Le nuove terme di Diocleziano e la vecchia città di Roma
Anno 306 d.C. Roma. Le mura del complesso delle terme di Diocleziano si innalzano davanti ai vostri occhi impreparati a tale grandiosità. Vasche di granito che si susseguono, colonne alte più di venti metri di marmo rosso e di porfido verde, quadrighe scintillanti, tutto ridotto a niente davanti all’acqua.
Una vasca di oltre 3.500 metri quadrati (Natatio), come tre piscine olimpioniche messe una vicina all’altra, dove più di tremila persone possono immergersi contemporaneamente senza darsi alcun fastidio.
Siete pronti a raggiungerli? Godervi un’intera giornata alle terme (aperte a tutti, anche agli schiavi), soddisfatti di appartenere a un popolo che le acque non solo le ha rispettate e curate, ma anche controllate e domate, riuscendo a conservarne migliaia di metri cubi (ne servivano 4 mila al giorno per far funzionare il complesso) in immense aule cisterna che non perdevano neanche una goccia. No, non sbattete le ciglia. Ecco, ve lo avevo detto, lo avete fatto e ora vi ritrovate nella stessa città duemila anni dopo. Meglio direte, figuriamoci quali altri grandiosi progressi ha potuto compiere quello stesso popolo in tanti anni di storia.
Errore. Di quella grandiosità resta ben poco e parlare di acqua a Roma (e nell’Italia intera) equivale a parlare di piogge, inondazioni e dissesti idrogeologici, di acqua fuggita dal perfetto sistema di controllo dei romani e ritrovatasi a girovagare fra cunicoli di cemento (spesso fatto solo di sabbia), costruiti da tecnici che fanno della pendenza e del rispetto del territorio pura semantica.
Barbari! Non può essere che dei barbari la responsabilità, penserete guardando alle imponenti mura, ormai rovine, alle orride scatolette metalliche che vi sfrecciano attorno appestando l’aria e ai romani odierni che non sembrano godere da tempo di un buon bagno termale, alla “maniera romana”, almeno dai loro sguardi rabbiosi e dalle loro schiene piegate dentro le suddette scatolette.
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Esatto, ma barbari che abbiamo scelto noi di far entrare nelle mura, barbari che abbiamo lusingato e votato, barbari che ci hanno convinto che quelle mura erano solo sporche e maleodoranti e che andavano ignorate per correre a casa a lamentarsi dell’acqua che è fuori controllo e non si sa il perché. Sbattete di nuovo le ciglia. Ancora. Vedete, qualcosa all’interno delle rovine è cambiato. Entrateci allora, forza, c’è tempo per fuggire, per incolpare gli altri delle nostre scelte.
Qualcuno per una volta non si è fermato solo a protestare e ha fatto. Le terme sono state restaurate e un pezzetto della Natatio riaperta. Qualcosa di quell’antico orgoglio ancora rimane. Respiriamolo allora e cerchiamo di capire sì, cosa, quando e chi è stato, ma soprattutto che per cambiare, qualcosa andrà pur fatto.
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