“La vita perfetta di William Sidis” di Morten Brask
Quello di William Sidis è un talento precoce e sorprendente. Figlio di ucraini emigrati negli Stati Uniti, Billy a quattro anni parla già greco e latino, mentre a sei è in grado di memorizzare immediatamente tutto ciò che legge; nel frattempo, ha imparato altre cinque, sei lingue, ne ha addirittura inventata una tutta sua – il vendergood – e a undici anni presenta alla prestigiosa università di Havard la sua teoria sulla Quarta Dimensione. Eppure, il nome di William Sidis è passato per anni sotto silenzio, quasi scomparso nel nulla: qual è stata la storia di una delle menti più brillanti del ventesimo secolo?
La risposta ce la fornisce il danese Morten Brask, autore di un libro meraviglioso, tradotto da Ingrid Basso ed edito da Iperborea, la casa editrice milanese specializzata nella letteratura dell'area scandinava. La vita perfetta di William Sidis ripercorre, in forma romanzata, la storia della genialità del piccolo Billy, in parte ereditata dal padre, il professor Boris Sidis, a sua volta un luminare nel campo della psichiatria (anche la madre, Sarah, è un medico, che ha scelto, sottolineandolo più volte con risentimento, di rinunciare alla sue ambizioni per dedicarsi alla formazione del figlio).
Viene spontaneo chiedersi a cosa si riferisca la perfezione menzionata nel titolo. Perché sarebbe errato pensare che le doti di William siano state sinonimo di un futuro brillante. Brask è abilissimo nel tracciare lo scarto esistente tra una mente eccelsa e una vita sociale limitata: capita quando si è un bambino prodigio, sempre un passo avanti ai propri coetanei; quando il proprio padre insiste perché tutto venga svolto secondo logica, in un mondo impazzito che ha ben poco di razionale. Succede così che la logica si scontri con le ingiustizie e le irregolarità quotidiane e, quando questo accade, per Billy è la fine del mondo: perché se un cartello dice che la colazione verrà servita dalle sette in poi, per lui diventa inconcepibile che qualcuno possa servirsi prima.
Così Billy cresce sotto i riflettori. I genitori insistono nel dire che è un bimbo normalissimo, che possiede le stesse qualità degli altri, solo più stimolate, costantemente messe alla prova. Ma è chiaro che non è così: c'è qualcosa di speciale nel loro figlio e la conoscenza comporta anche una certa dose di consapevolezza, che spesso si traduce in guai. Quando William si trasforma in un uomo, comincia a interessarsi alla politica, in particolare a simpatizzare con il socialismo: grazie alla sua comprensione delle lingue, inizia a tradurre agli immigrati di tutto il mondo l'ideologia bolscevica, che, all'indomani della Rivoluzione d'ottobre, viene vista con apprensione oltreoceano. E quando viene arrestato ai genitori non resta che farlo dichiarare mentalmente instabile, facendolo internare nel sanatorio che proprio loro hanno in gestione. Per William è la fine, perché per lui la libertà è tutto.
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«Non c'è una vita migliore di un'altra. Devi cercare di scegliere il cammino che tu ritieni più giusto. Così raggiungi una sorta di perfezione nella tua vita. Anche se agli altri non sembrerà tale» dice il protagonista all'amico Sharfman. La vita perfetta, per William, è una vita in solitudine, un isolamento che solo chi ama la sapienza può capire. Lontano dai giornali, dai fotografi, dai compagni di scuola che lo deridono, da un padre che lo usa come cavia, da una madre che pretende e rimprovera (a sedici anni il figlio si laurea ad Harvard cum laude, ma per Sarah il massimo è magna cum laude: cosa penserà adesso la gente?). E se proprio una perfetta solitudine non è possibile, almeno condividere la vita con Martha, di cui William conserverà una foto fino alla fine dei suoi giorni, ma alla quale non sarà mai in grado di confessare i suoi profondi sentimenti.
La vita perfetta di William Sidis è un'opera commovente, incantevole, scritta benissimo. È uno di quei libri necessari, per la bellezza che riescono a trasmettere: Brask confeziona una storia che, nonostante tutto, è un inno d'amore per il sapere e il suo essere fuori posto in una società ottusa, mediocre, stupida. Pur traendo ispirazione da fatti realmente accaduti e mutuando molto materiale da interviste, memorie e dalla biografia di Amy Wallace, The Prodigy, l'autore sceglie poi di discostarsi dalla verità, per tracciare dei caratteri indimenticabili. A noi non resta che ringraziare Morten Brask di cuore, perché di libri come La vita perfetta di William Sidis i buoni lettori hanno davvero sempre un gran bisogno.
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