La verità a tutti i costi. “Peccato mortale” di Carlo Lucarelli
È un periodo torbido quello in cui è ambientato Peccato mortale, il nuovo romanzo di Carlo Lucarelli; è un periodo in cui le regole sembrano non esistere o sono imposte da un’autorità distorta e non riconosciuta, se non per paura. Giorni vuoti, che precedono l’ombra della Repubblica di Salò, quando, dopo l’arresto di Mussolini, la conseguenza dell’armistizio siglato dal maresciallo Badoglio diventa realtà e i tedeschi proclamano la nascita della Repubblica Sociale Italiana. Giorni nefasti, fatti di violenze, timori e fame, dove la legge non è sicuramente uguale per tutti e la quotidianità è prenotare il grano con la tessera annonaria, procurarsi carne e salumi dalla borsa nera e ascoltare trasmissioni via radio dalla Germania. Sono anni che Lodovico Terzi definisce “senza gloria”, e che partono – scrive Lucarelli sulla quarta di copertina – quando «l’Italia si sveglia una mattina senza più il fascismo e praticamente la mattina dopo con i tedeschi in casa»; un lasso di tempo caratterizzato da un diffuso senso d’angoscia, un’ansia crescente che va a braccetto con l’incertezza di un futuro sospeso: dal 25 luglio all’8 settembre del 1943.
È in tale contesto, che l’autore definisce “allucinato”, che il commissario De Luca, si ritrova a dover fare i conti con una serie di delitti all’apparenza diversi ma collegati tra loro. In una Bologna che vive sotto l’assedio delle bombe e tormentata dal grido delle sirene degli allarmi e del coprifuoco.
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Il racconto parte con il ritrovamento di un corpo senza testa: «De Luca piombò a terra senza neanche avere il tempo di mettere le mani avanti e affondò la faccia in un fagotto gonfio che più che un sacco, morbido com'era, sembrava un cuscino»; un cadavere che il commissario e la sua squadra scoprono durante un’operazione contro uno specialista della borsa nera, il Borsaro, che arrestano assieme al suo aiutante, un ragazzino di nome Franchino. Ed è proprio quest’ultimo che, alle prime sberle della polizia, urla: «Al Crest d'i càn!» (Al Cristo dei cani!). Un indizio, una frase che spinge De Luca – ossessionato com’è dal senso di giustizia – ad approfondire la vicenda e a mettersi alla ricerca della testa. E la trova, una testa sì, ma quella di un altro corpo. «C’è la guerra – gli dice la madre di Lorenza, la sua fidanzata – ci sono le bombe, i morti al fronte, i morti in casa, morti dappertutto, due in più o due in meno, che differenza fa?». Ma De Luca è un poliziotto, vuole la verità a ogni costo. È fatto così: non trova pace finché non scopre il colpevole. Così si getta a capofitto nelle indagini e, pista dopo pista, svela una serie di intrighi che hanno a che fare con un nobile decaduto, un apolide e un console della Milizia. E mentre De Luca, da bravo poliziotto, indaga, accade di tutto: cade il fascismo, inizia l’occupazione tedesca, Badoglio firma l’armistizio e le bombe distruggono la città.
Peccato mortale non è il primo romanzo di Lucarelli in cui appare il commissario Achille De Luca: il bravo poliziotto è protagonista di L’estate torbida (Sellerio, 1991), Via delle Oche (Sellerio, 1996), Carta bianca (Sellerio, 1997) e Intrigo italiano (Einaudi, 2017). Ora il giallo edito da Einaudi Stile Libero Big segna il ritorno di un personaggio molto amato, che in passato è stato anche al centro di una miniserie composta da quattro puntate trasmesse da Rai Uno. Un ritorno – a spiegarlo è lo stesso Lucarelli – necessario: «avevo ancora dei conti in sospeso con il mio commissario De Luca, così sono tornato indietro all'origine del viaggio esistenziale per capire cosa lo aveva portato a tormentarsi ed essere tormentato». C'è un “peccato originale” nei trascorsi del suo protagonista, infatti, un peccato che in futuro lo renderà ricattabile e lo costringerà a «rincorrere se stesso».
La trama segue le linee classiche del romanzo di genere: si parte con il ritrovamento di un cadavere e, attraverso il raggiungimento di piccoli obiettivi intermedi, si arriva gradualmente alla soluzione del caso. E anche la struttura narrativa è quella tipica del giallo: una prima parte per il coinvolgimento del lettore nella vicenda e la presentazione dei personaggi; una seconda parte che vira leggermente e lascia indizi e dubbi; una terza, anticipata da un colpo di scena, che porta il lettore fino alla risoluzione del mistero. Una conclusione – a dire il vero – che stenta ad arrivare e che, forse, segue un binario narrativo che sembra parallelo alle azioni del protagonista. Leggendolo, in altre parole, si ha l’impressione che De Luca, nonostante i suoi innumerevoli sforzi e la voglia di risolvere il caso, sia marginale alla vicenda; che – in pratica – non abbia alcuna influenza sugli eventi. Anche se, nell’ultima parte, tutto torna come dovrebbe essere e quest’impressione svanisce, attribuendo al commissario il ruolo che merita: quello del protagonista.
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Lo stile della scrittura è semplice e privo di fronzoli. Le parole sono scelte con estrema cura, mentre le frasi brevi e ben articolate proiettano nella mente del lettore immagini spesso forti e crude, ma allo stesso tempo capaci di strappare un sorriso.
I personaggi sono costruiti con dovizia di particolari, soprattutto legati al carattere e al modo di parlare di ciascuno.
Peccato mortale è un libro che si legge in poche ore: scorre bene e non presenta parti lente o pesanti. Vi è il giusto livello di suspense e la presenza di tanti spunti per delle riflessioni, innanzitutto considerando il finale, davvero ben costruito.
È un libro consigliato in primis agli amanti del genere giallo o noir, ma è una lettura che piacerà anche agli amanti della storia: già, perché il testo scritto da Lucarelli è un vero e proprio tuffo nel mezzo di un periodo strano della storia d’Italia, una fotografia di una città e di un Paese sconvolti.
Per la prima foto, copyright: Andrey Kirov.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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