Le donne dagli anni Ottanta a oggi. “L’ultimo volo per Tokyo” di Hayashi Mariko
L’ultimo volo per Tokyo, raccolta di cinque racconti scritta da Hayashi Mariko e tradotta in italiano da Anna Specchio per la collana Asiasphere di Atmosphere Libri, è arrivato in Italia in ritardo rispetto alla pubblicazione in Giappone, eppure la sua età se la porta benissimo. Trattandosi di storie incentrate sempre sul rapporto della donna con la società, la famiglia, le amicizie e la casa, questa considerazione è da intendersi allo stesso tempo come un complimento alla freschezza dello stile dell’autrice e come una triste presa di coscienza del fatto che, dal 1980 a oggi, parecchie dinamiche sono rimaste ancora piuttosto simili nella percezione collettiva, tanto in Estremo Oriente quanto nel nostro Paese.
Dall’opera, infatti, quanto emerge è che la donna può compiere più sacrifici di quanti ne debba invece sopportare l’uomo, che può anche essere ricca e indipendente, ma che in verità non è mai in grado di fare tutto da sola, che è facile da conquistare e altrettanto facile da tradire, che va tenuta sotto controllo quando ha intenzione di fare shopping e che, all’atto pratico, non è esperta praticamente di niente. Una denuncia tanto ardita, in particolare se mossa attraverso le pagine di personaggi del tutto inventati, è già pregevole di per sé, se la collochiamo del contesto geopolitico e socioeconomico nella quale è nata, e acquisisce ancora più spessore dal momento che ciascuna delle considerazioni a cui perviene chi legge viene suggerita da Hayashi Mariko in modo indiretto con vera maestria.
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In primo luogo, il punto di vista di solito è quello della protagonista femminile stessa, che non condivide né percepisce i pregiudizi di cui è oggetto. La sua voce narrante è quindi sincera, esterna al marciume dei punti di vista altrui, e ben al di sopra delle trivialità in cui viene trascinata non appena interagisce con le persone intorno a lei, specialmente quando si tratta di uomini. Ciò che scopriamo lo dobbiamo di conseguenza ai dialoghi, unico possibile spazio riservato al confronto tra mentalità, e lo assimiliamo in maniera graduale osservando rigo dopo rigo le azioni dell’uno o dell’altro interlocutore.
Così, attraverso un filtro esterno, ci accorgiamo che nei confronti delle donne si opta per lo più per un atteggiamento calcolatore, di arrogante superiorità e perfino di paternalistica ma inappropriata protezione, ispirato da una mentalità chiusa e maschilista di cui gli uomini per primi non si rendono conto fino in fondo. Ecco perché l’apparente ipocrisia dei loro comportamenti rivela, in realtà, una profonda mancanza di consapevolezza, un’arretratezza relazionale e ideologica da brivido, che le narratrici in prima persona faticano a descrivere come tale e che, però, risulta evidente a chi analizza l’intreccio nel suo insieme.
Con uno stile elegante e scorrevole, che a tratti ricorda uno scrittore oltretutto molto caro ad Hayashi Mariko, ovvero Murakami Haruki, le storie si susseguono con un’acre dolcezza per poi culminare in un ultimo racconto, Fino a Kyoto, che quasi si trasforma in un manifesto programmatico del messaggio autoriale: qui, non a caso, l’innamoramento da parte della donna al centro della vicenda non scatta per il desiderio di stare accanto a un uomo, ma per il desiderio stesso di vivere l’amore, quasi che innamorarsi di un uomo in carne e ossa fosse impossibile, fino a quando non verranno superati determinati stereotipi di genere.
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Se una simile condizione era già aberrante trent’anni fa, nel 2020 appare ancora più sconcertante, benché sempre e amaramente attuale. Per di più, in una pubblicazione pregiata come quella curata da Anna Specchio, la fruizione dell’esperienza narrativa è amplificata da una piccata e brillante prefazione scritta ad hoc da Hayashi Mariko, da una postfazione sulla poetica e sulla carriera della scrittrice con un focus specifico sulla raccolta in questione, da un accurato glossario terminologico, da una ricca bibliografia e, dulcis in fundo, da un’intervista esclusiva con l’autrice. Quest’ultima chiude con grazia il cerchio di un’edizione dal preciso orientamento storico, culturale e mentale, che senza dubbio si configura di profondo interesse e del cui arrivo in Italia avevamo davvero il bisogno.
Per la prima foto, copyright: Ryoji Iwata su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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