Le conseguenze delle confessioni. “Il purgatorio dell’angelo” di Maurizio De Giovanni
Una serie di tragici eventi s’intreccia nel nuovo romanzo poliziesco Il purgatorio dell’angelo di Maurizio De Giovanni, edito da Einaudi.
Un altro caso da risolvere per il commissario Luigi Alfredo Ricciardi, al quale cui oramai ci si è affezionati e che ritroviamo in quella che forse, a detta dello scrittore, potrà essere una delle ultime avventure.
Negli anni Trenta un omicidio scuote Posillipo, uno dei più noti quartieri di Napoli, dove un gesuita molto amato viene trovato ucciso in riva al mare da un pescatore. Un uomo che prestava servizio non solo come insegnante presso il seminario della comunità di San Luigi, ma anche come confessore dei membri delle famiglie più influenti della città tra i quali l’anziano marchese Berardelli che alla morte donerà all’amico una consistente eredità, atto che diventerà motivo di forte tensione con i famigliari.
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La storia di padre Angelo la conosciamo attraverso le indagini della polizia. In particolare si rivelano di fondamentale importanza i racconti dei suoi due figli “spirituali”, Michele Police, gesuita docente di Metafisica e Teologia, e Costantino Fasano, professore di Morale presso lo stesso seminario. La morte improvvisa di Angelo lascia un vuoto tra i cittadini e confratelli: nessuno riesce a capire come una persona così tanto benvoluta potesse avere dei nemici. Ma dietro la figura di padre Angelo si celano aspetti inquietanti che si riveleranno fondamentali per conoscere le cause della morte.
Il giallo da risolvere s’intreccia con la complicata vita del commissario Ricciardi che nasconde un segreto che terrà celato fino alla fine del romanzo anche alla persona che più ama, sorprendendo il lettore. Un viaggio introspettivo che per lungo tempo lo allontanerà da ogni forma di affetto, primo fra tutti quello per la giovane Enrica Colombo. La paura di essere giudicato per ciò che lui definisce il «suo cancro, un morbo che lo divora dall’interno» è la sua condanna: un forte senso di solitudine lo farà sentire inadeguato.
La scrittura di De Giovanni come sempre impeccabile porta il lettore ad affezionarsi ai personaggi per i quali in primo piano vengono descritti i sentimenti che si mescolano in questo purgatorio di fatti.
Il romanzo è una catena di rivelazioni. «Io confesso, ti confesso, lascialo stare, lascia che viva, io ti confesso» sono le parole pronunciate dal defunto gesuita e che risuonano di continuo nella mente di Ricciardi: la malattia ereditaria di cui soffre e della quale era affetta anche la madre lo porta a sentire le voci dei morti e sarà la sua pena. Il segreto del commissario, le dichiarazioni del brigadiere Raffaele Maione relative a Luca, il figlio ucciso durante una rapina, le confessioni dei gesuiti Felice e Costantino, l’infelicità della bella Enrica che vorrebbe abbandonarsi tra le braccia di Luigi, ma viene ostacolata dalla madre Lucia che la vorrebbe sposata con un ufficiale tedesco che lei prontamente respinge: un insieme storie, sentimenti, riflessioni che hanno come comune denominatore la paura di essere giudicati e di non essere capiti e che condannano i personaggi a una frustrante solitudine.
Un dubbio rimane fino alla fine del libro: il gesuita è vittima o carnefice?
Il lettore si trova in un turbinio di emozioni e per allentare la tensione De Giovanni inserisce intermezzi scritti in corsivo che descrivono le vicissitudini di una rosa, il fiore di maggio, mese in cui trovano ambientazione le vicende narrate, che passa di mano in mano quasi a sfiorare i destini di differenti personaggi.
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Il purgatorio dell’angelo sembra un perfetto ossimoro di due termini che si contrappongono: da una parte il purgatorio, per antonomasia luogo di passaggio per le anime dei defunti che hanno qualcosa in sospeso, dall’altra la figura che solitamente si trova in paradiso. Un gioco di parole che nasconde il destino dello stesso Angelo, la cui anima è costretta a rimanere in un luogo di sospensione, il purgatorio, in attesa di una redenzione.
Per la prima foto, la fonte è qui.
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