Le “Nuvole corsare” di Pasolini
Nell’anno appena accantonato, fra gli anniversari letterari si è ricordata la morte dello scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, avvenuta al Lido di Ostia nella notte fra il 1º e il 2 novembre del 1975. Un evento tragico e violento che si tinge ogni volta di giallo. Tanto che a quasi mezzo secolo di distanza si profilano ancora novità o colpi di scena sull’omicidio che ha visto un unico responsabile: l’allora diciassettenne Pino Pelosi, deceduto di recente, nel 2017.
Sono stati numerosi dunque gli omaggi e le iniziative – di cui molte necessariamente on-line – per celebrare una figura amata ma anche scomoda della cultura italiana. In questo filone si inserisce un’antologia dal titolo inequivocabile: Nuvole corsare(Caffèorchidea, 2020) pubblicato proprio nel mese della ricorrenza, a cura di Francesco Borrasso e Giuseppe Girimonti Greco.
Si tratta di quindici racconti di altrettante penne del nostro attuale panorama narrativo le quali, ognuna col proprio stile e con generi differenti, declinano l’uomo e l’artista, nato a Bologna nel 1922, alla nostra contemporaneità, rendendolo universale.
Un volume che ha inoltre una finalità sociale ben definita, risultato di un progetto ideato e portato avanti dall’Associazione no-profit PoieinLab, come spiega in prefazione il suo presidente Paolo Beneforti.
Del resto “i libri sono ponti ostinati: uniscono, creano legami” troviamo non a caso citato in esergo.
Ed è la società quella meglio riflessa nel libro, in quanto espressione del pensiero di Pasolini. La società perbenista da lui avversata (ricambiata) si scontra sia in senso fisico che metaforico con la realtà suburbana o sottoproletaria, in particolare romana, invece amata e compresa.
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A Diego Bertelli con La farsa spetta l’ouverture nella quale esplora, in un climax di tensione legata al sesso, i meccanismi mentali e i condizionamenti imposti da un contesto borghese, i quali condurranno una coppia eterosessuale ad allontanarsi:
«Capiva solo allora che il problema stava nella consapevolezza di avere raggiunto un limite, quello del piacere personale, scandaloso, che si contrapponeva a un’idea morale di piacere che aveva sempre coltivato, quello da condividere con la sua ragazza. Superato quel limite, Luca non era riuscito più a tornare indietro».
Dei labili confini tra amore, sesso e ossessioni parla Angelo Di Liberto che pone al centro del suo racconto la relazione segreta fra un insegnante e un alunno minorenne. Qui è presente il dialetto palermitano come linguaggio caratterizzante un determinato tessuto socio-economico.
L’unico, insieme a Gilda Policastro, a esprimere il nostro nuovo presente tra virus e quarantene.
Nell’Allievo di Ilaria Gaspari una sua alter ego, ovvero una docente di scrittura creativa – in una scuola serale per adulti – dovrà misurarsi con un alunno che prova a metterla in difficoltà scrivendo un testo su Pasolini. Resta da vedere se ci riesce e lo si scopre solo nel gustosissimo finale.
Finché siamo vivi di Giorgio Biferali, un titolo che suona come un’ironia del destino per un racconto il cui incipit è il seguente:
«Pier Paolo Pasolini è l’anagramma di Parlò Pino Pelosi. L’aveva detto un prof all’università che teneva un corso di antropologia su Pasolini, il primo giorno, mentre ci faceva alzare in piedi a uno a uno per presentarci. Qualcuno si era messo a ridere, mica rumorosamente, no, aveva il tipico sorriso di chi pensa Però, non ci avevo mai pensato prima».
Protagonista uno studente che lo approfondisce attraverso la tesi di laurea e in quel frangente lo sente vicino a sé. Lo scopre cioè soltanto tra tomi e bibliografia ma, nonostante questo, ritiene che per capirsi non sia necessario essersi conosciuti.
