“La sposa scomparsa”, tre donne per un cold case
Nella cornice della libreria Mondadori di Piazza Duomo a Milano, incontriamo insieme ad altri blogger Rosa Teruzzi, giornalista e scrittrice, volto della cronaca televisiva italiana. «Ho lavorato come cronista di nera da sempre, come se fosse nel mio destino. D’altra parte la sfida è quella di non diventare cinici», ci racconterà più tardi. Da qualche anno è caporedattore di Quarto Grado (la fortunata trasmissione di Rete4 condotta da Gianluigi Nuzzi), ed è proprio dalla redazione che la chiamano non appena ci sediamo dopo esserci presentate; del resto: «Essere un caporedattore è un po’ come essere una mamma. Se non ci sei, succede sempre qualcosa e ti telefonano subito».
La casa editrice Sonzogno ha di recente pubblicato il suo ultimo libro, La sposa scomparsa, un giallo che ha come protagoniste tre donne. Siamo a Milano, quartiere Chiesa Rossa: Libera, ex libraia specializzata in bouquet che pare “portino fortuna”, vive in un casello ferroviario ristrutturato insieme alla figlia Vittoria, un’agente di polizia trentenne, schiva e introversa. Si aggiunge a loro la madre Iole, che di anni ne ha invece settanta ed è una maestra di yoga un po’ hippie, dedita al godimento epicureo della vita e all’amore tantrico.
La loro quotidianità familiare viene travolta da una donna appostata fuori di casa, che cerca di convincere Vittoria a occuparsi del caso della figlia Carmen, scomparsa ventisei anni prima dopo essere stata abbandonata all’altare, in circostanze ancora da chiarire. Il corpo della ragazza non è mai stato ritrovato e secondo la donna ci sono delle possibilità che la figlia non sia morta.
«Senza giustizia è difficile vivere. E, a volte, l’impegno dei genitori serve a non far chiudere i casi. Anche se La sposa scomparsa non ha a che fare con nessuna storia vera di cronaca, mi è venuta in mente pensando alle parole di una madre in questa stessa situazione, che mi disse: “La nostra vita è rimasta lì”. Se non hai la prova della morte, spesso non riesci a elaborare il lutto. Pensate alla vicenda di Elisa Claps, che giaceva morta nel sottotetto di una chiesa e invece molte persone dicevano di averla vista. Tutto questo ha delle conseguenze nell’elaborazione del lutto», ci spiega Rosa Teruzzi.
Questo cold case, rifiutato da Vittoria, viene invece preso in mano da Libera, con la complicità della nonna Iole.
«La molla che spinge Libera a investigare è il rimorso che lei ha e, quando si imbatte nel desiderio di giustizia di questa donna, decide».
Il marito di Libera molti anni prima è stato ucciso, ma la donna si è rassegnata a non sapere chi sia il suo assassino. Adesso invece rischierà in prima persona per riesumare il caso dimenticato di Carmen, allora giovane donna dalla personalità sfuggente.
Accanto alla serietà di questi elementi, ci sono i toni agili e ironici della scrittura di Rosa Teruzzi, con una predilezione per la commedia; e infatti molte delle situazioni che crea strappano un sorriso, talvolta una risata.
«Mi piacciono i gialli della commedia alla Camilleri. Apprezzo Manzini, Malvaldi, De Giovanni. Poi le scrittrici straniere come ad esempio M.C. Beaton, che pubblica una serie in cui a indagare è una pubblicitaria in pensione di una certa età. Leggo Recami, che ha creato un tappezziere in pensione appassionato di cronaca nera. Io stessa, quando scrivo, amo scoprire il mondo dei personaggi e voglio che diventino miei amici».
Le chiediamo quanto il suo lavoro di giornalista sia confluito nella sua scrittura:
«Ho cominciato a «La Notte» quando avevo 18 anni, una testata scandalistica che ha inventato molte cose del giornalismo. Noi collaboratori eravamo molto seri, anche perché era il giornale più letto dai malviventi, che spesso ci querelavano. Fare il cronista voleva dire girare la città, conoscere le persone. E i miei personaggi sono così, un po’ “balenghi”, proprio come le persone che ho conosciuto in quegli anni. Tutto questo mi aiuta nel raccontare le inchieste e i meccanismi d’indagine di cui parlo nel libro sono reali. Mentre, per quanto riguarda le storie di cronaca vera, nessun caso entra nei miei libri, non parto da lì».
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Una pennellata di colore la danno anche i personaggi secondari, a farci intendere meglio che questo non è che l’inizio di una possibile saga (e infatti Rosa ammette di aver già pronto il secondo titolo e in mente il terzo). Su tutti Cagnaccio, detto Dog, caporedattore del quotidiano «La Città», e una giornalista di cronaca, sempre pronta a fiondarsi dove accadono i fattaci, chiamata “La smilza”.
«Da giovane venivo appellata “Lassie”, perché portavo sempre a casa l’osso… e il mio caporedattore di allora abbaiava molto più di Cagnaccio. Anche nella nostra redazione di Quarto grado siamo della vecchia scuola, si fa così: si prende e si va sul posto. Il lavoro è rimasto simile a quello di una volta».
Sempre qui alla Mondadori di piazza Duomo, poco dopo l'incontro con le blogger, La sposa scomparsa è stato presentato al pubblico dall’amica Bice, ovvero Sveva Casati Modignani. Anche per lei, prima del successo dei romanzi c’è un inizio indimenticabile a «La Notte». Come indimenticabili sono stati certi anni a Milano, certi incontri. Ad esempio, quello con Scerbanenco, per il quale la stessa Rosa Teruzzi condivide una grande ammirazione.
«Spesso doveva scegliere se comprare il cibo o le sigarette, aveva un talento straordinario per il racconto. E anche i suoi cosiddetti racconti rosa erano neri, tragici», dirà Sveva Casati Modignani. E ancora: «Ha influenzato tutti dopo di lui. Ha fatto qualcosa che prima in Italia nessuno faceva».
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Giorgio Scerbanenco è fra le letture e i riferimenti di Rosa Teruzzi (così come della sua protagonista Libera) Ma ci sono pure il romanzo d’appendice di Rafael Sabatini, Jane Austen, Renato Olivieri. Su tutti però lo Stevenson di Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde.
«Una volta stavo prendendo il treno per tornare a casa, vivevo ancora coi miei. E ho perso l’ultimo, ferma su una panchina di Sesto San Giovanni, perché stavo finendo Lo strano caso».
E aggiunge:
«Ricordo ancora con emozione il momento in cui Jekyll guarda dalla finestra la luna che illumina il suo volto che cambia».
La sposa scomparsa è anche un piccolo omaggio ai libri, e Rosa Teruzzi racconta bene della fatalità di certe letture e di come le influenze letterarie confluiscano nella scrittura di genere. A volte grazie allo zampino di librai memorabili, ad esempio Tecla Dozio, che Rosa ricorda con grande affetto - fondatrice della mitica Libreria del Giallo di Milano, ma soprattutto vera donna di cultura, dotata della grande capacità di far incontrare gli autori, i lettori e di trovare per ciascuno il giallo giusto. Fondamentale, per vivere meglio, perché, come ci spiega Rosa Teruzzi: «Tutti quanti abbiamo bisogno di un po’ d’ordine e quando chiudi un buon libro il mondo ti sembra più bello».
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