Le sfide dell’Italia in vista di Expo 2015
Con il contratto di partecipazione firmato lunedì scorso a Milano, l’Unione europea si iscrive alla lista dei partecipanti all’Expo 2015 di Milano. L’Ue diventa l’83° partecipante, impegnandosi a garantire, così ha detto l’attuale presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, il successo dell’intera manifestazione e un impatto duraturo sull’economia italiana. A confermare il concetto anche il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, convinto che «per l'Italia, Expo 2015 avrà lo stesso impatto delle Olimpiadi del 1960, che hanno mostrato il miracolo economico italiano» dopo che il Paese era stato distrutto dalla guerra.
Tante, però, sono le sfide da vincere, per mostrare veramente al mondo un Paese che sta ricominciando a crescere: dalla disoccupazione che ha raggiunto recentemente livelli record nel nostro Paese (12,5% della popolazione, ma al 34% tra i giovani), a un Prodotto interno lordo (valore, per quanto discutibile, della ricchezza del Paese) in flessione da qualche anno (-2,4 lo scorso anno). Per non parlare del debito pubblico (ormai oltre il 130% del Pil). Ma importante sarebbe anche la riaffermazione nel mondo del nome Italia, inteso come produzioni artigianali e agroalimentari dello Stivale. Secondo l’ultima rilevazione effettuata in occasione dell’8^ Country brand index, l’Italia è passata in un anno dal 10° al 15° posto tra i Paesi più “ricercati”, perdendo ben 5 posizioni nella classifica guidata, nell’ordine, da Svizzera, Canada e Giappone.
Prima su tutte, tuttavia, c’è una sfida culturale da vincere, o quantomeno da giocare. Cosa possa fare, per tutto questo, l’Expo, resta poco chiaro. Per ora sono certi i quasi 2mila miliardi di euro pubblici (1.746 quelli previsti dal Piano finanziario) necessari a finanziare le infrastrutture. Il tutto per quei sei mesi, dal 1° maggio 2015 al 31 ottobre dello stesso anno, durante i quali Milano, e l’Italia, avranno gli occhi puntati addosso. Il poi, come successo ad altre edizioni dell’Expo, è legato soprattutto alla fortuna che potranno avere alcune strutture. Così fu, ad esempio, per il Crystal Palace ereditato da Londra dopo la prima edizione, quella del 1851. O per la Torre Eiffel di Parigi, “omaggio” dell’Expo 1889. Ma già restando in casa nostra la stessa Fiera di Milano è parte di ciò che fu l’Expo del 1906, che trasformò l’area del parco Sempione così come l’esposizione mondiale del 1942 (poi annullata per cause belliche) cambiò in parte la città di Roma con la costruzione del quartiere Eur.
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Certo, in tempi di crisi e ristrettezze l’Italia non può ambire ad ottenere un simbolo come la Torre Eiffel, ma ci si augura che quantomeno l’Expo lasci in eredità qualcosa di più di qualche nuova cementificazione. Per ora sappiamo che simbolo del Padiglione italiano sarà il David di Michelangelo, una copia del quale sarà collocata nella piazza al centro della struttura. La manifestazione sarà orientata principalmente all’agroalimentare e all’alimentazione, ma chi organizza ha garantito anche ampio spazio alla cultura. Saranno valorizzate le tappe italiane della Via Francigena (dal 2004 considerato "Grande Itinerario Culturale" dal Consiglio d'Europa), ma probabilmente ci sarà molto altro nell’Expo, sia nel Padiglione Italia che nel Padiglione Zero.
Il primo sarà allestito da Davide Rampello, regista, curatore di mostre, direttore artistico di Canale 5 e dal 2003 Presidente della Triennale di Milano. A Paolo Verri, invece, la cura dei contenuti del Padigliore Zero, dopo l’esperienza accumulata tra i libri, prima come direttore editoriale e di collane per varie case editrici, poi, tra le altre cose, come direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino dal 1993 al 1997. Su questi due personaggi, in particolare, fanno affidamento le speranze della cultura italiana in vista dell’Expo 2015.
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