Le Reti ribelli e il Terrorismo Poetico: oltre Hakim Bey
Lo scrittore americano Hakim Bey vede nel progresso tecnico-scientifico un condizionamento sempre più serrato ai danni della libertà individuale. Nei suoi scritti cerca di risolvere il conflitto tra l'autorità del tiranno o sistema costituito e l'auto-realizzazione dell'individuo.
Hakim Bey è lo pseudonimo con cui il pensatore anarchico Peter Lamborn Wilson avvolse di mistero la sua persona e la sua produzione letteraria. Taluni lo identificavano come un nomade psichico a livello nazionale, politico e ideologico e altri videro nella sua opera solo una risposta al Cyberpunk.
Hakim Bey divenne famoso negli anni '80 e '90 per aver elaborato i concetti di anarchia ontologica, Zona Temporaneamente Autonoma e Terrorismo Poetico.
I suoi scritti sono d'attualità per noi? Ci aiutano a riflettere sulla nostra libertà individuale? Sì, ma più che altro in senso negativo. Ci offrono vari spunti di riflessione, ma ci mettono in guardia anche dalla superficialità e dal caos in cui molta cultura o arte si trova invischiatain generale all'interno dellaretetelematicae in particolare nei social networko neiblog. Per capire meglio confrontiamoci con l'opera di Hakim Bey.
La scrittura di Hakim Bey è spettacolare, riesce con pochi paragrafi a trasportare il lettore da un capo all'altro del mondo e a legare fatti che distano cinque o sei secoli senza approfondire il contesto storico. È una scrittura con effetti specialiche non permette al lettore di fermarsi più del dovuto su un concetto. Nomi, citazioni, date, eventi svuotati del loro significato storico e utilizzati come vuota forma da plasmare in costruzioni utopiche e pseudo-filosofiche.
La T.A.Z. (dall'acronimo di Temporary Autonomous Zone) che è il principio base di tutto il pensiero di Hakim Bey è edificata in questo modo.
Nel libro T.A.Z. Zone Temporaneamente Autonome, Hakim Bey parte dalle enclavi dei pirati, passa per la Comune di Parigidel 1871, per il nomadismo delle popolazioni native americane, per l'utopia dei falansteridi Charles Fourier, per l'esperienza di Fiume di Gabriele D'Annunzioe così via. Hakim Bey progetta uno spazio-tempo che sottrae l'individuo o una piccola comunità di individui al dominio economico e culturale del potere costituito.
Nel XVIII secolo – scrive Hakim Bey – i corsari e i pirati crearono una rete d'informazione che si estendeva per l'intero globo. La rete era rivolta principalmente agli affari più sinistri ed era molto efficiente. Numerose isole, sparse lungo questa rete, fungevano da nascondigli. Le navi che raggiungevano questi luoghi remoti potevano rifornirsi di acqua e di cibo ma anche di oggetti di lusso pagando con il bottino recuperato nelle varie scorrerie. In alcune di queste isole si formavano dei villaggi dove si costituivano mini-società che vivevano fuori dalla Legge finché era consentito. Hakim Bey chiama questi villaggi Utopie Pirate e sono in nuce una T.A.Z..
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Gabriele D'Annunzio – continua Hakim Bey – decise di assediare la città di Fiume in Jugoslavia per annetterla all'Italia, ma Mussolini non accettò e quindi D'Annunzio dichiarò l'indipendenza di Fiume. Così il poeta vate e uno dei suoi amici anarchici scrissero la costituzione che dichiarava che la musica dovesse essere il principio centrale dello Stato. La Marina, formata da disertori e anarchici si chiamò Uscochi, in memoria dei pirati che un tempo scorrazzavano in quelle acque.
I dannunziani Uscochi realizzarono alcuni colpi clamorosi saccheggiando ricchi mercantili italiani per dare un futuro economico alla Repubblica di Fiume. Artisti, avventurieri, anarchici, fuggitivi e rifugiati iniziarono ad arrivare in massa a Fiume. Era una continua festa– scrive Hakim Bey – ogni mattina D'Annunzio leggeva una poesia e alcuni proclami dal suo balcone, ogni sera un concerto seguito da fuochi d'artificio. Dopo diciotto mesi, quando il vino e i soldi finirono e la flotta italiana arrivò e lanciò qualche proiettile contro il palazzo municipale, nessuno ebbe l'energia per resistere. Fiume fu l'ultima delle utopie pirate e l'unico esempio moderno di T.A.Z.
Da questi due esempi è molto chiaro come Hakim Bey utilizzi dei fatti estrapolandoli dalle loro implicazioni storiche e anche etiche.
Dalla descrizione di queste due T.A.Z. si comincia a comprendere anche il concetto di anarchia ontologica. Infatti se la Storia è Tempo, allora l'insurrezioneè un momento che salta fuori dal Tempo e viola la Legge della Storia. Se lo Stato è storia, allora l'insurrezione è il momento proibito, un'imperdonabile negazione della dialettica. La T.A.Z. deve essere momentanea, esiste nel lasso di tempo dell'insurrezione, èimmediatista, non è né Storia e né Rivoluzione.
Se il villaggio dei pirati e la Fiume di D'Annunzio fossero divenute permanenti, sarebbero uscite dalla T.A.Z. per entrare nella Storia. Lo spazio-tempo in cui vive la T.A.Z. è l'anarchia ontologica e l'immediatismo.
L'arte per Hakim Bey è comunicazione mirata e sabotaggio nei confronti del potere costituito. Una forma letteraria e visiva, intesa anche come espressione di cultura attiva, è il Terrorismo Poetico che accompagna il momento dell'insurrezione o quello precedente.
Il Terrorista Poetico vandalizza quello che deve essere vandalizzato, deve spaventare, scioccare per ottenere un cambiamento. Se il Terrorista Poetico non cambia la vita di qualcuno oltre a quella sua ha fallito.
L'arte dei graffiti ha dato grazia alle metropolitane e ad austeri monumenti pubblici. L'arte del Terrorismo Poetico sono le poesie scarabocchiate nei cessi dei tribunali, i piccoli feticci abbandonati nei parchi e nei ristoranti, gli xerox-art sotto i tergicristalli di auto parcheggiate, gli slogan a grandi lettere appiccicati sui muri di parchi giochi, le lettere anonime spedite a caso o a destinatari prescelti, le trasmissioni radio pirata, le scritte sul cemento fresco.
La reazione del pubblico deve essere un'emozione forte come il terrore.
Nei lavori di Hakim Bey era già presente la possibilità di creare T.A.Z. sparse nella rete telematica, piccole comunità virtuali, villaggi pirata dove ogni libertà è concessa in un tempo non permanente e il cui linguaggio artistico è il Terrorismo Poetico.
Quello che si può imputare a Hakim Bey sono gli eccessi semantici, la mancanza di sensibilità artistica e la leggerezza nell'analisi dei fatti storici e socio politici. Questi stessi difetti li ritroviamo sempre più spesso nella comunicazione in rete, nelle nostre T.A.Z.
Tutto questo è il contrario di un'informazione democratica ed egualitaria. Il fruitore che si abitua a non approfondire e a non verificare l'informazione diventa manipolabile, influenzabile e quindi lontano da una libera auto-realizzazione.
Così, grazie ai suoi limiti, l'anarchico Hakim Bey ci dà l'occasione di verificare le piccole o grandi TAZ sparse nella rete, su Internet, nei social network e di vedere quante di esse che reputiamo fonte di informazioni sono invece fondate su una mancanza di scientificità, di gusto e di solidarietà.
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