La vita di Leonardo da Vinci, tra miti e leggende, nel racconto di Walter Isaacson
Ha riscosso un enorme successo, diventando bestseller. Biografo di Steve Jobs, Albert Einstein, Benjamin Franklin, l’ultimo lavoro di Walter Isaacson incuriosisce già dal titolo: Leonardo da Vinci, edito da Mondadori nella traduzione di Laura Serra e Tullio Cannillo, un viaggio nella vita del celebre genio del Rinascimento.
Molte sono le leggende che ruotano attorno alla figura di Leonardo da Vinci verso cui tutti siamo da sempre affascinati. Numerosi studiosi lo definiscono emblema della genialità, in grado di spaziare in ogni angolo del sapere. Lo storico dell’arte Kenneth Clark dichiarò: «Non c’è nella storia curiosità più insaziabile della sua». Il pittore tedesco del ‘900, Paul Klee, disse: «Veduto Leonardo non si pensa più alla possibilità di fare molti progressi». E come non citare il suo contemporaneo, Giorgio Vasari, il quale, oltre a riportare differenti notizie sulla vita, esaltò le doti fisiche e morali del personaggio: «Oltra la bellezza del corpo, non lodata mai a bastanza, era la grazia più che infinita in qualunque sua azione» scrisse ne Le vite de' più eccellenti pittori, scultori, e architettori, considerato uno dei tre resoconti antichi della vita dell’artista. Vasari infatti non fu il solo a occuparsi di Leonardo. Nel 1540 venne redatto un manoscritto noto come Anonimo Gaddiano che raccoglie numerose vicende curiose come, per esempio, la mania di Leonardo di indossare tuniche rosa fino al ginocchio, andando contro i dettami della moda del tempo che prevedeva tuniche lunghe fino alle caviglie. Il terzo resoconto è datato 1584: un trattato sull’arte di Giovan Paolo Lomazzo in cui si apprendono numerose informazioni sulla vita dell’artista, riguardanti anche la questione delle sue tendenze sessuali, tanto discusse ai nostri giorni. Nel saggio vengono riportate notizie in merito, a partire dalla condanna di sodomia e dalla lunga relazione con un giovane musicista fiorentino che seguì Leonardo in tutte le sue trasferte.
«Ho deciso di scrivere questo libro perché da Vinci rappresenta l’incarnazione somma del tema centrale delle mie precedenti biografie: la capacità di stabilire connessioni tra le discipline, arti e scienze, studi umanistici e tecnologia come chiave d’accesso all’innovazione, all’immaginazione e al genio». Con queste parole Walter Isaacson spiega com’è nato il desiderio di occuparsi di questa figura emblematica: una ricerca che l’ha condotto, come lui stesso riferisce, ad analizzare taccuini, più di 7200 pagine di annotazioni e scarabocchi, a effettuare veri e propri pellegrinaggi per osservare i documenti originali a Milano, Firenze, Madrid, Londra, Seattle, a raccogliere articoli accademici e tesi di dottorato.
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Addentrarsi nella vita di Leonardo significa meravigliarsi di continuo di fronte a ogni minima scoperta, a partire dall'analisi del cognome “da Vinci”. Molti ritengono il suo utilizzo improprio, impreciso, in realtà non lo è. Nel periodo in cui visse Leonardo gli italiani cominciavano a ufficializzare e a registrare sempre più spesso cognomi ereditari e molti di questi derivavano dalle città di origine della famiglia. All’epoca di Leonardo i cognomi non erano ancora stati introdotti e neppure le anagrafi, istituite solo con il Concilio di Trento, quarantaquattro anni dopo la morte dell’artista. A questo si aggiungeva il fatto di essere figlio illegittimo, nato dall’unione extramatrimoniale tra il notaio fiorentino Pietro di Antonio e una tale Caterina di Anchiano, della quale si sapeva poco fino a qualche tempo fa. La sua identità infatti rimase a lungo un mistero, ma nel 2017 lo storico dell’arte oxfordiano Martin Kemp e il ricercatore archivista fiorentino Giuseppe Pallanti hanno riportato prove che documentano le origini della ragazza. Si tratterebbe di Caterina Lippi, nata nel 1436 e rimasta orfana all’età di quattordici anni, che in quello stesso anno concepì Leonardo e che dovette poi abbandonare il figlio alle cure dei nonni. In aggiunta fu il padre di Leonardo a organizzare il matrimonio tra Caterina stessa e un contadino del luogo per evitare maldicenze e celare l’unione “illegittima”.
