Lasciamo il paradiso per cercare risposte. Incontro con Daniele Mencarelli
Sempre tornare. Non è solo il titolo, in qualche modo diventa persino una scelta del lettore, ovvero quella di tornare, rileggere, sottolineare una frase che durante la prima lettura è sfuggita, ripensare un dettaglio che, presi dalla sorpresa di conoscere il giovane protagonista, non ha trovato il giusto tempo.
Esce per Mondadori, lo firma Daniele Mencarelli e la sensazione è quella di trovarsi davanti a un’avventura che si addentra nelle bellezze dell’Italia e degli esseri umani.
Non ha risposte il giovane Daniele, protagonista del terzo volume che chiude la trilogia inaugurata con La casa degli sguardi e proseguita con Tutto chiede salvezza. In cambio, ha molte, moltissime domande. Perché – come ha spiegato Daniele Mencarelli durante l’incontro virtuale promosso da Mondadori – «è per andare in cerca di risposte che lasciamo il paradiso. Quando abbiamo capito tutto, non servono più le domande». E il protagonista è proprio quello che lascia, il paradiso, ovvero il confort, il porto sicuro. Per tornare a casa, dalla spiaggia romagnola, intende fare l’autostop. E lo fa.
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«L’autostop è un viaggio condiviso», spiega ancora Mencarelli. «Ho vissuto cinque anni in autostop. Oggi è una pratica crepuscolare, degli anni ’60 e ’70, e porta con sé l’inevitabile tema dell’incidente. Che, per me, è un tema molto sentito, ne ho parlato in altre occasioni e intendo scriverne in un futuro prossimo, poiché la percezione di questa realtà rimane ancora molto falsata».
Un romanzo d’avventura, dicevamo, ma anche un romanzo sul viaggio.
«Il tema del viaggio nella letteratura italiana fa fatica. Vuoi perché il nostro paese è più piccolo rispetto, per esempio, agli Stati Uniti o all’Australia, vuoi perché in Italia ci si concentra sulla bellezza. Anche l’Italia è una terra di viaggiatori, più precisamente, di pellegrini».
Non mancano nemmeno i simboli in Sempre tornare. E, anzi, in un certo episodio, quando il giovane Daniele incontra Emma e insieme si gettano nelle acque fredde del fiume, l’elemento che li avvolge, che li spoglia e li unisce ricorda qualcosa di primordiale.
«È vero, ci sono molti passaggi che rimandano ad altro. Nei precedenti capitoli, mi sono concentrato su un mondo più urbanizzato, questa volta la sfida è stata quella di introdurre elementi con rovesci simbolici. Ho la convinzione che i simboli che albergano la nostra vita siano l’indizio di un significato interiore. Infatti, nell’episodio citato, quello in cui Daniele incontra Emma, i due si tengono per mano nel fiume, si lasciano portati dalla corrente, e tutto ciò non accade per caso».
Della letteratura che salva la vita, Daniele Mencarelli parla in questi termini: «La letteratura che mi ha salvato è quella degli altri. Dei poeti, morti prima della mia nascita. Vengo da una famiglia umile, normale, una famiglia che, per mancanza di una adeguata conoscenza, equivocava il mio malessere psicologico, la mia inquietudine, le mie domande. Ho trovato così, a sedici, diciassette anni, altri esseri umani che trasformavano gli interrogativi in endecasillabi. Sono seguite le letture cromosomiche, tra i diciassette e i vent’anni, che mi hanno salvato come individuo. Per quanto riguarda la letteratura come scrittura, essa mi ha mostrato come ogni romanzo racchiuda in sé una scommessa. Ora che ho completato questa trilogia, scritta in prima persona, mi sto cimentando con un romanzo in terza persona. Ciò si traduce nella ricerca di aderire a un’altra psicologia».
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Del giovane Daniele, cosa avrebbe voluto tenere con sé il Daniele adulto?«Mi piacerebbe riprendermi la fiducia sconsiderata, folle, negli altri, che rendeva persino la paura un nemico da sconfiggere ogni volta. Vuoi per ragioni politiche, vuoi per altro, vivo nel timore ideologico. Sebbene oggi il mondo sia più tranquillo rispetto agli anni ’80, ’90, si vive in un paradosso: abbiamo paura di tutto, sebbene vi sia una certa rappacificazione sociale. È la narrativa a essere cambiata, ed è questa a farci sentire più paurosi».
Per la prima foto, copyright: Atlas Green su Unsplash.
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