“La vita è un viaggio” di Beppe Severgnini
Ti fa sentire in difetto il nuovo libro del giornalista Beppe Severgnini, La vita è un viaggio, edito da Rizzoli. Severgnini fa nella vita quotidiana (non senza sacrifici, è evidente) quello che tutti noi riusciamo a fare solo d’estate (forse): viaggiare e leggere tanto. Ti fa sentire in difetto, in maniera piacevole ovviamente, perché vorresti essere lì, nei posti raccontati e descritti con il suo stile puntuale, preciso, e sempre piacevole, quasi come se stessi leggendo le parole del tuo amico di sempre sugli Stati Uniti, la Thailandia, la Russia o il Portogallo.
«Viaggiare rende umili – scrive Severgnini – viaggiare vuol dire allungarsi la vita, riempiendo il passato di ricordi e il futuro di progetti».
E ti fa sentire in difetto perché con eleganza e savoir faire elenca giornalisti, libri, saggi e pubblicazioni che non abbiamo letto, ma forse soltanto sentito nominare e che invece vorremo aver conosciuto e masticato per poterne discutere, commentare. Ed è qui che sta, a modesto parere di chi scrive, il segreto di un buon libro, romanzo o saggio che sia. Nel saper mettere addosso al lettore la sana ansia di continuare, di andare avanti al prossimo capitolo, di non abbandonare il libro tra gli scaffali, di scoprire fino in fondo che cosa ha da dirci il suo autore.
Tante e tutte interessanti le tappe di questo viaggio compiuto attraverso un percorso che enfatizza la fasi fondamentali della vita di ciascuno: dall’adolescenza alla paternità, in cui giocano un ruolo fondamentale – nella vita come in qualsiasi viaggio – elementi come l’empatia (per entrare in connessione con gli altri, soprattutto se siamo altrove), la brevità (per viaggiare occorrono bagagli leggeri), l’incoraggiamento: merita una sosta prolungata la tappa di questo libro in cui il giornalista del «Corriere della Sera» azzarda un poetico quanto vibrante accostamento tra Cesare Pavese e Bruce Springsteen, il primo considerato poeta in prosa e il secondo in musica. Entrambi da far studiare ai ragazzi con uno stile fresco e diretto, senza troppi fronzoli, né giri di parole. La tesi è talmente ben argomentata e motivata che sembra naturale accettare che le Langhe piemontesi confinino con il New Jersey.
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La vita è un viaggio è una metafora abbastanza nota, e forse scontata, eppure Severgnini riesce a trovare spunti diversi tratti dal suo bagaglio esperienziale per arricchire il concetto e per sviscerarlo con efficacia. La vita, così come il viaggio, sono tutto ciò che gli serve come pretesto per parlare anche dell’attualità, dell’Italia di questo delicato periodo storico «Ho la sensazione, tuttavia, che questi sforzi serviranno a poco, se non cambia il clima civile, politico ed economico in Italia: più serietà, meno imbrogli, più benessere. Ne scrivo da anni, e temo di non sbagliarmi: siamo al punto di non ritorno. In ogni senso». Ma trova anche l’opportunità calzante per raccontare di chi è andato via in cerca di fortuna (trovandola), aneddoti del suo passato di studente a Crema e dei suoi esordi giornalistici al fianco del gigante Montanelli «L’Italia – diceva Indro Montanelli – ha molti rimpianti e alcuni rimorsi, ma poco orgoglio e nessuna memoria», senza indugiare in nostalgie passatiste o inutili narcisismi. Ogni aspetto è naturale nell’economia di un linguaggio e di una narrazione semplice, scorrevole e sempre piacevolmente arricchente, con punte sporadiche di ironia convincente. Severgnini si offre come nocchiero saggio e autorevole, senza tuttavia la spocchia del tuttologo, ma con l’esperienza di chi ha sperimentato su di sé e continua a farlo ogni giorno nel viaggio della vita.
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