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La storia di Amadou, la forza di un sogno e l’inganno dell’Occidente

La storia di Amadou, la forza di un sogno e l’inganno dell’Occidente«Quella che segue è la storia romanzata, ma con elementi di verità, di una delle vittime di questa nuova forma di schiavitù».

 

Così si apre Non dire addio ai sogni, ultimo romanzo di Gigi Riva edito Mondadori.

«Cosa sono diventato?» si chiede Amadou, il giovane ragazzo senegalese protagonista di una storia incredibile che lo vedrà diventare uomo in fretta, tra varie difficoltà e speranze disattese.

Il viaggio di Amadou inizia a Palo, nel suo Senegal, la calda e materna terra che ama e che da sempre accoglie i suoi sogni. Del resto, ha solo quattordici anni e i suoi unici impegni sono andare a scuola e sognare. Sognare di diventare un calciatore, un terzino destro come il suo preferito, Dani Alves. Sognare di giocare in Europa con le più importati squadre. Diventare quello che per cui sembra essere nato. E in una calda mattina, quel sogno sembra quasi sfiorare la realtà.

Saranno proprio le sue doti e il suo talento a segnare indelebilmente il suo destino.

 

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Il calcio europeo abbonda di giocatori africani, apprezzati per il loro talento e per la forza fisica e negli ultimi anni c’è stato un incremento di ingaggi, da parte di prestigiose squadre, di questi giovani talenti. Molti di loro vengono scoperti per caso, durante partite amatoriali, notati da manager e osservatori di diverse squadre europee. Amadou lo sa, ne ha sentito parlare e in cuor suo sogna il giorno in cui anche lui potrà avere la sua possibilità. Per questo gli batte forte il cuore quando vede quel fuoristrada fermarsi. Per questo dà confidenza a degli estranei anche se i suoi genitori gli hanno sempre detto di non parlare con gli sconosciuti. Ma quegli sconosciuti sono la porta spalancata sui sogni del giovane Amadou. Si sono fermati per lui. Come si può allontanare una possibilità come quella?

La storia di Amadou, la forza di un sogno e l’inganno dell’Occidente

I due uomini, un nigeriano e un francese, gli dicono di essere dei procuratori e di avere visto in lui talento, forza e grinta. «Noi africani siamo il futuro del calcio» gli dice Idrissa. Amadou è la giovane promessa su cui hanno deciso di puntare. È il loro prescelto. È esattamente quello che stavano cercando. Ai suoi genitori ripeteranno le stesse parole gonfie di complimenti e aspettative future. Il ragazzo è destinato a diventare un grande calciatore, andrà in Francia e frequenterà la scuola calcio del Marsiglia. Ai genitori di Amadou sottolineano le capacità del figlio fino a convincerli a farlo partire. Dovranno solo pagare seimila euro, una cifra enorme per papà Boukary e mamma Awa, ma non abbastanza per innescare in loro il dubbio della truffa. Non saranno i soldi a fermare i sogni di Amadou, suo padre ne è convinto. Darà in sposa sua figlia al ricco Mustafa, pagherà la cifra richiesta e vedrà suo figlio diventare il calciatore che ha sempre desiderato essere. Così ha deciso e così farà. Aicha piangerà ogni giorno per il suo destino infausto e Amadou partirà con il cuore pesante per aver lasciato la sua terra, la sua famiglia e per aver causato l’infelicità dell’amata sorella.

È con la partenza da Palo e l’arrivo a Marsiglia che inizia la seconda parte del viaggio di Amadou. In poche ore tutta la sua vita cambia. Appena atterrati, George gli chiede di aspettarlo e si allontana per andare in bagno. Pochi minuti che si trasformano in una vita intera. Quella di Amadou, quella nuova vita che lo aspetta e che è totalmente opposta a ciò che aveva immaginato. George non tornerà più, perché non è il procuratore che aveva detto di essere. Non c’è nessuna scuola di calcio, nessun contratto, assolutamente niente se non tante bugie e invenzioni. Amadou lo capisce a ogni passo che compie da solo nella buia e sconosciuta Marsiglia, dove in fretta deve trovare un modo per sopravvivere.

