La storia di Zeng Jinyan e Hu Jia. “Ho immensamente voluto” di Gabriele Barbati
Un arresto il 12 giugno del 2012. L’ennesimo, si scoprirà. Comincia così il romanzo Ho immensamente voluto di Gabriele Barbati pubblicato da Funambolo edizioni. Una cattura che ha per protagonista non un ladro o un delinquente. Il soggetto che finisce arrestato è Zeng Jinyan, una giovane donna residente nella Cina di questo secolo.
«Ieri siamo stati messi di nuovo agli arresti domiciliari. Se si potesse chiamare arresto poi, uno che senza un mandato e senza qualificarsi ti apostrofa sotto casa, no, oggi non puoi uscire. Sono sempre loro, quelli della sicurezza del distretto di Tongzhou. Sono gli stessi corpulenti idioti, talvolta con la divisa d’ordinanza, che mi seguono per vedere di che vivo o cosa faccio nel tempo libero».
Il testo è una biografia romanzata nella quale il confine tra realtà e finzione scompare in modo completo, nel senso che la protagonista – Zeng Jinyan – non è un personaggio di finzione letteraria, ma una persona vera e propria. Jinyan è una giovane attivista cinese per i diritti umani, che dopo il primo arresto del marito avvenuto nel 2006 per mano della polizia segreta cinese, decise di creare un blog nel quale cominciò a raccontare la sua vita sotto sorveglianza continua.
Grazie alla narrazione di Barbati il lettore si addentra nell’Asia, in particolare in quella Cina in fase di crescita a livello mondiale, dove nel 2008 si tennero le Olimpiadi di Pechino. In questo mondo in evoluzione, la giovane Zeng Jinyan, nativa della provincia del Fujian, viene presentata come studentessa di economia all’Università del Popolo. L’immagine che emerge dalle pagine è quella di una ragazza molto impegnata nello studio e a livello sociale. Jinyan divenne infatti volontaria delle cliniche mobili per andare nelle aree rurali dello Henan ad assistere i bambini che avevano perso i genitori a causa di un virus (si rivelerà essere poi quello dell’HIV-Aids), che nelle zone di campagna fece migliaia di vittime. Qui Jinyan ebbe un importante incontro, quello con un uomo – Hu Ja – che sarebbe diventato presto suo compagno di vita e non solo.
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Ho immensamente voluto porta il lettore dentro la vita di una donna, facendogli conoscere la dimensione emotiva ma soprattutto quel suo agire con perenne tenacia a sostegno dei diritti umani. La volontà di fare del bene per il prossimo e di portare giustizia emerge da subito nel fare di Jinyan, perché nel momento in cui la giovane cominciò a prestare assistenza alle famiglie colpite da quella strana febbre, si attivò subito per fare qualcosa di concreto creando un’associazione per l’adozione a distanza dei figli di famiglie martoriate dalla sieropositività. Nonostante un fisico esile, mingherlino e una salute precaria (si prende pure l’epatite B durante le sue trasferte nelle campagne), Jinyan dimostrò una grande fermezza e consapevolezza verso la realtà di morte e devastazione causate dell’HIV-Aids nelle zone rurali. Il diffondersi del virus avvenne a causa di un’incontrollata vendita di sangue, di condotte sessuali inappropriate e di condizioni igienico-sanitarie quasi del tutto inesistenti.
Da notare che il rapporto con Hu Ja fu per Zeng qualcosa di potente, un legame indissolubile, tanto è vero che i due lottarono (e lo fanno ancora oggi) fianco a fianco per aiutare gli orfani dell’Aids. A un certo punto il destino della coppia prese una via diversa nel momento in cui lui confessò alla moglie di voler lasciare l’ente assistenziale da lei fondato per dedicarsi in modo completo alla battaglia per i diritti umani, perché gli uomini e le donne dovevano essere tutti trattati nello stesso modo. Una scelta forte e, allo stesso tempo azzardata in Cina, perché era un chiaro mettersi contro le volontà del governo.
Come emerge dalla narrazione di Barbati per la coppia le conseguenze di questa scelta non tardarono ad arrivare. I due finirono nell’occhio del potere governativo cinese, pedinati a vista, Hu Ja arrestato, maltrattato, processato e spedito in gattabuia, con Zeng – nel frattempo diventata madre di una bambina – ad aspettarlo a casa e sempre pronta a sostenerlo nelle sue battaglie.
L’autore ci fa compiere un vero e proprio viaggio in Cina facendo parlare in prima persona la protagonista. Quello che colpisce di questa storia è la capacità di Barbati di riuscire a presentare in modo chiaro, senza tanti fronzoli o giri di parole, cosa significava provare a fare opposizione al governo cinese. Un agire non facile, dal quale emergono tutti i soprusi e le censure perpetrate da chi deteneva il potere nei confronti di coloro che non la pensavano nello stesso modo. Una situazione che, a quanto sembra, non è molto cambiata nel corso degli anni.
Sullo sfondo narrativo, abbiamo la grande Cina con le storie di altri dissidenti (Gao Zhisheng o Liu Xiaobo premio Nobel per la pace, per citarne due), tutti pronti all’azione per cambiare il loro paese di origine, purtroppo senza ottenere i risultati sperati.
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Quello che resta dalla lettura di Ho immensamente volto è il costante impegno messo in campo da moglie e marito al sostegno del prossimo maltrattato e in difficoltà. Un protestare che, da un lato, permise alla coppia di far conoscere al mondo le condotte non sempre corrette delle forze governative e, dall’altro, scatenò verso di loro un controllo sempre maggiore da parte del potere cinese.
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Zeng Jinyan e Hu Ja sono l’esempio di coloro che nonostante gli impedimenti hanno fatto – e continuano a fare il possibile – per attuare il cambiamento del loro Paese, anche se in Ho immensamente voluto di Gabriele Barbati si arriva alla fine e – con amara consapevolezza- –ci si rende conto che il tentativo di mutare la propria realtà sociale in un mondo migliore deve scontarsi con un governo centrale pronto a tutto pur di mettere un freno alle voci pronte a lottare per i diritti umani e la giustizia sociale.
Per la prima foto, copyright: Mehmet Turgut Kirkgoz su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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