La vecchiaia è un’età ridicola? Intervista a Margherita Giacobino
Prendete una vecchia signora che vive sola soletta con l'anziano gatto chiamato Veleno. Prendete questa donna e la valanga di ricordi che animano la sua memoria, compreso un amore finito. Uniteli a un’attenta osservazione e acuta critica della società contemporanea dominata da violenza, mancanza di valori, superficialità. Aggiungete qualche chiacchiera con Malvina, l’amica di sempre con la memoria andata per i fatti suoi, e Gabriela, una giovane colf straniera alla prese con un fidanzato imposto da altri. Quello che troverete è L’età ridicola di Margherita Giacobino un romanzo edito da Mondadori, dalla trama spassosa, divertente, ma mai banale, nella quale si mescolano un’accurata indagine sul comportamento umano, sul conflitto tra culture differenti, sul valore vero dell’amore e sulla solitudine che spesso colpisce e tormenta le persone. Il tutto visto attraverso gli occhi attenti della vecchia portagonista, che forse così anziana non è.
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Perché scegliere come protagonista un’anziana signora?
Innanzitutto mi sono sempre piaciute le vecchie signore, fin da quando ero piccola (avevo tante vecchie zie intorno che mi viziavano); secondo, adesso sono una vecchia signora anch’io, o quasi; terzo, oggi ci sono tanti vecchi, e si parla parecchio di loro, ma mi pare che lo si faccia spesso in un tono falso, sembra che la grande meraviglia dell’essere vecchi consista nel negare di esserlo, nel restare giovani a tutti i costi (dinamici, sportivi, perfino sexy, ecc...) Io volevo parlare della vecchiaia come la vedo io, molto diversa dalla gioventù, con i suoi vantaggi (pochi) e i suoi problemi, e per farlo ho scelto un tipo di vecchia che conosco, ostinata e con un feroce sense of humor.
La protagonista ha avuto una vita piena e intensa, ma il giudizio che ha nei confronti della società contemporanea è molto duro. Cosa la rattrista e addolora di più della realtà che la circonda?
La mancanza di attenzione, la superficialità, la disumanità, il modo in cui il male diventa spettacolo... Ma la mia vecchia è consapevole che le amarezze della vecchiaia sono, spesso, soggettive (ah quando ero giovane io...!) e cerca di mantenere uno sguardo lucido, seppure critico.
Accanto alla protagonista c’è la giovane domestica Gabriela, una semplice dipendente o, vista la differenza di età, una sorta di “nipote acquisita” da accudire nel cammino della vita?
La vecchia cerca di non affezionarsi troppo, ma le riesce male. Verso la ragazza prova attenzione, curiosità, senso di responsabilità e protezione. La gioventù dell’altra catalizza la sua vitalità, riaccende in lei il desiderio di azione, un po’ come penso possa accadere con i nipoti, ma con maggiore distacco, con una maggiore consapevolezza delle differenze tra loro (di lingua, per esempio).
A un certo punto l’anziana signora, che non ha una famiglia propria, se non il gatto Veleno, apre la sua casa all’amica smemorata Malvina e a Gabriela. Questo può essere visto come un bisogno di avere attorno qualcuno per non sentire il peso della solitudine?
La mia vecchia ha due creature a cui badare, l’amica Malvina e il gatto Veleno, due esseri vecchi almeno quanto lei... Ha molti dubbi sul condividere la sua casa con Malvina, e quando decide di farlo ormai è troppo tardi, non è più possibile. Alla sua età non è la solitudine di una casa non condivisa a pesare, quanto la perdita di ciò che dava alla vita il suo senso, l’amore e il lavoro.
Gabriela ha un passato di dolore e sofferenza, il ritorno della sorellastra e del cognato quanto destabilizzano la vita della ragazza?
Gabriela ha un rapporto molto contradditorio con la sua famiglia, si sente sfruttata e perseguitata (e lo è) ma allo stesso tempo non riesce, non vuole, sganciarsi da loro totalmente, perché si aggrappa a una fantasia di famiglia amorevole che non ha mai avuto... La scelta della libertà ci impone di guardare in faccia i nostri fantasmi, prendere atto dei nostri errori, e lei non è pronta a farlo.
Gabriela deve fare i conti con Dorin, prescelto fidanzato e futuro sposo, cosa rappresenta per lei il giovane: un’imposizione, una minaccia?
Dorin si è autonominato fidanzato di Gabriela, non c’è reciprocità nella loro posizione; lui per me era questo personaggio sconosciuto che compare nelle paure e nell’immaginario di oggi, il giovane pieno di rabbia che può mettersi a uccidere, il terrorista vero o presunto, l’angelo vendicatore della nostra civiltà... Dorin è un terrorista fallito, una sola cosa gli riesce abbastanza bene, terrorizzare la donna che vorrebbe sposare. In questo è un personaggio comico suo malgrado.
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Nel libro i temi trattati sono diversi: terza età, solitudine, malattia, morte incombente, precarietà della felicità, scontro tra culture, amori imposti e non voluti. Come è stato metterli tutti assieme in un contesto quotidiano in cui ogni lettore potrebbe riconoscere qualcosa del proprio vissuto?
Non sono partita con nessun intento preciso se non quello di raccontare il quotidiano di una vecchia. (Una donna, perché per me è importante esplorare la vastità del soggetto donna.) Ho pensato a mia madre, il cui rapporto con il mondo esterno era mediato soprattutto da Rai Tre, un’abitudine che mi ha trasmesso. Ho pensato a come la cronaca, le guerre, le paure, i migranti, la politica, entrano nella mente di una donna intelligente ma vecchia, a come la sua mente si fa specchio di quello che accade...
L’età ridicola è quella dei giovani alla ricerca del loro posto nel mondo o quella di persone anziane che giunte al limite della vita compiono azioni del tutto impensabili e imprevedibili?
L’età ridicola è volutamente ambiguo come titolo: è la vecchiaia (che oggi sembra prolungarsi smisuratamente, spesso senza più contenuti) ed è anche l’oggi che viviamo tutti, con le sue contraddizioni tragico-ridicole... Non definirei mai ridicola la ricerca di un posto nel mondo da parte dei giovani, anzi – così come non è ridicola Gabriela nei suoi sogni; confusa, forse, conflittuale, ma non ridicola.
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Per la prima foto, copyright: Tiago Muraro.
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