Le maschere che celano la nostra identità. Intervista a Patrick Fogli
Ci sono certi libri che, a guardarli bene, possiedono alcuni lineamenti che ricordano la genialità dell’intreccio. Il signore delle maschere di Patrick Fogli (Mondadori) ne è un esempio. Simbolismo, la realtà che si rispecchia nella narrativa e viceversa, la cultura secolare che si riversa nell’idea originale alla base del romanzo.
Un thriller, una storia mozzafiato, ma altamente filosofica, con rimandi al mondo classico, un riferimento che diventa come il filo dorato di un mosaico. Dà luce, mentre il ritmo trascina il lettore in mezzo alla vicenda.
Tutto inizia con un omicidio. Il papa sta per essere assassinato. L’omicidio è elegante, senza effetti speciali, è così elegante, calcolato e freddo che trovare l’assassino è un’impresa quasi impossibile.
C’è un terrorista, una mente acuta, colta, poliedrica. Si fa chiamare Caronte, ma non da tutti, anzi ogni volta si fa chiamare in un altro modo, diventa un altro. E, nelle sue molte trasformazioni, si sfuma la linea di confine tra buoni e cattivi, Caronte ha il fascino del predatore, ma anche dell’incompreso.
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C’è, poi, Arianna che gioca con il filo del reale intrecciando vite e storie. Con lei, c’è pure Laura e gli alti e bassi di una vita a tratti normale, a tratti insolita.
E c’è qualcuno che spia, che vede, che sa più di quello che dovrebbe sapere e questo complica ulteriormente gli equilibri precari dei personaggi.
In occasione dell’uscita de Il signore delle maschere, Patrick Fogli ha raccontato alcuni dettagli che si celano dietro la stesura del suo romanzo. Patrick parla in modo rapido e con passione, rendendo la conversazione un incontro che arricchisce, proprio come la lettura del suo libro.
Ci sono diversi simboli all’interno del romanzo. Mi viene in mente Jade, per fare un esempio, e la notorietà che la soffoca spingendola a cercare Arianna per farsi soccorrere. Chi è Arianna?
Vero, ci sono molti simboli nel romanzo. E Arianna è l’Arianna della tradizione greca, è colei che aiuta gli uomini a uscire dal labirinto che, in questo caso, è la vita di coloro che si rivolgono a lei. E Arianna mostra la strada che ti permette di essere te stesso. In fondo, che cosa caratterizza l’essere umano se non quello che uno fa e quello che uno è.
Anche Caronte, per citare uno dei suoi alias, ricorda un certo personaggio della tradizione greca, l’omonimo traghettatore delle anime che trasportava i morti da una riva all’altra dell’Acheronte, ma solo quelli che avevano ricevuto l’obolo con cui pagare il viaggio. Infatti, come l’antico, anche il Caronte de Il signore delle maschere è legato alle monete e traghetta, in questo caso e a modo suo, un’idea… Chi è Caronte, alias l'Uomo delle monete, ovvero l’uomo dai mille volti?
Se lo si chiedesse a lui, risponderebbe di essere un terrorista etico. Infatti, i suoi attentati hanno un fine etico. Nel suo delirio è convinto che per fare il bene degli ultimi bisogna spazzare via i primi.
Da fuori, Caronte è una persona danneggiata, letteralmente. Per compensare il danno subito, ha bisogno di diventare Caronte, essere quello che è. Il suo piano è vendicare se stesso, attraverso il mondo e se stesso. Detto altrimenti, la violenza genera altra violenza.
Un’altra figura è quella di Laura. Lei è una docente universitaria solitaria e riservata, ma anche una narratrice…
Sì, Laura è una narratrice. Se non scrive romanzi è solo per la paura di non essere in grado di farlo. Ma, poi, in un certo senso, lo fa. Laura, però, è anche lei una vita spezzata e, sebbene non abbia subìto un danno come Caronte, non ha il coraggio di essere se stessa fino in fondo. Ma quel suo essere dal quale fugge è lì, e si manifesta.
Nelle storie inventate da Laura c’è una contaminazione, un fluire, che dalla finzione porta alla realtà e dalla realtà scivola nella finzione…
Le vite che Laura inventa diventano vere nel momento in cui vengono incarnate da chi ne ha bisogno. Traggono la loro linfa dalla finzione, dalla cinematografia, dalla musica. La vita senza libri è religione.
Il romanzo è stratificato, un’impalcatura degna dei migliori architetti della narrativa, in che modo ha lavorato a Il signore delle maschere?
Il punto di partenza è stato la questione dell’identità. Ovvero: che cosa caratterizza l’essere umano in quanto tale? Sono giunto così a due non identità. Caronte, che è sempre un altro, e Laura, che ha molte vite diverse ma nessuna soddisfacente.
Sono giunto poi a riflettere attorno alla questione del potere che hanno le storie di influenzare le persone, cioè la misura in cui la cultura crei l’essere umano.
L’idea invece è arrivata da lontano nel tempo. Per primo è arrivato Caronte e il suo essere un uomo senza un’identità. Quindi mi sono chiesto: chi è un uomo senza identità? Ha preso vita, così, un personaggio privo di senso morale ma al contempo ricco di sensibilità.
In seguito, ho riflettuto su un pensiero che accomuna molti di noi: quante volte non abbiamo voluto essere altro e altrove?
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Ha rituali particolari per scrivere? Gesti scaramantici da eseguire o guanti di lana da scrittore che lasciano le dita libere per i giorni uggiosi?
Nessun rituale, nessun gesto scaramantico e nessun oggetto tipico dello scrittore ottocentesco abbarbicato su un monte. Scrivo in pausa pranzo e la sera tardi. Devo essere in un luogo famigliare, questo sì, davanti al mio computer e in silenzio. Un tempo scrivevo con la musica, ora mi distrae.
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Per la prima foto, copyright: Tom Roberts su Unsplash.
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