La storia di Amadou, la forza di un sogno e l’inganno dell’Occidente

La paura e la disperazione possono portare a prendere le decisioni più inaspettate e il giovane ragazzo che amava il calcio lo capisce quasi subito. Sono tanti i giovani che come lui sono stati ingannati e che lontani da casa hanno trovato nelle attività illecite l’unico modo di andare avanti. Lo spaccio di droga è il settore che va per la maggiore e Amadou impara in fretta. Guadagna dei soldi e ha un posto in cui dormire. Non è molto ma almeno ha la consolazione di essere in Francia, la terra dove ha sempre creduto di poter realizzare i suoi sogni. Quando Marsiglia diventa troppo pericolosa, prende tutti i risparmi e si sposta a Nizza, dove troverà l’aiuto di Solomon, anch’egli senegalese, che diventerà la sua unica figura di riferimento.

Ma anche qui i suoi fragili sogni vanno in frantumi e così, dopo la morte di Solomon, Amadou prende il primo treno per l’Italia, destinazione Roma. È qui che avviene l’ultima parte del suo viaggio verso la maturità, la consapevolezza e infine la rinascita.

In soli due anni affronta quello che alcuni uomini non vivono in una vita intera. Ormai ha imparato a cavarsela da solo, sa come deve comportarsi e ha imparato a lasciarsi trasportare dagli eventi che costantemente cambiano il corso della sua vita. Come l’incontro con Katia, con cui conoscerà l’amore. L’amore semplice e puro che Aicha ha sempre sognato, che Mustafa non può darle e a cui nonostante tutto, non vuole rinunciare. Amadou ama sua sorella e il senso di colpa che ha nei suoi confronti lo convince a dirle la verità e ad organizzare il suo arrivo a Roma per ricominciare insieme una nuova vita. Entrambi non vogliono dire addio ai loro sogni. Insieme possono farcela. E proprio quando sembra che tutto sia possibile, ecco che gli eventi cambiano ancora una volta il corso delle loro vite.

 

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Gigi Riva racconta la sofferenza e la disperazione con un linguaggio realistico, a tratti crudo, ma con una delicatezza che non può che suscitare l’empatia di chi legge. Non si può non difendere Amadou, anche quando si dovrebbe, anche quando sembra una foglia trasportata dal vento incapace di sfuggire ad una vita che non gli appartiene. “Torna a casa”, ho pensato spesso mentre leggevo questo romanzo. Poi ho capito che sedici anni sono troppo pochi per smettere di sognare e ho invidiato la sua forza e il suo coraggio. Non dire addio ai sogni è un romanzo che fa male, un pugno dritto allo stomaco che, mai come in questo momento storico, dovrebbe far riflettere sul pregiudizio dei nostri tempi e l’indifferenza che ne scaturisce. Riva racconta il bene e il male di una stessa medaglia, ponendo l’attenzione sulla grave e seria questione dell’immigrazione illegale analizzandola con uno stile chiaro, deciso e oggettivo che suscita nel lettore rabbia e compassione. La narrazione veloce e incessante segue il passo in cui gli eventi si susseguono nella vita di Amadou, un racconto che non lascia un attimo di respiro per poi lasciare alla fine, con un sospiro di sollievo, la libertà di immaginare un futuro migliore. Lo stesso futuro che Amadou sognava quando giocava a pallone tra le strade di Palo. Quello che sogna ancora, quando Katia lo abbraccia dopo un suo gol e gli accarezza i ricci neri, mentre lui osserva gli spalti per capire se ci sia qualche spettatore. «Nel suo vocabolario di adolescente, alla lettera R non c’è la parola rinuncia.»


Per la prima foto, copyright: Jannik Skorna su Unsplash.

Per la terza foto, la fonte è qui.

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