La ricchezza di particolari rende la lettura del saggio di Isaacson estremamente interessante. L’autore analizza opere, riporta studi, mette in dubbio quelle che finora erano considerate certezze, partendo dagli esordi, dai fondamentali anni di apprendistato presso la bottega di Andrea del Verrocchio, il quale, si narra, dopo aver visto la bravura del suo allievo, abbandonò la pittura. La loro prima collaborazione, conosciuta ai più, è nell’esecuzione del dipinto Battesimo di Cristo, in cui il giovane Leonardo eseguì l’angelo sulla sinistra dell’opera. Isaacson però ricorda un’ulteriore importante collaborazione tra i due nell’opera Tobia e l’angelo, in cui è ben visibile la mano leonardesca nella figura del pesce e del cane che scorazza accanto alla figura sulla sinistra.
Il tanto discusso tema dell’amore di Leonardo per gli animali traspare in molti dei suoi scritti. Vasari stesso ci tramanda l’aneddoto che Leonardo era solito passare nei luoghi dove vendevano gli uccelli e lì, dopo averli acquistati, si dilettava a lasciarli liberi di volare fuori dalle gabbie.
«Non ammazzerebbe per nessun motivo al mondo neanche una pulce» scrisse di lui un amico. «Portava di preferenza il cotone, per non indossare niente di morto». La scelta vegetariana era giunta con consapevolezza nella vita di Leonardo che tanto amava sperimentare in cucina: egli aveva infatti compreso che gli animali, a differenza delle piante, provano dolore.
Era un appassionato di libri: nel 1504 possedeva più di settanta volumi, quaranta di argomento scientifico, quasi cinquanta di poesia e letteratura, dieci di arte e architettura, otto di religione e tre di matematica.
Era un uomo estremamente curioso: ogni esperienza era fonte di indagine. Nei taccuini descrisse la sua strategia per osservare nella maniera migliore una scena o un oggetto: guardare attentamente ogni dettaglio, uno alla volta.
Isaacson ricorda l'interesse di da Vinci per l’anatomia che aumentò sempre più quando si trasferì a Milano: tra il 1508 e il 1513 sezionò venti cadaveri per appuntare dettagli anatomici, riuscì a dimostrare come funzionava la valvola aortica, abbozzò il midollo spinale, fu il primo uomo nella storia a descrivere tutte le parti della dentatura umana.
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Incuriosisce scoprire il suo modo di lavorare al celebre Cenacolo. Come testimonia un frate domenicano dell’epoca, l’artista era solito arrivare a lavoro di buon’ora e non posare il pennello prima del calar del sole, dimenticandosi così di pranzare e cenare. Spesso rimaneva ore a indugiare di fronte a una figura, per ritoccarla più volte fino alla completa perfezione.
L’autore ripercorre le tappe di esecuzione delle due versioni de La Vergine delle rocce, de L’’Annunciazione di Cristo, della celebre Gioconda, della quale non riporta solo i misteri oramai noti ai più, come l’enigmatico sorriso della dama, l’incognito paesaggio alle spalle, l’identità della giovane ritratta, ma anche particolari che possono sfuggire a una prima vista come l’assenza (quasi totale) delle sopracciglia nel suo volto, la dilatazione che parrebbe quasi scorretta delle pupille dell’occhio, tenendo in considerazione la direzione della luce.
Come dice l’autore alla fine del testo, l’esistenza di Leonardo ci offre una riflessione su vari aspetti della nostra esistenza: differenti lezioni di vita che potrebbero essere messe in pratica anche ai giorni nostri come l’importanza di provare sempre curiosità verso le cose, una curiosità insaziabile senza necessariamente possedere talenti speciali perché si sa: «Sì come una giornata bene spesa dà lieto dormire così una vita bene usata dà lieto morire». Forse sarà questo uno dei segreti della longevità di Leonardo?
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