Le “Donne difficili” raccontate da Roxane Gay
Donne difficili è una raccolta di racconti pubblicata in Italia da Einaudi (traduzione di A. Montrucchio) che porta la firma di Roxane Gay, che aveva già sorpreso il pubblico con Fame.
Con Donne difficili Roxane Gay sceglie di raccontare storie che all’apparenza mostrano di non avere nulla in comune ma che in realtà racchiudono l’essenza di essere donna. Si tratta di storie di accettazione, di vuoti che spesso non vogliono essere riempiti nonostante tutto il mondo tenti di occupare quegli spazi mancanti.
Sono racconti che hanno sempre delle donne protagoniste, sebbene non necessariamente queste siano le narratrici di ciò che leggiamo. Sono donne adulte con matrimoni felici, donne giovani che vogliono sposarsi, sono donne sole contente di essere sole, donne che hanno a fianco qualcuno che non amano e che rinunciano a ciò che amano per tutelare se stesse o perché la società sceglie per loro. Alcune hanno subito un trauma nel corso della propria infanzia, altre da adulte; per alcune il legame con la famiglia e il proprio sangue è indispensabile per andare avanti, per altre il cordone ombelicale è stato reciso prestissimo. Sono tutte diverse eppure tutte condividono lo stesso sguardo che gli altri rivolgono loro.
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Tutte queste storie hanno il potere di mettere nero su bianco una situazione ancora attuale. Molte delle protagoniste vivono situazioni di pericolo, la propria incolumità è messa a repentaglio mentre lavorano, mentre tornano a casa, mentre fanno la spesa, mentre sono solo delle bambine. Uno dei temi portanti della raccolta è la mercificazione del corpo femminile da parte degli uomini, che ne fanno ciò che vogliono incuranti di avere davanti un essere umano.
Una costante, che rinveniamo davanti a scenari come questo, è che chi subisce violenza, indipendentemente dall’età, non si erge mai a vittima in contrapposizione a un carnefice ma prosegue nella propria vita che continua a essere vissuta così come viene. S’innesta, in tutte le protagoniste, un comportamento che non è né remissivo né aggressivo: è come se ciascuna di queste donne contenesse in sé tutta la complessità della sua natura, è come se accogliesse nelle sue grandi braccia l’essenza di una condizione.
«– Non fare mai più una cosa del genere, dice. – Non fare la troia, cazzo –. Dopodiché mi ribalta sullo stomaco, la sua mano indelicata che mi immobilizza il cranio, mi inchioda al letto, mi tratta come la troia che non vuole che io sia. Penso all’uccello di Caleb, viscido del seme di Jacob. Penso a quanto odio e dunque amo il marito con cui sono adesso perché mi fa pena lui e forse mi faccio pena io. Vengo smodatamente. Caleb si addormenta addosso a me. Il suo corpo è pesante e bagnato, il suo odore sconosciuto.»
Le donne difficili di questo libro instaurano rapporti complessi con gli altri: l’autrice sviscera in modo magistrale il rapporto con il proprio corpo, con la maternità, il rapporto con il lavoro e le ambizioni professionali, il rapporto con il sesso, il rapporto con gli uomini e con le altre donne. Facce diverse di una stessa medaglia.
Vengono raccontate attraverso una voce sempre decisa: la narrazione di Roxane Gay centra l’obiettivo e non subisce in alcun modo la scelta narrativa di ricorrere al racconto. Sebbene i racconti non diano spesso la possibilità di approfondire alcune vicende che il lettore invece vorrebbe continuare a leggere e conoscere, il potere delle sue parole è efficace proprio per la sua essenzialità. Anche davanti a situazioni tragiche e drammatiche, l’autrice non cade mai nel troppo detto e nell’esagerazione e questa non può che essere una medaglia al suo petto.
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La potenza di alcuni racconti di sicuro supera quella di altri, ma è normale che all’interno di un libro che presenta moltissime storie alcune sia più d’impatto di altre. E ciò che più sorprende è che i racconti più forti e riusciti siano proprio quelli che non ci aspetteremmo: non i più tragici, ma i racconti normali. La quotidianità delle donne difficili vince su ogni altro tentativo nel raccontare.
Per la prima foto, copyright: Ayo Ogunseinde su Unsplash.
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