Le 4 Fasi della scrittura, sul rapporto tra stile e casa editrice
Spesso di parla di scrittura come percorso, allora mi sono chiesto quali siano le fasi della scrittura, d’altronde scrivere è un mestiere che necessita di molteplici competenze e conoscenze. In particolare, necessita di tante attitudini positive. Per poter fare esperienza di tutto ciò, è ragionevole pensare che uno scrittore o aspirante tale passi attraverso delle fasi, in cui sperimenta maggiormente un certo stile o approfondisce un determinato genere di contenuti. Crescere artisticamente significa spendere del tempo che, essendo una risorsa limitata purtroppo, non è sufficiente per tutto. Ogni scrittore fa le sue personali scelte artistiche, decidendo talora di avvicinarsi alla letteratura russa, o fare “binge watching” di una serie tv o, ancora, coltivare la propria vita personale e con essa la sensibilità artistica. Siamo esseri mortali, perciò bisogna stabilire delle priorità. Il dilemma non è cambiato nei secoli, anche il romanziere Wilde se lo poneva:
«Ho scritto quando non conoscevo la vita. Ora che so il senso della vita, non ho più niente da scrivere. La vita non può essere scritta: la vita può essere soltanto vissuta.»
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Per chiarire le idee ed essere d’aiuto a orientarsi nel mare delle priorità artistiche, ho formalizzato (col rischio di semplificare) quattro fasi della scrittura; le presenterò in un determinato ordine che è quello “tipico” o più comune, nella mia opinione. Ciò non toglie di poter cominciare da una certa fase, poniamo la terza, per poi proseguire à rebours verso la seconda e la prima, per citare un autore caro all’estetismo di Wilde. Il punto è essere consapevoli di dove ci si trova, per potersi orientare lungo un cammino fatto di molteplici strade. Nella pratica, un certo stile (caratteristico di una fase) può essere congeniale per un tipo di casa editrice. Saper guardare al proprio stile da una prospettiva esterna, può essere di grande aiuto per selezionare le case editrici da cui si ha più possibilità di essere pubblicati. Per prima cosa le quattro fasi e le loro caratteristiche:
1) Fase Germinale
Lo scrittore alle prime armi non si offenda, Zola ha usato questa parola come titolo di un romanzo, ispirandosi al calendario rivoluzionario francese. Non a caso, questa fase può esprimersi in chiave roboante, focosa e ribelle. In questa fase si tende a decostruire (se non a distruggere!) le prassi e i dogmi dell’estetica precedente o contemporanea. Spesso si inizia a scrivere con l’idea «Se l’han fatto loro, lo posso fare anche io», oppure si declina a piccoli passi, scrivendo per conto proprio oppure pubblicando in maniera alternativa (blog, autopubblicazione, fan fiction), di fatto ignorando i “dettami del passato”, che sia l’Ars Poetica o la figura di un editor.
Caratteristiche: spesso è un tipo di scrittura definita associativa, ossia che manca di programmazione e revisione ragionata. Il linguaggio tende ad assumere una funzione emotiva, tipica del parlato, concentrandosi sugli stati d'animo, a scapito dell’azione narrativa. C’è il forte rischio di scivolare in uno stile raccontato, povero di immagini vivide e di chiarezza sul punto di vista (POV). La ridotta possibilità di analisi genera nello scrittore costante insoddisfazione, poiché non individua nel testo cosa cambiare in maniera chirurgica, dando luogo a pire di bozze, in stile bassifondi newyorkesi, o cestinature galattiche. Non solo si butta via materiale potenzialmente buono, ma i sentimenti negativi rendono straziante una carriera professionale sul lungo periodo. Il rovescio della medaglia è la meravigliosa possibilità di poter crescere, avendo lo scrittore germinale un’attitudine mentale a non rinchiudersi in un sistema di idee.
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2) Fase Manierista
Talvolta, dopo aver brancolato nel buio germinale si converge su dei punti fermi, sentite citare agli scrittori manieristi On Writing di Stephen King, o un qualsiasi altro manuale trasformandolo in una bibbia laica.
«Se volete fare gli scrittori, ci sono due esercizi fondamentali: leggere molto e scrivere molto. Non conosco stratagemmi per aggirare queste realtà, non conosco scorciatoie.» (On Writing, Stephen King)
Nonostante King chiarisca la situazione: ci vuole del tempo per farsi una cultura. I saggi e i romanzi non vanno solo letti, vanno anche digeriti e poi messi in pratica.
Caratteristiche: è una scrittura pianificata, su cui si opera una revisione ragionata. Ci si concentra sugli “atti di linguaggio”, ossia stile e contenuto, in poche parole i fondamentali, ma senza padroneggiarli. Ci può essere una prevalenza di oggettività e sequenze narrative e dialogiche, alla Hemingway. Lo scrittore manierista potrebbe essere in grado di scrivere singole scene immacolate senza l’aiuto di un editor. La contropartita è l’essersi chiusi eccessivamente in un sistema di pensiero, oppure non aver dato un’interpretazione originale a quanto studiato, vedendosi rifiutare il proprio manoscritto dalle case editrici.
