"La stoffa dei sogni", Shakespeare, De Filippo e la magia del teatro
Uscirà nelle sale italiane il primo dicembre La stoffa dei sogni di Gianfranco Cabiddu, regista eclettico che ha alle spalle una lunga carriera nel mondo del cinema anche come fonico e sceneggiatore. Si tratta di una storia fiabesca, la cui ispirazione parte forse da quando Cabiddu, molti anni fa, si trovò ad assistere il grande Eduardo De Filippo nel corso di una registrazione audio de La tempesta di Shakespeare, di cui l'attore partenopeo aveva elaborato una versione in dialetto napoletano e in cui interpretava tutti i personaggi maschili.
Siamo nel secondo dopoguerra all'Asinara, l'isoletta a nord est della Sardegna che fu per decenni sede di una colonia penale. Nel corso di una tremenda tempesta, il battello postale che ogni sette giorni effettua i collegamenti con l'Asinara fa naufragio a pochi metri dalla riva. A bordo viaggiavano quattro camorristi condannati e destinati al carcere, accompagnati da due guardie carcerarie, e una minuscola compagnia di attori girovaghi che aveva chiesto un passaggio al comandante del postale.
Il giorno dopo, i naufraghi si ritrovano sull'isola, ma i camorristi, che durante la burrasca erano riusciti a disarmare le guardie carcerarie e a uccidere il comandante del battello, obbligano il capocomico, lo stralunato Campese, a farli passare per attori della sua compagnia per poter sfuggire alla cattura, in attesa del prossimo passaggio di un postale.
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Campese è costretto ad accettare, ma De Caro, il direttore del carcere, non si lascia convincere facilmente e impone al gruppo di mettere in scena una commedia, per dimostrare che tutti loro siano effettivamente degli attori.
Per una settimana Campese si sforza di allestire La tempesta di Shakespeare, di cui ha eseguito una trascrizione in dialetto napoletano in modo che anche i finti attori riescano ad apprenderla più facilmente, sotto lo sguardo scettico di De Caro, uomo triste e disilluso che si è rifugiato sull'isola dopo essere stato abbandonato dalla moglie, e che costringe la figlia adolescente Miranda alla sua stessa vita da recluso.
Tra sorprese e colpi di scena, la magia del teatro insegnerà qualcosa a ciascuna delle persone coinvolte, per arrivare a un finale consolatorio, dove non mancheranno note positive per alcuni personaggi.
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Storia sospesa a metà fra realtà e favola, La stoffa dei sogni è prima di tutto un omaggio al grande Eduardo De Filippo, oltre che a Shakespeare e, più in generale, al potere dell'illusione scenica.
Secondo Gianfranco Cabiddu, l'isola dell'Asinara, un'isola persa nel mare Mediterraneo, che ha visto passare in vari momenti la storia di un'umanità dolente proveniente da mezza Europa, ha in sé sia le caratteristiche "fisiche" di una location ideale che le caratteristiche metaforiche di una zattera-teatro del mondo, e questo è documentato anche dalla bella fotografia di Vincenzo Carpineta, che mette in evidenza la natura selvaggia e incontaminata del luogo, oltre che la sua desolazione: a parte gli occupanti del carcere e i loro secondini, l'unico abitante è un pastore selvaggio, che si esprime in un dialetto incomprensibile e che rimanda in modo esplicito al Calibano dell'opera shakespeariana.
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Più reali appaiono invece i duelli sotterranei fra i personaggi, sia tra Campese (Sergio Rubini) e De Caro (Ennio Fantastichini), che tra lo stesso Campese e Don Vincenzo (Renato Carpentieri), il capo del gruppetto di camorristi che, suo malgrado, si ritrova ad appassionarsi alla realizzazione della recita.
Il breve cameo di Luca De Filippo, scomparso prematuramente poco dopo la fine delle riprese, fa di La stoffa dei sogni un ulteriore e commovente omaggio alla grande famiglia di attori e commediografi napoletani che è stata così importante nella storia del teatro italiano.
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