La sottile pressione delle violenze sulle donne. “Forme di lontananza” di Edurne Portela
«Non saprei dire quando è cominciato tutto. Quando la mia vita ha iniziato ad andare a rotoli e quella che ero ha smesso di esistere e si è trasformata in una donna che si chiude a piangere in un armadio. E tutto ciò che è venuto dopo».
A pronunciare queste parole, a pagina 20 del nuovo romanzo della scrittrice spagnola Edurne Portela, intitolato Forme di lontananza, è Alicia. La sua storia comincia dalla fine, ovvero da un prologo nel quale chi legge la conosce già preda della paura e dell’isolamento, sebbene la sua vita non sia sempre stata tanto tetra.
Attraverso un lungo flashback, quindi, si viene gradualmente a conoscenza del suo trasferimento dall’Euskadi negli Stati Uniti legato a una tesi di dottorato in letteratura, si fa amicizia con la sua cerchia di conoscenti, si empatizza con diversi membri della sua famiglia. Dopotutto, Alicia è una giovane donna tenace e affettuosa, dai valori solidi e dalle idee brillanti – in altre parole, la protagonista indiscussa di un qualsiasi romanzo che non sia quello in questione, tradotto in italiano da Thais Siciliano e pubblicato da Lindau nel marzo 2020. Al momento è disponibile in ebook sul sito dell'editore e su tutti gli store online, nelle librerie non appena riapriranno.
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Qui, infatti, ogni capitolo ha un suo titolo e una sua atmosfera, nonché una diversa voce narrante. Ora è Alicia, ora è il suo partner; ora sono le pagine del diario di lei, ora è un narratore esterno che adotta comunque il punto di vista di Matthew (Matty) Novak, primo ragazzo con il quale la giovane comincia a frequentarsi poco dopo il suo arrivo negli States. Attraverso un perenne cambiamento di prospettiva, ci si addentra in una vicenda domestica e sociale sempre più agghiacciante, nella quale Alicia non è più il personaggio principale, bensì la vittima e il capro espiatorio di una relazione amorosa a dir poco tossica.
Il testo si evolve allora in un romanzo dei serpeggiamenti in cui, in perfetto stile pirandelliano, non ci sono veri e propri colpi di scena, quanto piuttosto una escalation ineluttabile in direzione dell’inquietudine. L’atteggiamento di Matty, infatti, è accusatorio e geloso, eccessivamente protettivo, violento e paternalistico, esagerato e lunatico, con picchi di tenerezza e di freddezza a dir poco schizofrenici. Dal canto suo, invece, Alicia è una donna che si confronta sempre di più con una serie di meccanismi perversi, a causa dei quali è sempre il suo sesso ad avere la peggio: se ne accorge nell’ambiente universitario e con le amiche, con i genitori di Mattew e perfino con lui, che tra una scenata e l’altra diventa comunque suo marito, si trasferisce con lei in campagna e fa di tutto per convincerla ad avere un figlio insieme.
Sebbene in una situazione via via più delirante e pericolosa, la protagonista non perde il proprio baricentro. Smette di scrivere nel momento in cui il suo diario viene scoperto e usato contro di lei, piange dentro l’armadio e chiede a Matthew di dormire in letti separati, eppure rimane lucida e consapevole di quanto stia accadendo intorno a lei. Per mezzo di una lingua italiana ben modellata e di un ritmo denso e pastoso, chi si confronta con la sua vicenda rivede nella sua figura un’ammirevole consapevolezza di fondo, che in un lungo arco di tempo si trasforma nella capacità di agire e reagire, di chiedere il divorzio e di prendere le dovute precauzioni per tornare in possesso dei suoi spazi a tutti i livelli.
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Così, il sapore agrodolce della storia smette di turbare Alicia e i suoi lettori, lasciando il posto a un epilogo ancora una volta privo di particolari fuochi d’artificio, e nonostante ciò magnificamente edificante. Il messaggio profondo dell’opera, d’altronde, non è legato né a un’aspra denuncia morale o di genere, né a un coinvolgimento emotivo in chiave patetica: a essere ritratta nella sua forza soffocante è la sottile pressione giornaliera delle violenze di genere (psicologiche e corporali), che si rivelano nella maggior parte dei casi difficili da identificare e in grado, allo stesso tempo, di distruggere qualsiasi fortezza dell’animo. La sola via di fuga, sommessa ed eroica, è costituita dal coraggio di abbracciare le macerie, di fare pace con i fantasmi del passato, di ricostruire da zero una metropoli interiore più resistente di prima.
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