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3) Fase Dialettica
La sintesi degli opposti, la fase dialettica unisce le prime due in un felice connubio: si parla di scrittura globale, a cui ho dedicato più di un capitolo nel mio libro Tecnica del Romanzo. Scrittura “globale” perché integra, sotto un'unica bandiera dell'immedesimazione, un intero spettro di stili. Lo scrittore dialettico ha la capacità fare uso di una pletora di stili e stimoli. Spazia nei generi letterari, ha molte idee diverse. Sa ispirarsi in tanti modi e sfruttare le potenzialità di diversi mezzi artistici.
Caratteristiche: uno scrittore dialettico dovrebbe aver acquisito il meglio delle fasi precedenti, ma potrebbe aver ereditato da queste un’impostazione sbagliata, di cui non si è liberato. Chi si trova in questa fase spesso ha ottime conoscenze e competenze, ma fatica ancora a trovare uno stile personale. Il Dialettico potrebbe essere ancorato a emulare un autore o una corrente di riferimento, nello stile o nei contenuti. In sintesi scrive in maniera ineccepibile ma senza adattarsi al contesto circostante: nuove teorie, pubblico, nuovi modi di concepire la scrittura, etc.
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4) Fase Professionale
Si raggiunge la maturità artistica, che significa saper scrivere con uno stile proprio, in genere uno stile solido ma aperto a contaminazioni (vedi sopra: scrittura globale). Lo scrittore professionale ha acquisito la capacità di interfacciarsi, relazionarsi e sfruttare le potenzialità di una casa editrice. Conosce i meccanismi che la governano (o non governano), e sa come adattare la propria scrittura in base al contesto culturale ed economico. Possiede le basi di marketing, ottima organizzazione del proprio lavoro e luogo di lavoro. Occhi aperti sulle novità socio-politiche e della letteratura mondiale. È tra i primi a farsi un’idea chiara su nuovi mezzi di distribuzione della scrittura o nuovi modi di concepirla.
Caratteristiche: lo stile professionale è quasi unico in mezzo alla folla; lo si potrebbe riconoscere senza copertina né titolo. Non solo per lo stile di per sé, ma anche per l’impianto dei contenuti magari. Può fare uso della funzione metalinguistica: l’esempio triviale è il «C’era una volta», inconfondibile di una certa tipologia di storie. Un altro esempio, altrettanto semplice, può essere l’uso di descrizioni dei “costumi di scena”, strizzando un occhio alla produzione cinematografica e teatrale, che fanno parte della filiera produttiva dello show business. Lo scrittore professionale può consumarsi in due atteggiamenti, considerati negativi: avere uno stile troppo elevato oppure troppo asservito alla moda. In definitiva, lo scrittore professionale tende a selezionare un target, rischiando di escludere una fetta di pubblico o banalizzare l’opera.
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È chiaro che non c’è una fase migliore o peggiore, dipende dai propri obiettivi, dalle circostanze e dalle opportunità che si presentano. Detto questo è interessante vedere come cambiano le possibilità di pubblicazione di uno scritto in base allo stile adottato. Le quattro fasi conquistano tipologie di case editrici differenti. Si possono considerare parametri utili come le disponibilità finanziare della casa editrice, il numero di dipendenti allocati nel settore competente alla tipologia di opera che si vuole proporre. Ancora, la quantità e il genere di collane e progetti editoriali attivi. Nell’era dell’informazione molti di questi dati possono essere reperiti. Il lavoro delle agenzie letterarie, tra le tante cose, è anche quello di aggiornarsi con costanza sui dati di mercato. Ciò significa che non è necessario essere uno scrittore professionale per pubblicare o fare successo; in qualsiasi delle quattro fasi si possono raggiungere risultati grazie all’aiuto di editor e agenti.
Al Germinale consiglio di lavorare con case editrici con molti editor, molte risorse e in cerca di idee originali. Al Manierista consiglio di cimentarsi in generi quali lo storico, il saggio, giornalismo e lavorare con case editrici di nicchie specifiche. Al Dialettico suggerisco di affidarsi a un’agenzia letteraria o di cimentarsi in premi letterari. Infine, al Professionale consiglio di interfacciarsi direttamente con le grandi case editrici o tramite un’agenzia letteraria, se non ne ha la possibilità.
Nonostante i confini tra un modo di scrivere e un altro siano molto labili, è utile tracciare delle linee generali; le quattro fasi della scrittura possono essere d’aiuto nell’individuare i punti di forza e le criticità della nostra scrittura.
Per la prima foto, copyright: Kaitlyn Baker, Wendy Aros-Routman, Annie Spratt, Levi Saunders e Andrew Neel.
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