“La verità sul caso Harry Quebert” di Joël Dicker
Di primo acchito, La verità sul caso Harry Quebert (edito da Bompiani, nella traduzione di V. Vega) è una lettura “spessa”, molto, se la guardiamo attraverso l’ottica di un’epoca in cui la letteratura è una cosa fast. Ed è meglio così, perché da Marcus, da Harry e Nola non ci si vuol separare troppo in fretta. E, comunque, letta la prima pagina non riesci più a fermarti, nemmeno nel caso in cui ti sia caduto l’occhio sull’anno di nascita di Joël Dicker, l’85, e ti abbia colto il pensiero che sia troppo giovane, per scrivere tutte quelle pagine, senza diventare noioso o ridondante. Sei senza scampo, e ogni pregiudizio si dissolve sotto l’impazienza di scoprire cosa sia successo in quel lontano ’75 tornato a galla, tre decenni dopo, sconvolgendo una città.
Marcus Goldman, l’io narrante, è uno scrittore, anzi una stella della letteratura contemporanea statunitense. Lo è diventato, grazie a Harry Quebert, il suo docente di Letteratura presso un’università quasi anonima degli USA. Prima di questo incontro, Marcus era solo una grande farsa. Tanto quanto il soprannome, “Il formidabile”. A Marcus piaceva battersi solo sul terreno della vittoria certa. Primeggiava, sì, ma tra i deboli. Un impostore, uno che si muove come in un gioco di specchi che riflettono sì la realtà, ma, per definizione, ingrandendola di quel poco che basta per nutrire il proprio io. Marcus, però, è un impostore solo in apparenza. È la paura del confronto a fargli credere di esserlo; una volta superata, sotto l’impulso di Harry, si dissolve lasciando spazio al vero Marcus, il ragazzo che sa di voler diventare uno scrittore e se lo fa insegnare dal suo maestro.
C’è, tuttavia, un impostore vero in questa storia, qualcuno di insospettabile. Come c’è anche un omicida, ugualmente insospettabile. E c’è anche la vittima di un omicidio, creduta per trent’anni soltanto scomparsa, una ragazzina che amava un uomo più vecchio di lei, faceva la sgualdrina, proteggeva il suo amato a ogni costo, veniva maltrattata dalla madre e, come un Socrate, rendeva un uomo uno scrittore. Era tutte queste sfumature, Nola. Tutte e nessuna, al contempo, in base al punto di vista, adottato per guardare la sua storia che Marcus ricostruisce, nel tentativo di scagionare dall’accusa di omicidio il suo maestro e, ormai, amico Harry.
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Nel giardino della grande villa dell’autorevole e solitario scrittore Harry Quebert, la terra custodisce i resti del corpo di Nola Kallergan. In una borsa in pelle, a tracolla, le ossa conservano il dattiloscritto del romanzo di successo di Quebert, con tanto di dedica per la ragazza. Ricorda Lolita, l’amore proibito che Harry e Nola avevano consumato trent’anni prima e che emerge nel presente storico della narrazione. È una Lolita senza malizia, Nola. Infatti, tutti la amano. Troppi e troppo, risulta da una prima analisi della polizia di stato incaricata di far luce sul caso.
Oltre al thriller, calzante e ricco di colpi di scena, ne La verità sul caso Harry Quebert vi è un vademecum con trentuno regole fondamentali per scrivere un ottimo romanzo. Non solo: il consiglio di scrittura che anticipa il capitolo, Dicker lo applica, in modo egregio, nelle pagine seguenti.
Il romanzo risulta così una genuina Matrioska di storie, dove reale – tipico del mondo materiale – e realistico – peculiarità della letteratura – si mescolano fino a perdersi l’uno nell’altro. È atroce il dubbio che Dicker stia raccontando un fatto di cronaca. Ma Aurora non esiste nella geografia del New Hampshire e, con lei, nemmeno la foresta nei pressi della Route 1, la spiaggia, il lago, quei gabbiani descritti da Goldman. Esistono, però, Marcus, Nola, Harry, Jenny, Tamara, Travis, Roth, Roy Barnaski, Luther Caleb, il mecenate Elijah Stern. Esistono, allo stesso modo in cui esiste ilparadiso degli scrittori. E sono veri, come vero è il trentunesimo consiglio sulla scrittura che Harry dà a Marcus: «Il primo capitolo è fondamentale, Marcus. Se ai lettori non piace, non leggono il resto del libro». Non c’è ragione per non leggere La verità sul caso Harry Quebert, anzi, vi è un motivo per rileggerlo: rivuoi la loro storia nella tua vita quando, dopo averlo finito, indugi col libro in mano e fissi la copertina.
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