Le “Pessime idee” di due intraprendenti editori
Sara Del Sordo e Loris Dall’Acqua, dopo molti anni di lavoro comune nel mondo editoriale, hanno deciso di fondare Pessime idee, una loro casa editrice, che si presenta al pubblico con un catalogo di interessanti autori italiani e stranieri, tra cui Lorenzo Mazzoni, che torna a raccontare il suo ispettore Malatesta.
Questo progetto, portato a compimento nel periodo della pandemia, proprio mentre l’editoria, come tanti altri settori, mostrava tutte le difficoltà di affrontare una situazione anomala e imprevista, ha prevedibilmente suscitato reazioni scettiche o negative, tanto che i due soci, dopo essersi sentiti ripetere spesso che la loro sembrava “una pessima idea”, hanno ironicamente scelto questo nome per la neonata realtà editoriale, che ci presentano in una breve intervista.
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Ci potete raccontare in breve il percorso che vi ha portato a dare vita a questo progetto insieme?
Io e Loris veniamo da due mondi completamente diversi, che si sono poi incontrati nella casa editrice in cui lavoravamo prima di dare vita a Pessime idee. All’epoca io ero l’editor e lui il responsabile di tutta la parte di marketing e promozione.
Abbiamo conosciuto l’universo editoriale, ci abbiamo lavorato per tanti anni e ci siamo appassionati a tutto ciò che comporta la creazione di un libro, dalla genesi, alla lavorazione, all’uscita sul mercato.
Questa passione è diventata il primo motore che ci ha permesso di capire che volevamo camminare sulle nostre gambe e abbiamo quindi deciso di creare il nostro progetto editoriale, in maniera completamente autonoma. Inoltre volevamo discostarci da un tipo di editoria - quella per cui lavoravamo appunto - nella quale non ci riconoscevamo e nella quale non credevamo.
Come spesso accade dunque, la passione e l’insoddisfazione hanno generato la nostra migliore Pessima idea.
Il nome che avete scelto è, come avete scritto nella vostra presentazione, autoironico e scaramantico. È ancora possibile per una nuova casa editrice conquistarsi una posizione in un mercato che molti considerano già saturo?
È quello che intendiamo fare. Il nome della nostra casa editrice vuole essere un modo per esorcizzare, ironicamente, proprio questo concetto. L’immaginario collettivo infatti ci impone di pensare che aprire una casa editrice, in un momento storico come quello attuale, sia una pessima idea. La reazione che va per la maggiore infatti, quando raccontiamo di questa nuova avventura è “Che coraggio che avete!”.
Il nostro obiettivo è fare una buona editoria, con una scelta di catalogo pensata e ragionata, che porti con sé una qualità riconoscibile di cui i lettori possano godere.
In base a quali criteri di base sceglierete i libri da pubblicare?
L’unico imprescindibile criterio da cui muoviamo le nostre scelte è quello per cui il potenziale libro da pubblicare abbia un’idea alla base. Questo vuol dire che vogliamo appassionarci alla storia, che non deve necessariamente rientrare in uno stile definito, ma che sia di indubbio valore.
Il nostro nome richiama anche una concezione di catalogo che intendiamo portare avanti, quella legata a storie che inizialmente sembrano nascere da pessime idee, ma che poi evolvono e diventano storie di rinascita, di riscatto.
Ci occupiamo esclusivamente di narrativa, italiana e straniera, con autori emergenti e autori già affermati. Anche in questo la nostra scelta è stata dettata dalla voglia di apertura: non ci poniamo infatti limiti geografici, ad esempio, ma la narrativa a cui vogliamo dar vita può provenire da tutte le parti del mondo, senza alcun tipo di restrizione di confini.
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Pubblicherete anche ebook o magari collane di testi esclusivamente in digitale?
Tutti i nostri libri in catalogo sono pubblicati sia in versione cartacea che in ebook. Per il momento non abbiamo intenzione di creare collane esclusivamente digitali; crediamo fortemente nelle pagine stampate e non vogliamo rinunciarci!
Il mondo editoriale è uno dei settori che forse ha sofferto di più le restrizioni imposte dalla pandemia, soprattutto per quanto riguarda le attività promozionali legate alle uscite dei libri. Sarà necessario ripensare almeno in parte queste attività nel prossimo futuro, nel senso di trovare altri modi per avvicinare i potenziali lettori ai libri?
C’è sempre bisogno di ripensare ad attività promozionali e di pensare a nuovi metodi.
I lettori non mancano, ma è compito di tutta la filiera produttiva - dalla casa editrice, alla promozione, alla distribuzione, al libraio - avvicinarli ai libri.
Durante la quarantena, ad esempio, abbiamo assistito a una grandissima attività di molti librai indipendenti, portata avanti con grande impegno, di consegne a domicilio di libri. Ecco, questo secondo noi è un esempio della potenza di questo mondo, che non si ferma neanche quando tutto è oggettivamente fermo.
Ma non è sufficiente, c’è un bisogno sempre maggiore di sostegno a queste realtà, perlopiù medio-piccole, che spesso si trovano incatenate in dinamiche dettate dai “più grandi” che non lasciano margine di azione.
La nostra idea rimane quella di fare un’editoria libera, indipendente e aperta a tutti.
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