La storia di una famiglia straordinaria
Come vivremmo se fossimo una famiglia di sensitivi negli anni Novanta? Quanto potrebbe essere straordinaria la nostra vita?
Daryl Gregory ha provato a rispondere a questa domanda nel suo ultimo romanzo La straordinaria famiglia Telemachus (Frassinelli 2018, traduzione di Francesco Leto) in cui narra la storia di quella che, solo all’apparenza, potrebbe sembrare una normalissima famiglia americana. In realtà, ognuno dei suoi membri possiede delle abilità particolari, trasmesse geneticamente alla famiglia da Teddy e Maureen. Dei due ci viene narrato il grande amore e il lento declino, fino alla morte di lei a causa di un cancro. S’incontrano in un programma governativo: lei perché realmente dotata di poteri soprannaturali, lui perché stufo di usare i suoi trucchetti con le carte per guadagnarsi da vivere. I figli manifestano le loro abilità fin da subito: Irene riesce sempre a capire se chi le parla sta mentendo, Frankie riesce a muovere gli oggetti con la forza della mente e Buddy a vedere il futuro. Questi doni, che possono sembrare magnifici, diventeranno una condanna per i fratelli Telemachus: Frankie farà bancarotta, Buddy si rinchiuderà in un categorico silenzio e Irene sarà una giovane mamma single e disoccupata perché la sua abilità le impedirà (come potrebbe essere altrimenti?) di avere delle relazioni stabili e, unita al suo forte senso della morale, anche di tenersi un lavoro. La famiglia Telemachus è una famiglia disgregata dalla morte della madre, con un padre – Teddy – che non ha mai saputo diventare uomo.
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La storia ci viene raccontata con continui salti temporali dal presente al passato e ogni capitolo è narrato dall’ottica di uno dei componenti della famiglia. Nel presente vediamo Matty, il figlio di Irene, scoprire e imparare a utilizzare pian piano la sua abilità di compiere viaggi extra-corporali, mentre grazie allo zio Frankie e al loro rapporto speciale fa luce sul passato glorioso della sua famiglia nota un tempo in tutti gli Stati Uniti e fondamentale per il governo americano nelle controversie con la Russia durante la Guerra Fredda. Personaggio assente e allo stesso tempo collante e amalgama di questo libro è proprio Maureen, la più grande sensitiva mai esistita. Maureen prima di morire lascia delle lettere al figlio in grado di prevedere il futuro, Buddy, da consegnare nel corso nel tempo ai vari membri della famiglia. Essendo lei già consapevole della gran parte degli accadimenti futuri della sua famiglia, ne indirizza l’agire attraverso questa corrispondenza postuma.
Se l’obiettivo di Gregory è quello di raccontare la vita di una normale, ma allo stesso tempo straordinaria, famiglia americana, questo può certamente dirsi raggiunto. I personaggi che incontriamo non sono né positivi né negativi, sono invece perlopiù personaggi mediocri, sconfitti dalla vita e ristagnanti nel disfattismo, ma che conservano una forza vitale innata unita a un forte senso dell’ironia. Attraverso questi personaggi, del tutto privi di particolari passioni, il lettore fatica a seguire le motivazioni e la necessità della vicenda; le parti del racconto in cui si descrivono rocamboleschi episodi con la mafia e il governo americano sono narrati con così poca minuzia di particolari da sembrare del tutto inverosimili. Nonostante la storia abbia molti punti di forza e nonostante ci si affezioni ai personaggi messi in gioco forse quattrocentotrenta pagine (che sono tante!) non risultano comunque sufficienti per raccontare bene una vicenda che si dispiega in uno spazio temporale così lungo e che coinvolge moltissimi personaggi, primari e secondari. Ogni personaggio ha una storia e un segreto, ogni personaggio ha una speranza e un desiderio: forse non a tutti è stato dato il dovuto spazio.
Molto abile è senza dubbio l’autore nel raccontare la storia d’amore di Irene con un uomo conosciuto in chat. Non solo la vicenda è appassionante ma porta il lettore anche a interrogarsi sulla natura dei rapporti umani. La domanda che Gregory pone è: tutti mentono di continuo, è vero, ma questo è davvero un male? Si può mentire per dare tempo alla relazione di evolversi, si può mentire per non ferire l’altro, si può mentire per distrazione: quello che ci salva in fondo è non avere il potere di Irene, quello che ci salva è il non saperlo. L’autore apre una prospettiva in cui anche le bugie possono tenerci al sicuro e garantirci la pace e l’amore, perché anche per le persone dotate di superpoteri il desiderio più forte, la cosa necessaria per affrontare la vita, resta comunque trovare qualcuno di complementare nell’esistenza, qualcuno con cui poter far cadere le barriere del pudore e della finzione. È questo l’asse comune a tutte le vicende dei Telemachus, dal puerile desiderio informe del figlio Matty che cerca in ogni modo di non pensare in modo malizioso alla cugina, alla disperata necessità della madre Irene di continuare a lottare per non perdere la speranza.
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Forse l’autore californiano segue un ritmo narrativo e dei sottintesi culturali che parlano alla sua realtà con più efficacia che ad una realtà europea. Questo romanzo potrebbe essere definito un romanzo di formazione, se l’autore avesse evitato di ampliare così tanto il raggio della storia, se avesse forse districato meglio le vicende che vedono coinvolta la mafia, l’operazione sarebbe forse perfettamente riuscita. Gli ingredienti ci sono tutti, così come il brio narrativo; quello che manca è forse il tempo. Certo è che i personaggi rimangono nel cuore del lettore che, una volta terminata la lettura, continua a portarli con sé e ad esaminarne le loro vicende, come se avesse avuto un’esperienza di vita: come se ora avesse dei nuovi conoscenti, dei nuovi amici.
«E così, per quanto possa sembrare ridicolo ripeterlo nel Ventunesimo secolo: niente di tutto ciò è reale, ragazzi! Non esistono quelli che leggono nel pensiero, che viaggiano fuori dal loro corpo, e nessuno che possa piegare forchette o cucchiai con la forza del pensiero... se non unicamente nei romanzi. Ma non dovrebbe forse bastare?»
Per la prima foto, copyright: Naassom Azevedo.
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