La Sicilia alla David Lynch raccontata da Orazio Labbate
Orazio Labbate ha esordito nel 2014 con Lo Scuru (Tunué), a cui sono seguiti la Piccola enciclopedia dei mostri e i racconti di Stelle Ossee. Scrive per «Il Mucchio Selvaggio» e «L'Huffington Post». Torna al romanzo con Suttaterra, sempre edito da Tunué.
E proprio di quest’ultimo romanzo abbiamo parlato con Orazio Labbate nell’intervista che ci ha gentilmente rilasciato.
Leggendo Suttaterra si capisce subito che fra i più importanti elementi in gioco vi è la lingua. Quanto è importante per lei la questione stilistica all’interno di un romanzo e quali sono in questo senso i suoi maestri?
Per me la lingua rappresenta il cuore della narrazione, perché al di là della struttura narrativa, al di là dello schema che vuole seguire la trama del libro, la lingua è il motore trainante che permette alla struttura di adagiarsi a essa, e non viceversa. Affinché le mie immagini abbiano un grado di potenza, un grado di suggestione oscura, quest'ultime devono essere scritte nel modo più puntuale possibile, deve essere massima l’attenzione all'utilizzo dei termini e sintatticamente la struttura linguistica deve essere melodica, anche quando all'interno di una struttura narrativa sempre di carattere oscuro, funebre, terribile, malefico. La lingua deve rispondere a questa esigenza con una portata letteraria di uguale misura.
I libri, i maestri a cui mi sono rifatto, sono oltre i Siciliani, che leggo sempre quando scrivo qualcosa, come Bufalino, D'Arrigo, Consolo ultimamente in maniera più decisiva, lo Sciascia più oscuro, il filosofo Sgalambro, con il suo Morte del Sole. Poi Wittgenstein, e la teologia cristiana capitanata da Origene. Mi sono servito di Origene, e anche di Cioran per ribaltare la questione della paganità, ovvero per dare agli dei cristiani la valenza pagana che storicamente e anche filosoficamente meritano. Le divinità che io uso, che diventano divinità dell'horror, sono sì cristiane ma divengono divinità pagane.
Fra i miei maestri anche Ligotti, con cui si è creata nel tempo una sintonia, ho avuto anche il piacere d’intervistarlo. Per quanto riguarda la scrittura horror è essenziale Poe, proprio per l’aspetto della lingua. Definirei anche Moby Dick un altro gotico essenziale per me.
Come ricerca linguistica chiaramente io Gadda l'ho letto molte vuole, ma fa parte di una struttura diversa dalla mia, è meraviglioso ma non rientra nel background isolano a cui io mi sento più vicino.
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Il cinema di David Lynch, come lei stesso ha dichiarato, è senza dubbio molto presente nell’atmosfera delle sue opere. Quanto di volontario e quanto d’involontario c’è in questa ripresa? Quanto la narrazione per immagini (film, serie tv) influisce oggi su uno scrittore?
Per me David Lynch con Darren Aronofskye anche Cronenberg, rappresentano tre registi che fanno della visione il punto focale all'interno della materia narrativa della loro pellicola. Quando ho scritto Suttaterra ero chiaramente imbevuto di questo immaginario. Tutto il meccanismo lynchiano fa della realtà una sorta di costante immaginazione da incubo: un incubo modernamente attuato, tutti i luoghi di Lynch, che sono in fondo luoghi reali, nascondono una surrealtà, una mostruosità. Quella modernità visionaria che Lynch immette e crea nel suo lavoro la sento vicina al sud della Sicilia, non solo come folklorismo, ma anche come corruzione dell'attualità, distorsione della realtà nei luoghi fra Butera e Gela. Gela è una città sì mediterranea, ma sostanzialmente e fortemente underground, perché c'è il petrolchimico, perché è trascurata. Mi sono detto che bisognava reinventare Gela, utilizzare i mostri moderni come potrebbero essere i santi, rendendoli esseri lynchiani.
Secondo me lo scrittore moderno deve rifarsi alla filmografia dei registi di riferimento, ma soprattutto alle serie tv. Le serie tv sono dei romanzi altamente qualificati che parlano per visioni. Lo scrittore non deve a mio avviso pensare solo al problema ideologico quando scrive, a me ad esempio non interessa l'ideologia moderna, la sociopolitica, queste cose qui, nella mia letteratura interessa portare avanti un immaginario e l'immaginario più ampio, più polmonare, che io riesco a vedere e a apprezzare è quello delle serie tv. Cerco di coniugare le due cose, non sfuggo il confronto con i nostri tempi, queste forme espressive possono convivere.
