"La settima funzione del linguaggio", la storia riscritta da Laurent Binet
La settima funzione del linguaggio (La Nave di Teseo, 2018 – traduzione di Anna Maria Lorusso) è il secondo romanzo di Laurent Binet, professore di letteratura francese all'Università di Parigi e già autore del fortunato romanzo storico HHhH (Einaudi, 2011 – traduzione di Margherita Botto), da cui è stato tratto anche un film qualche anno dopo, che ricostruiva l'Operazione Antropoide, con cui nel 1942 due paracadutisti cecoslovacchi assassinarono a Praga Reinhard Heydrich, Protettore di Boemia e Moravia, nonché uno dei più crudeli gerarchi nazisti.
Anche in questo secondo romanzo si parte da un fatto reale ben preciso, la morte di Roland Barthes, deceduto a Parigi il 26 marzo 1980 per la gravità delle ferite riportate in un incidente avvenuto un mese prima, il 25 febbraio, quando l'illustre linguista e semiologo francese era stato investito dal furgoncino di una lavanderia.
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Questa volta, però, Binet non ha voluto scrivere un romanzo storico: partendo da questo episodio reale, costruisce un intrigo di vastissime proporzioni, in cui gli elementi tipici di un romanzo poliziesco si mescolano a quelli di una classica spy story.
Un poliziotto, il commissario Jacques Bayard, sospetta infatti che Barthes sia rimasto vittima di un attentato, ma per indagare sulla vita della vittima recluta come aiutante Simon Herzog, un giovane assitente universitario più avvezzo di lui a muoversi tra i docenti colleghi di Barthes, le loro rivalità e le differenti scuole di pensiero. Questo permette a Binet di far penetrare il lettore nei meandri della semiologia e della linguistica, perché Barthes era in possesso di un misterioso documento, nel quale veniva spiegata una misteriosa "settima funzione del linguaggio" (in aggiunta alle sei teorizzate da Jacobson), quella della persuasione, in grado di fornire gli elementi per dominare le persone attraverso un uso accurato dell'oralità.
A questo documento danno ora la caccia un po' tutti: i linguisti seguaci di Barthes e i suoi rivali; lo spionaggio russo che, nella migliore tradizione della guerra fredda, utilizza i bulgari per compiere i lavori sporchi; il presidente francese Valéry Giscard d'Estaing, che è alla fine di un mandato costellato di scandali e teme il suo rivale François Mittérand, dal quale sarà effettivamente sconfitto alle elezioni; lo stesso Mittérand, che aveva pranzato con Barthes proprio il giorno dell'incidente e che è alla ricerca di tutti i mezzi possibili per sconfiggere il suo avversario.
Il commissario Bayard è costretto a muoversi in ambienti con cui non ha nessuna confidenza, ed è solo grazie all'aiuto di Simon Herzog che riuscirà a districare una trama che si fa a ogni pagina sempre più complessa, tra convegni di linguistica, incontri di filosofi e raduni di una strana setta segreta di cultori del linguaggio, il misteriosissimo Logos Club. Altro non si può dire, ma la suspence è assicurata fino all'ultima pagina.
Laurent Binet deve essersi divertito davvero molto a scrivere questo romanzo, di cui però occorre sottolineare che non si tratta di un'opera alla portata di tutti i lettori.
È necessario senz'altro un minimo di conoscenza del mondo culturale europeo degli anni Ottanta, oltre che degli avvenimenti di quel periodo, per raccapezzarsi nelle quattrocentocinquanta, dense pagine che trasportano il lettore da Parigi a Bologna, da Venezia a New York, facendogli incontrare una folla di personaggi famosi: Jean-Paul Sartre, Bernard Henry-Lévy, Julia Kristeva, Michel Foucault, Gilles Deleuze, Louis Althusser, Umberto Eco e molti altri. Non mancano, tra l'altro, numerose dissertazioni sulla semiologia e sulla linguistica, perché in definitiva il vero, grande protagonista di questo romanzo è uno solo: il linguaggio, con tutta la sua forza e il potere che può esercitare sugli esseri umani.
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Realtà e fantasia si mescolano alla perfezione nella trama, mentre Binet ci descrive con brillante ironia, ma spesso anche con una buona dose di perfidia, vizi, manie e cliché dei tanti mostri sacri che ha trasformato, con molta irriverenza, negli indimenticabili personaggi de La settima funzione del linguaggio.
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