Le Poste italiane stanno mettendo in crisi una parte dell’editoria?
Abbiamo deciso di intervistare Marco Civra di Marcovalerio Edizioni per porre l’attenzione su un tema di cui si sta parlando ancora troppo poco. Sono numerosi gli editori che si affidano per la distribuzione di libri a Poste Italiane, società italiana quotata in Borsa e controllata nella maggioranza dallo Stato italiano. Ma da qualche tempo c’è purtroppo una novità.
Civra, ci può spiegare in breve cosa sta accadendo, anche in riferimento alla sua esperienza diretta?
A partire dal primo lockdown per l'emergenza sanitaria di marzo 2020, il servizio postale italiano ha subito un vero tracollo. Quello che rappresenta uno dei pilastri dell'esistenza stessa di una Nazione, insieme alla moneta e alla difesa dei confini, è semplicemente venuto meno. La decisione di chiudere gli uffici postali a macchia di leopardo, di ridurre i servizi di consegna, ha rappresentato una vera sconfitta del senso dello Stato. Basti ricordare che neppure durante la Prima guerra mondiale avvenne una simile interruzione: i soldati in trincea ricevevano regolarmente le lettere da casa. Da quel momento è stato un crollo continuo. I servizi online sono inattivi e non funzionanti da mesi. I pacchi semplicemente non vengono consegnati, e le rare volte in cui arrivano a destinazione sono totalmente danneggiati.
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Ci pare di capire che il processo di privatizzazione delle Poste Italiane sia ormai a un punto che non lascia spazio a tutele di diritti di cui si poteva godere fino a qualche anno fa. È così?
In un celebre film prodotto da Kevin Costner alcuni anni or sono, The Patriot, un avventuriero reinventa il servizio postale negli Stati Uniti dopo il crollo dell'intero sistema. E grazie a quel postino improvvisato, la Nazione rinasce dalle sue ceneri. Un patriota, appunto. Oggi, in Italia, assistiamo al procedimento inverso: la distruzione di uno dei cardini del tessuto civile, in favore di una logica tutta improntata ai servizi finanziari. Una logica suicida peraltro, perché se le merci non viaggiano, semplicemente non ci sarà più bisogno di servizi finanziari. Non è neppure questione di tutele di diritti. È pura idiozia imprenditoriale.
Tuttavia, verrebbe da pensare che lo tsunami della digitalizzazione rappresenta un vicolo dentro cui ci siamo tutti e che non accenna a diminuire la sua presenza. Non è che il mondo, per quanto si possa alimentare una sana opposizione, sia perlopiù dominato da certi fenomeni inarrestabili? Oppure la cittadinanza potrebbe ancora secondo lei determinare uno scenario diverso?
La digitalizzazione a tutti i costi sta diventando un Moloch. È passata nelle menti dei cittadini, ma anche in quelle dei governanti e degli amministratori delegati, l'idea che si possa vivere di sola digitalizzazione. Anche gli editori ci sono cascati, quando si innamorarono degli ebook, pensando di fare soldi vendendo aria fritta, correndo dietro a un mercato in crescita folle, sì, che raddoppiava ogni anno, dallo zero niente allo zero poco. È l'idea che tutti possano vivere semplicemente incassando una commissione sugli scambi di merci altrui. Peccato che alla fine nessuno produca più quelle merci.
Viene spontaneo pensare ad Amazon, la cui ossessione per il cliente è parte della filosofia di Bezos da sempre. Non è che il tutto e subito ha condizionato i consumi anche culturali su un piano prima poco diffuso in Italia?
Spesso ripeto ai distributori un concetto banale. I libri non sono pomodori, non vanno a male. La rincorsa alla novità, alla nuova edizione, alla nuova ristampa, hanno invaso gli scaffali di tonnellate di invenduti. Un libro è nuovo per il lettore se non lo ha ancora letto. Anche un classico dell'Ottocento. E infatti, i lettori ignorano buona parte della produzione contemporanea e si rifugiano nei titoli consolidati, come dimostrano i dati di vendita. Quanto ad Amazon, molto dipende dai consumatori e dai lettori. Quanta poca fatica occorre per trovare le stesse merci vendute da Amazon nei negozi, a prezzo di fatto inferiore, e quanta poca fatica occorre per ordinare un libro dal sito dell'editore. Sapete quale è il sito più affidabile per reperire un titolo introvabile e persino farselo cercare? Libroco.it, una piattaforma tutta italiana, alla quale si appoggia Amazon stessa e che riesce a vendere persino i nostri libri oltre oceano.
Il rapporto con il tempo. Un lettore entra in una libreria e non trova un libro disponibile. Va a casa e lo ordina online con chi glielo può portare velocemente. Al netto delle logiche aziendali, non è che il rapporto con il tempo è cambiato nei cittadini? In altre parole, avere un libro subito è una ricchezza o stiamo perdendo di vista qualcosa?
Anni fa, ad un convegno tutto dedicato all'editoria elettronica, dissi provocatoriamente che la mia intenzione per il 2030 era quella di riprendere a produrre manoscritti miniati, in copia unica, da vendere a prezzi comparabili a quelli di un appartamento. Questa fretta di avere un libro, per magari sfogliarlo in fretta e infine gettarlo altrettanto rapidamente, è figlio di un'etica del consumo superficiale. Chi acquista libri sui nostri siti, non paga mai le spese di spedizione, ma riceve la comunicazione che il libro arriverà con relativa calma. Una settimana. È diventata una questione di principio. Produciamo libri da leggere lentamente.
Voi curate una collana per ipovedenti, le va di raccontarci che tipo di mercato c’è in Italia su questo fronte e quali problematiche le Poste Italiane stanno creando agli ipovedenti?
Ormai siamo l'unica casa editrice in Italia, e una delle due in Europa, a garantire un vero catalogo di libri a grandi caratteri per lettori ipovedenti. Libri costosi da produrre, e che vengono spediti ai lettori finali una copia per volta. Il fatto che il «piego di libri», la tariffa concordata con lo Stato (e rimborsata dallo Stato, è bene ricordare) non funzioni più, perché stiamo assistendo a un vero e proprio boicottaggio con l'abbandono sistematico dei pieghi e la mancata consegna, è un sistema per penalizzare gli ipovedenti, che ricordiamo spesso hanno anche difficoltà ad usare le piattaforme on line. Si parla di accessibilità, ma nei fatti Poste Italiane opera contro ogni criterio di tutela delle fasce svantaggiate.
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Quali proposte avanza per sbloccare la situazione e, allargando lo sguardo, per un rapporto editoria/distribuzione più sano?
Allo stato attuale, temo che soltanto la nazionalizzazione di Poste Italiane potrebbe ricondurre l'azienda nel rispetto dei contratti, degli obblighi verso lo Stato e di quel minimo di legalità che impone a ogni azienda di elargire il servizio per il quale stipula dei contratti e incassa delle somme. Forse, se si levano voci come la vostra, per denunciare lo stato delle cose, Poste Italiane si degnerà di rispondere a migliaia di reclami ignorati e migliaia di telefonate ai call center, che ormai abbattono la comunicazione senza neppure rispondere. Più in generale, per la distribuzione libraria, occorre fare chiarezza nei rapporti reciproci. Pochi giorni fa un distributore nazionale di primo piano ha comunicato in tono secco agli editori che addebiterà una tariffa per la logistica delle presentazioni in libreria, visto che i libri vanno a spasso ma non vengono venduti. Da parte degli editori occorre finire di chiedere presenza in libreria di titoli di nicchia o peggio pagati dagli autori. Occorre ripulire il mercato tutti insieme: editori seri e distributori seri.
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