Le difficili strade del dolore. “Il segreto di mia sorella” di Flynn Berry
C’è qualcosa di incompiuto nel romanzo di esordio di Flynn Berry, Il segreto di mia sorella. Una sorta di mesta delusione quella che ha provato chi legge nell’affrontare le pagine di questo noir edito da Sperling & Kupfer, e da qualche settimana in libreria nella traduzione di C. Pastore.
Una delusione maturata proprio nel momento più complesso del plot, ovvero a metà dello sviluppo della trama quando tocca a chi scrive tenera alta la tensione, la curiosità, la voglia di conoscere e correre tutto d’un fiato attraverso le pagine della nostra storia. Questo la nostra autrice, a parere di chi scrive, non è riuscita a farlo divagando stancamente nella ricerca di una strada che una volta trovata ha consumato in maniera frettolosa.
Dispiace maturare questa sensazione perché Flynn Berry la stoffa della scrittrice mistery-thriller l’ha tutta, potremmo dire il talento complessivo della narratrice è una dote che possiede senza dubbio.
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Intanto un plauso per le descrizioni siano esse paesaggi e atmosfere della campagna inglese dove la nostra storia è ambientata, siano paesaggi e atmosfere dell’anima: le descrizioni sono puntuali in ogni loro aspetto riconsegnando al lettore quel clima, quelle emozioni che lo scrittore vuole far rivivere.
La trama segue uno schema abbastanza lineare di giallo: l’omicidio si consuma proprio nelle prime pagine del romanzo, Nora trova il corpo di sua sorella Rachel trucidato da numerose coltellate. Impiccato il suo cane da guardia, Fenno.
Uno scenario agghiacciante dove a far da sfondo è l’hinterland della campagna inglese tra Oxford, Marlow e Abingdon. Nora, recatasi a Marlow per un weekend di relax e tranquillità dai ritmi forsennati di Londra, deve fare i conti con l’atrocità di una morte violenta apparentemente senza spiegazione alcuna, dissonante con quello scenario di pace proprio di quel sobborgo dove sua sorella ha trovato casa. Un delitto inspiegabile così come un lutto a cui difficilmente ci si può rassegnare.
Da qui le indagini, quelle della polizia, dall’altra la scelta di Nora, di prendersi una pausa dal suo lavoro per ricercare il perché di quanto accaduto. Cercare le motivazioni della tragica scomparsa di sua sorella diventa per lei l’unico possibile modo di trovare una via, un percorso dal dolore.
Questo è il punto in cui emergono nella storia i piani relazionali, il passato, un tornare indietro nel tempo a cui potrebbe riallacciarsi il presente. Strade che parallelamente investigatori e sorella percorrono, insieme. fino a un certo punto.
In questo intrecciarsi, in questo procedere, c’è qualcosa che secondo noi va storto. È come se Flynn Berry perdesse il bandolo della matassa, fa compiere a Nora e al lettore un inseguimento verso un possibile colpevole, inutile perché sin dal suo inizio si è consapevoli che non porterà a nulla. Da qui poi l’intersecarsi del sospetto della polizia nei confronti di Nora stessa, un aspetto anche questo mal gestito senza uno sviluppo coerente.
La perdita del climax gioca un brutto tiro complessivo a tutta la storia e all’epilogo che vorrebbe avere le caratteristiche di colpo di scena, elemento dirompente che si ricollega sempre a un passato tragico. Il “the end” è intenso perché è in linea con quel vissuto di dolore e violenza, traccia indelebile della vita di Rachel, ma è il suo farsi ed essere soluzione della storia che risulta “bruciato” proprio perché non costruito secondo le regole del graduale procedere della suspence.
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Alla nostra autrice dobbiamo riconoscere il merito di aver una prosa limpida e chiara, di condurre con la sapienza delle descrizioni il lettore, facendolo diventare partecipe degli scenari, della tragedia del crimine, al dolore, di condurlo per mano in quel passato che sembra spiegare il presente. Un primo romanzo che possiamo di sicuro definire un buon inizio.
Per la prima foto, copyright: pawel szvmanski.
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