La storia di Jack London e del cane dei suoi sogni
Jack London, autore di romanzi ormai diventati veri e propri classici tra i libri d’avventura per ragazzi, da Il richiamo della foresta a Martin Eden, da Zanna Bianca a Il tallone di ferro, è sicuramente uno degli scrittori dotati di maggiore forza immaginifica. Ha saputo dare vita a storie in cui l’avventura si mescola a personaggi indimenticabili, come il cane Buck de Il richiamo della foresta o Zanna Bianca, al centro dell’omonimo romanzo.
Ma da dove nasce questa forza di London? Da dove ha tratto ispirazione per le sue storie lo scrittore statunitense? A rispondere a queste domande ci ha pensato Romana Petri in un interessante libro per ragazzi (e come avrebbe potuto essere altrimenti parlando di London), ma che anche gli adulti farebbero bene a leggere. Stiamo parlando di Devo scegliere chi sognerà per me, edito da Rrose Sélavy con le illustrazioni di Fabio Delvò e un’introduzione di Massimo De Nardo.
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Romana Petri individua un momento preciso in cui London è diventato consapevole della forza della sua immaginazione che l’avrebbe condotto a costruire Storie e a dare vita a personaggi che non aspettavano altro che lui.
Jack ha tra i nove e i dieci anni nel racconto di Romana Preti, che ce lo descrive così:
«Jack era un bambino irrequieto e curioso. Gli piaceva il mare. Appena poteva, usciva di casa e andava a sedersi sulla sabbia, sceglieva l’ultimo punto ancora asciutto, ad almeno una cinquantina di centimetri da dove finivano le onde, e restava lì a guardare il mare, che per lui era un panorama sempre diverso.
“Il mare è come me” pensava “non sta mai fermo”.
E quando se lo ripeteva a bassa voce si sentiva come trascinato via.»
Inevitabile soffermarsi sulla fantasia del piccolo Jack che, nel libro di Petri, si mostrava in tutta la sua energia già a quell’età:
«Una fantasia avventurosa, come quella di molti altri alla sua età. Ma la sua era anche prodigiosa. Ragazzi, se vi fosse concesso di entrare per un momento nella sua testa, ve lo garantisco, sarebbe come salire sulle montagne russe. I suoi erano pensieri che gli creavano un gran traffico. Ne cominciava uno e non riusciva mai a finirlo perché gliene arrivava subito un altro che ne prendeva il posto. Era capace di andare avanti così per ore di fronte all’Oceano, soprattutto nelle estati fresche e nebbiose che alle sue fantasie davano ancora più ispirazione.
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Ma è nei sogni che la fantasia di Jack può agire in tutta libertà. È nel mondo onirico che infatti Jack conosce Buck, che diventerà il cane dei suoi sogni, ma anche colui che lo sceglierà come sua guida:
«Ormai, di notte, non faceva in tempo ad addormentarsi che vedeva Buck corrergli incontro cavalcando nella neve. Poi lo gettava a terra, gli metteva le zampe anteriori sul petto e spingeva con leggeri saltelli, come dovesse fargli un massaggio al cuore. A Jack piaceva, era così che Buck lo metteva in contatto con il suo mondo, come se tra la realtà e il sogno non ci fosse che una parete sottile. Però, arrivandoci tanto rapidamente, di qualcosa c’era bisogno per assestarsi meglio nella nuova dimensione. E Jack lasciava fare. Supino sulla neve, guardava quel cielo bianco e immobile da dove, ogni tanto, gli sembrava di vedere delle ombre. Qualcosa che pareva volersi manifestare pur restando ancora dietro le quinte.»
È con Buck e nel loro mondo condiviso che Jack vive le prime avventure fantastiche con scontri contro una lince e un orso e l’incontro con un misterioso alce. Fino a quando:
«Poi, per un lungo periodo, Buck non apparve più. Jack andava a dormire ogni notte con la stessa speranza. Si addormentava a pugni chiusi come un bambino scontento, anche se ormai era un ragazzo. La mattina andava a scuola con poco entusiasmo, camminava trascinando le gambe, come avesse del piombo legato alle caviglie.»
La mancanza di Buck si fa presto sentire («Una volta fece ridere la mamma: «È come se avessi una carie proprio qui». E lo disse puntandosi l’indice destro all’altezza del cuore.») e Jack comincia ad abbandonarsi ai suoi pensieri:
«Più che distratto era in balia di troppi pensieri. Gliene arrivavano così tanti dentro la testa che nemmeno lui ci si raccapezzava più. Lo stupiva che spesso fossero storie a metà, a volte solo inizi di storie, a volte solo i loro finali. Chi era mai tutta quella gente che gli affollava la mente? Specialmente la sera, nel buio della sua cameretta, poco prima di addormentarsi, aveva l’impressione di ritrovarsi davanti agli occhi una carrellata di volti che si susseguivano uno dopo l’altro. E tutti lo guardavano come se lo riconoscessero, e tutti avevano uno sguardo benevolo verso di lui.»
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La verità è che Jack si sente abbandonato, come se qualcosa fosse venuto meno dentro di lui. Abbandona la scuola, inizia a lavorare come strillone, ma nonostante questo cambiamento quel vuoto lasciato da Buck resta. Fino a quando Buck non tornerà, avendo scelto proprio Jack, e gli svelerà quale sarà il suo compito rispetto a se stesso, a Zanna Bianca (un altro cane che sarà proprio Buck a mostrarli) e a tutti gli altri personaggi incontrati nei loro sogni.
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