La storia di Taranto. “Fino alla fine. Romanzo di una catastrofe” di Angelo Mellone
Fino alla fine – Romanzo di una catastrofe è il libro scritto da Angelo Mellone e pubblicato da Mondadori, che parla di Taranto, dei suoi veleni e della speranza perduta.
Se c’è una protagonista, in questo libro, è proprio la città pugliese, la stessa che da decenni produce e ingloba tossicità. Quella fabbrica è da sempre stata un enorme punto interrogativo, produce lavoro, ricchezza e nello stesso tempo fa aumentare vertiginosamente il numero di malati di tumore.
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Non è facile vivere e convivere con un mostro che, improvvisamente, rende il cielo nero e l’aria irrespirabile, che toglie il fiato, il futuro, che condanna migliaia di bambini e di giovani a una vita diversa dalle altre.
«Qual è il tuo sogno del giorno dopo?» gli chiese. Smantellare la fabbrica e impiantare una foresta tropicale, una succursale di Disneyland, un parco acquatico? Cosa cazzo aveva in testa, il solito birignao del futile e dell’inutile? «Piano con gli insulti, mo’» reagì Chiodo, e il Professore lo assicurò che no, non lo stava insultando, non c’era niente di offensivo nelle sue parole. Era solo un modo diretto e amichevole per spronarlo ad accendere il cervello e ragionare. Non doveva prenderla sul personale: la stima, l’affetto e il rispetto rimanevano identici, gli disse, ricevendo da Chiodo un segno d’assenso.»
Dindo, Claudio e Valeria sono oramai adulti, ma hanno vissuto tutta la loro esistenza pensando cosa sarebbe successo se quell’industria non fosse mai esistita. Divergenze e visioni politiche diverse hanno portato i personaggi verso esistenze altrettanto differenti. L’arroganza degli anni giovanili ha ceduto il posto a decisioni più pacate, anche se raccontate con la stessa veemenza di chi ha vent’anni e sta vedendo il proprio futuro sfumare davanti ai propri occhi.
Ci sarà ancora Taranto? Cosa significa quella catastrofe riportata nel titolo del romanzo? Fino alla fine vuole essere un monito, ma nello stesso tempo rappresenta uno sguardo di insieme, al di là delle apparenze, oltre i confini e le mentalità ottuse. Non è facile vedere la propria terra avvelenata, non è facile descriverla in maniera così cruda, senza quel minimo di relativismo che farebbe cambiare la storia.
«Si devono prendere paura, quei bastardi» lo pressò Dante. «Se noi trasformiamo la città in un condominio di stelle filanti, se la rendiamo insicura insomma... se facciamo capire che se si avvicinano a Taranto succede il patatrac, esplode il conflitto sociale... nessuno comprerà la fabbrica, chi è il pazzo che si va a infilare in una condizione di guerriglia permanente? Nemmeno lo Stato e quei criminali del Blocco nazionale che vogliono riportare la fabbrica ai tempi dell’Italsider.» «E i disoccupati?» «Ah già, i tuoi amici operai... i soldi che vogliono buttare per il Siderurgico serviranno a programmare un piano di sussidi, così nessuno morirà di fame. Si devono prendere paura.» «Dante, lo sai quello che stai dicendo?» «Certo.» «E se a farsi male sarà anche qualcuno dei nostri?» «Meglio.» «Meglio...» «Avremo un martire.»
Restare umani, si può rimanere uomini, quando la propria vita viene “venduta”? Quando non si ha più la dignità di esistere, quando il denaro supera qualsiasi cosa? Affari e affaristi, il racconto di chi, spesso, è disposto a tutto pur di riuscire a vincere, pur di essere il migliore, senza pietà o meglio senza dignità.
Le barricate possono essere ancora costruite e poco importa se vengono fuori dall’odio o dall’amore, dalla passione o dall’abitudine, ciò che conta davvero è che abbiano un significato, che trasmettano una presa di coscienza che non si può più negare, neppure a se stessi. Non è più possibile lavarsene le mani, ora ci sono di mezzo figli, ora c’è una famiglia nella quale credere e per la quale combattere, riuscire a cambiare ciò che ancora si può modificare, anche se è poco, anche se spesso si ritiene che non ne valga la pena.
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Crescere e affrontare la vita è un’impresa, soprattutto per chi non vuole farlo, soprattutto per chi non ha capito che il tempo è passato e bisogna arrendersi a esso, o forse bisogna davvero, sempre e comunque, lottare fino alla fine?
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