"La vita è una guerra ripetuta ogni giorno", Oriana Fallaci da un conflitto all'altro
La vita è una guerra ripetuta ogni giorno (Rizzoli, 2018) è l'ultimo di una serie di libri di Oriana Fallaci pubblicati negli anni successivi alla sua morte, avvenuta nel 2006.
Dopo Un cappello pieno di ciliege (Rizzoli, 2008), romanzo a cui la scrittrice aveva lavorato a lungo senza terminarlo completamente, anche perché a partire dal crollo delle Torri Gemelle si era dedicata soprattutto ai noti scritti polemici sull'avanzata dell'Islam e il possibile declino dell'Occidente, Rizzoli ha infatti pubblicato diversi volumi tematici, in cui sono stati raggruppati articoli e interviste scritti dalla Fallaci in passato e rimasti inediti o apparsi solo sui giornali.
In questo nuovo libro troviamo quindi una storia del complesso rapporto che la Fallaci ha sempre avuto con la guerra, facendone una delle grandi protagoniste della sua attività sia giornalistica, sia più propriamente letteraria.
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Nata nel 1929 e quindi abbastanza grande da comprendere tutti gli orrori della sSeconda guerra mondiale, durante la quale era stata anche una giovanissima staffetta della Resistenza, al seguito del padre partigiano, Oriana Fallaci è diventata presto la prima donna italiana corrispondente di guerra: benché per tutta la vita abbia dichiarato in ogni modo la propria avversione verso tutte le guerre, gran parte della sua attività giornalistica è stata una grande ricerca delle motivazioni che spingono gli uomini a combattere tra loro.
Seguiamo quindi, attraverso gli articoli pubblicati a suo tempo su diversi giornali e brani tratti dai suoi libri più famosi, tutti i conflitti a cui la Fallaci ha assistito in veste di testimone: la rivolta ungherese del 1956, quella razziale esplosa a Detroit undici anni dopo, la lunga guerra del Vietnam, la violenta repressione delle proteste studentesche a Città del Messico nel 1968 (durante la quale la giornalista venne ferita gravemente dalla polizia messicana). E poi la lotta dei palestinesi contro Israele, la guerra tra India e Pakistan nel 1971, il Libano, la prima guerra del Golfo, senza trascurare il proprio conflitto personale con i sentimenti, nel momento in cui l'incontro con Alekos Panagulis, che doveva intervistare appena scarcerato, dà l'avvio a una tormentatissima storia d'amore, da cui nascerà anni dopo Un uomo (Rizzoli, 1979), da molti ritenuto il più bel libro della scrittrice.
La vita è una guerra ripetuta ogni giorno si apre con una delle celebri invettive della Fallaci contro l'Islam, che diventa un atto di accusa nei confronti dei Paesi occidentali, Italia compresa, a suo dire troppo deboli e accomodanti nei confronti di quello che per lei è un lampante tentativo del mondo arabo di sconfiggere quello cristiano, in una sorta di nuova conquista simile a quella effettuata mille anni fa. La scelta di accostare queste pagine, scritte presumibilmente nel 2006, a quelle risalenti a molti anni prima, appare a mio avviso una forzatura dei curatori quantomeno discutibile.
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Del resto, tutte queste operazioni postume si prestano a una doppia valutazione: da un lato possono soddisfare gli ancora oggi numerosissimi fan di Oriana Fallaci, soprattutto coloro che apprezzano la sua vena considerata in qualche modo profetica, ma dall'altro si tratta pur sempre di scelte arbitrarie effettuate dai curatori, che non tengono conto, ad esempio, del tempo trascorso dalla scomparsa dell'autrice, che oggi potrebbe anche rileggere i suoi scritti passati con un occhio diverso, e non condividere i criteri che hanno portato a queste scelte. Di sicuro sarebbe davvero molto interessante poter leggere un'analisi della situazione mondiale odierna scritta da Oriana Fallaci, ma purtroppo questo non è più possibile. I suoi affezionati lettori possono comunque ritrovarne le idee basilari e lo stile inconfondibile nelle pagine di La vita è una guerra ripetuta ogni giorno.
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