrata sul re Lear e le sue tre figlie: se, da un lato, Goneril e Regan riescono a conquistare i favori del padre tramite l'adulazione, dall'altro la terza figlia, Cordelia, rifiuta tale approccio, spingendo Lear a bandirla dal suo regno. La donna va poi in sposa al re di Francia. In seguito Lear abdica, ma la situazione precipita: Goneril e Regan sono in conflitto tra di loro e con il padre, il quale si riappacifica con Cordelia, seppur poco prima del tragico epilogo. Nella trama principale, si inserisce anche la storia del conte di Gloucester e dei suoi figli.
In Lear di Bond ritroviamo lo stesso autocrate paranoico che fa erigere, appunto, il famoso muro. Le sue figlie, Bodice e Fontanelle, si ribellano all'autorità paterna, scatenando una sanguinosa guerra. Ossessionato da un fantasma, Lear viene prima imprigionato e poi liberato. Una catena di intrighi e violenze si concluderà con la morte del personaggio, che verrà ucciso nel tentativo di abbattere il muro che egli stesso aveva fatto erigere («Non sono più in forma come una volta. Ma posso ancora lasciare il segno», sono le ultime parole di Lear, prima di essere ucciso da un colpo di pistola).
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Abbiamo detto che “violenza”, “potere” e “muro” sono le parole chiave di questo dramma. Quando venne scritto – nel 1971 – in Europa esisteva ancora un Muro, che divise la città di Berlino dal 1961 al 1989. Lear è oggi particolarmente attuale, perché, sia nel Vecchio Continente che in tutto il mondo, esistono ancora numerosi muri, che separano gli individui da ciò che più temono. Inoltre, Lear è soprattutto una riflessione sul rapporto tra l'uomo e il potere, e di come quest'ultimo si esplichi in forme private e pubbliche, sfociando in tirannie e soprusi mascherati da democrazia.
Nel caso di Lear, è presente quella che è stata definita una “compressione” a «uno stato di pericolo diffuso», che spinge il protagonista a costruire il muro. Risulta abbastanza automatico accostare il muro di Lear al Muro di Berlino, che, in seguito al suo crollo, è apparso a molti come una semplice parentesi storica, ormai terminata. Ma non è così e lo sappiamo bene. Negli anni sono nati nuovi muri, metaforici e non, negli ultimi mesi, per esempio, volti a bloccare i flussi di profughi dall'Europa dell'Est.
La paura del “diverso”, dello straniero, dell'estraneo, spinge alla costruzione di muri che isolano dagli altri e ci fanno restare da soli con noi stessi. Anche Lear la pensa così. Non è più sufficiente sconfiggere i nemici sul campo di battaglia: è necessario tenerli fuori dai propri confini e, nella sua visione distorta, è il muro l'unico strumento che rende finalmente liberi dal pericolo di un attacco. Una libertà che, com'è ovvio, dà vita a una nuova schiavitù e a un'esistenza all'interno dei limiti imposti dal muro.
Ecco, quindi, che la tragedia shakespeariana si trasforma in un lucido ritratto di una società che necessita di un cambiamento radicale. Dopo l'uccisione di Lear, una piccola folla si avvicina al cadavere: «Lasciatelo lì. Qualcuno lo raccoglierà» sono le parole di uno dei personaggi. Ciò che Bond invita a raccogliere è non il corpo ma l'esempio di Lear, un uomo vittima delle proprie paranoie e di una lunga scia di violenze, le stesse che hanno segnato la Storia dell'umanità. Questa è solo una delle tante ottime prove firmate dal talento di Edward Bond, che ha raccontato la storia di Lear in pagine indimenticabili, giunte fino a noi grazie all'iniziativa di minimum fax.
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