Per lei parlare della Sicilia, la sua terra, è un tributo o in maniera più definitiva una necessità? Nel senso che sente di poterne parlare perché è il suo luogo o perché le riconosce una particolare forza espressiva ed evocativa?
Per me la Sicilia è un luogo di necessità. Tanti sono gli scrittori che ne parlano: nel ragusano Bufalino, nel messinese Consolo e D'Arrigo, nell'Agrigentino troviamo Pirandello e Sciascia. Non ci sono scrittori che parlano di Butera e Gela, una zona fortemente texana, arida, secca, dimenticata, io sono lì, io grido lì. Quella Sicilia lì è una necessità letteraria. Tutte le mie visioni nascono da quei luoghi, traggo potenza da lì.
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Qual è stato il suo primo approccio alla letteratura?
Ho iniziato con la poesia. Ho letto tantissima poesia: Dylan Thomas, Rimbaud, Dante, Milton, Eliot, anche le poesie di Bukowski, a mio avviso, sono dei capolavori. Ho letto molto anche i poeti meno conosciuti della Beat. Ho iniziato quindi a scrivere poesia, poi dopo la morte di mia nonna sono passato alla prosa. Vedevo che non mi bastava la resurrezione lirica del morto, non mi bastava farlo resuscitare in poesia, necessitavo di un più ampio respiro. Credo però fortemente che se non c’è la poesia non c'è la prosa. La prosa per essere grande deve essere poetata in alcuni suoi punti. Un grande poeta è un grande scrittore: Faulkner, McCarthy, Plath, O'Connor quando lascia andare la penna, Melville.
Il protagonista di Suttaterra, Giuseppe, è il filo conduttore di tutto il romanzo, tutta la storia passa attraverso di lui. In genere prima di mettersi a scrivere forma il personaggio nella sua interezza oppure nel corso della narrazione lo scopre lei stesso, vedendolo reagire a ciò che accade?
Lo scopro anche io. Suttaterra fa parte di una trilogia, Giuseppe è il figlio di Razziddu Buscemi (Lo Scuru) quindi come ossatura primordiale sapevo che era il figlio di quel personaggio, ma sostanza, atteggiamenti, verità di ciò che è il personaggio l’ho compreso via via che procedeva l’opera. In un certo senso permetto che il personaggio costruisca se stesso. È la scrittura che via via permette ad esso di entrare in un altro mondo, è la scrittura la via che gli permette di esistere davvero.
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In Suttaterra l’evolversi del protagonista mi sembra si accompagni a un evolversi dello stile, la sua lingua diviene sempre più gotica, infernale…
Sì è così, senza dubbio. Lo stile segue il percorso infernale, così come lo segue il personaggio.
La letteratura che preferisco, crea disperazione, dramma filosofico, condanne. Tutti i miei personaggi devono rapportarsi con il loro demone essenziale, metafisico, che li possiede o che incontrano, e la lingua deve seguirli. Il lieto fine è una lieta condanna: il mondo di cui voglio parlare ha una profonda ontologia diabolica, è un'ontologia che tutti in fin dei conti cerchiamo di nascondere, o di non vedere perché non cosmicizziamo le cose, le realizziamo soltanto nella nostra microcosmica realtà. I miei personaggi invece si pongono dei problemi di carattere ontologico, perché nasce tutto dalla religione cattolica, con la quale hanno un rapporto intimo, profondo, ossessivo. Il primo fuggiva dal Cristo delle Pulci, che poi in fondo è un demone, un dio pagano. Nel secondo lui cerca di creare una nuova religione, lui segue la religione mariana ma cerca di rimediare una soluzione al suo conflitto. Leggendo si capirà ciò che voglio dire.
Dato che in questo periodo stanno uscendo nelle varie testate le classifiche per il miglior libro dell’anno, Suttaterra è stato inserito su Wired fra i cinquanta libri da regalare a Natale, vorrei sapere se ritiene che abbia un valore stilarle.
Chiaramente è un confronto interessante: è un piacere vedere il punto di vista del giornalista e dei lettori. È un meccanismo di comparazione sana. Sono però soprattutto molto curioso di vedere che cosa è inserito nelle classifiche...
Se dovesse partire, dove tornerebbe e dove andrebbe?
Tornerei chiaramente in Sicilia, sempre, e nel frattempo vorrei andare in West Virginia.
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