Ciò che emerge durante la lettura di Nuvole Corsare è la presenza di Pasolini come fosse vivo in carne e ossa e in grado di influenzare gli echi narrativi di coloro i quali vivono di scrittura. Basti pensare a quanto elaborato da Elena Giorgiana Mirabelli con Il sarto.
Si tratta di una riflessione in forma distopica in merito al dominio sui corpi e sulla dittatura del potere con echi a Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, e la cui conclusione è lasciata a una frase tratta da un celebre articolo di Pasolini uscito sul «Corriere della Sera» il 9 novembre 1975, Abiura dalla “Trilogia della vita”:
«Dunque, io mi sto adattando alla degradazione e sto accettando l’inaccettabile. Manovro per risistemare la mia vita. Sto dimenticando com’erano prima le cose. Le amate facce di ieri cominciano a ingiallire».
Tra cronaca e soggetto teatrale si alterna la storia ambientata nelle stesse dense nebbie di quella terribile notte, da Jacopo Narros con Atti relativi alla morte di PPP.
Rimandi a quella sera ma dai toni lirici li troviamo in Meccanica del freddo di Piero Sorrentino:
«Il vento che soffiava tra gli alberi faceva come un rumore di cartone strappato. Le nuvole si sono mosse e spezzate sopra le vette, dalle fessure è sceso un chiarore di luna. Ho guidato per un paio di chilometri attraverso le strade scure e tutte uguali, guardando la strada fin dove i fari arrivavano con il loro fascio di luce».
Il tema della violenza si fa esplicita in Estate di Serena Penni in cui alle vicende di una famiglia di modeste origini vengono affiancate quelle rientranti in una dimensione domestica di estrazione opposta, con un triste affresco delle conseguenze derivanti dalle ingiustizie e disuguaglianze sociali; o La catana, arma micidiale con alto valore simbolico, «Una buona metafora per raccontare lo spirito dell’imprenditore avventuroso, artefice della propria fortuna, pronto alla corsa quotidiana per accaparrarsi un pezzettino di mercato in più, uno spazio appena più grande strappato nella lotta per un benessere ulteriore», di Fabio Rocchi.
Scenografie alla Quentin Tarantino sono rinvenibili in Sambuca di Simone Innocenti dove un gruppo di giovani appartenenti al sottoproletariato, agnelli sacrificali della società dello scarto, progetta un colpo in banca travestiti da Babbo Natale.
Gli ambienti di chi vive ai margini li rinveniamo, come ovvio, distribuiti in modo omogeneo: Apologia di Giorgia Tribuiani, in Soldati sulla luna di Ezio Sinigagliaoppure in La struttura interna di Ivano Porpora.
Chiude la raccolta Alessandro Zaccuri che parla di un fatto realmente avvenuto, il cosiddetto “Piano solo”, ordito dal generale dei carabinieri de Lorenzo nel 1964, dove si sarebbero dovuti deportare in una località in Sardegna, dei dissidenti, tra cui sarebbe figurato anche il regista.
Infine, una postfazione affidata a Paolo Lago, studioso di Pasolini, a cui ha dedicato numerosi saggi, fa una sintesi critica, stimolante e ricca di spunti di riflessione, dell’intera silloge andando così a completare la retrospettiva del grande intellettuale.
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Dicevamo all’inizio, del titolo inequivocabile, in quanto è onnicomprensivo del lavoro pasoliniano in cui rientrano narrativa, poesia, saggistica e drammaturgia. È presente infatti in esso un chiaro riferimento al cortometraggio Cosa sono le nuvole?, geniale rivisitazione dell’Otello di Shakespeare e agli Scritti corsari, una delle sue fatiche più note, benché lucide e spietate, sulla società italiana.
Tuttavia, non si tratta solo di ricercarne il mondo tra tematiche a lui più care o ripercorrendo ambientazioni e personaggi più salienti, ma si mostra tra le belle pagine di Nuvole corsare un punto fermo: che egli debba essere letto nella sua interezza per essere compreso e in tal modo poter gettare un nuovo sguardo sul nostro mondo.
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