La straordinaria “Storia di Shuggie Bain” di Douglas Stuart
Quando il tuo romanzo d’esordio vince il Booker Prize 2020 e compare tra i finalisti del National Book Award for Fiction in un colpo solo, capisci di essere sulla strada giusta. È il caso di Douglas Stuart, autore scozzese trapiantato negli Stati Uniti che nel febbraio del 2020 pubblica Shuggie Bain, un innocuo romanzo di appena cinquecento pagine e che è destinato non solo ai grandi traguardi già accennati, ma anche a fare inevitabilmente – e, ci sentiamo di aggiungere, inesorabilmente – breccia nelle nostre anime già martoriate e provate da questo anno difficile. Mondadori, infatti, ne ha pubblicato una splendida traduzione a cura di Carlo Prosperi, con il titolo di Storia di Shuggie Bain.
Un titolo, semplice e immediato, che però ha ben poco a che fare con la trama del romanzo, come apprendiamo fin dalle prime pagine. Non c’è nulla di semplice nella vita di Shuggie Bain.
Siamo nella Glasgow dei primi anni Ottanta: la città sta morendo, devastata da povertà e disoccupazione. Le persone guardano i loro piani per un futuro migliore infrangersi giorno dopo giorno di fronte alla durezza di questa vita sempre più grigia e disperata. Tra loro c’è Agnes Bain, un tempo ragazza e ora donna bellissima – viene più spesso ribadita la sua somiglianza con Liz Taylor – che sognava una casetta tutta sua, una vita da mantenuta e pagata a caro prezzo, come i suoi perfetti (seppur falsi) denti. Quando il marito donnaiolo se ne va, però, tutto cambia: Agnes e i suoi tre figli si ritrovano intrappolati in una città mineraria decimata dal thatcherismo. Agnes precipita nell’alcolismo e i suoi figli fanno del loro meglio per salvarla. Presto, però, si rendono conto che per salvare loro stessi devono abbandonarla.
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Shuggie ha solo dodici anni quando anche suo fratello maggiore se ne va di casa e lo lascia solo a occuparsi di sua madre. È un’attività che lo consuma, ma che affronta con coraggio perché Shuggie è tenace e, soprattutto, non abbandona mai la speranza. Ma Shuggie deve affrontare anche i suoi di problemi: nonostante cerchi in tutti modi di essere un "ragazzo normale", il resto del mondo ha deciso che non è così. Ovunque vada Shuggie si sente fuori posto, viene bollato come “effemminato” e gli vengono affibbiati i peggiori epiteti. Solo sua madre sembra capirlo, ma non è sufficiente. Agnes vorrebbe proteggere e supportare suo figlio, ma la sua dipendenza ha il potere distruttivo di far eclissare tutti coloro che ama, incluso il suo adorato Shuggie:
«Shuggie non voleva più stare lì. Non voleva fingere che non ci fosse nulla di male nel giocare con giocattoli da femmina o nel toccare le parti vergognose dei ragazzi di scuola media. Non voleva somigliare in niente alla bambina dai capelli color limonata. Non voleva essere come Agnes. Voleva essere normale.»
Se si fa una rapida ricerca sul web, si nota facilmente come Storia di Shuggie Bain sia stato definito in tanti modi diversi, da “Bildungsroman” al più banale “gay novel”. Non è difficile, poi, trovare alcune similitudini tra le vicende biografiche di Stuart e quelle del suo protagonista. Senza contare poi le evidenti assonanze con altri importanti casi letterari come Una vita come tante di Hanya Yanagihara o al più classico Sons and Lovers di D.H. Lawrence. Ma, come è noto, ragionare per categorie può rivelarsi spesso un limite invece che uno strumento utile all’analisi e alla comprensione di un romanzo, specialmente se di successo. Collocare Storia di Shuggie Bain in una sola categoria, pertanto, sarebbe assolutamente imperdonabile.
Douglas Stuart mette a nudo l’efferatezza e la crudeltà che si nascondono, spesso, dietro le più disperate condizioni di miseria, evidenziando, allo stesso tempo, i limiti dell’amore e l’inconsistenza dell’orgoglio. Storia di Shuggie Bain è un testo straziante e ipnotico, che riesce a esplorare in profondità quell’amore imperituro e immenso che solo i figli possono avere per i loro genitori, per quanto danneggiati essi siano.
È impossibile non entrare in sintonia con Shuggie, così come è impossibile non capire perché Agnes non riesca più a rialzarsi. A modo loro sono entrambi anticonformisti anche se, spesso, lo sono in modo inconsapevole. Shuggie è ossessionato dall’idea di trovare un posto in quella società che sembra essere così disgustata da lui ed è alla costante ricerca di una forma di “normalità” che sembra non arrivare mai. Ma cosa vuol dire essere normale? E, soprattutto, è davvero qualcosa di interamente positivo? Del resto, in questo romanzo, le persone cosiddette “normali” non fanno una gran figura e ci verrebbe voglia di stringere le spalle di Shuggie e dirgli “Fermati, ragazzo, vai bene così: non cercare di essere ordinario, tu sei già straordinario”.
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L’autore scozzese sceglie di raccontarci tutto questo in una prosa fluida, mai pesante o artificiosa, che riesce a dare ulteriore spessore a una storia che è sì tragica, ma è altrettanto illuminata da momenti di assoluta e disarmante speranza. Nota di merito, a tal proposito, alla traduzione di Prosperi che riesce a mantenere la liveliness (come direbbero Oltremanica), ossia la vivacità, del linguaggio pur non connotandolo – per ovvie ragioni – regionalmente, come invece accade nella versione originale del romanzo. Stuart, infatti, infarcisce il testo di elementi dialettali e appartenenti allo slang dell’inglese di Glasgow, rendendo la lettura leggermente più complicata se non si ha dimestichezza con questa varietà linguistica.
Che cosa ci lascia la lettura di Storia di Shuggie Bain? Innanzitutto, ci lascia con una quantità infinita di domande scomode e un amplificato senso di disgusto verso qualsiasi forma di discriminazione e ristrettezza mentale. Ma ci lascia, soprattutto, con la voglia di correre ad abbracciare i nostri cari, di stringerli a noi e di far sapere loro che, per quanto le cose andranno male, anche noi troveremo sempre una piccola luce, una speranza che ci renderà più forti. Esattamente come Shuggie.
Per la prima foto, copyright: Lilith Redmoon su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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