La segreta storia d’amore tra Raffaello Sanzio e la Fornarina
È una delle storie d’amore che più sono entrate nell’immaginario collettivo. Soprattutto a partire dal romanticismo e mentre la favola popolare correva lungo i vicoli di Trastevere, si sono scritte pagine di racconti, si sono allestite rappresentazioni teatrali, l’ultima nel 2011 al Teatro Argentina di Roma. Il grande Raffaello Sanzio, artista stimato e conteso dalle corti italiane ed europee, nella sua breve vita ha amato molte donne, ma solo una è stata per lui una vera musa: la Fornarina, la popolana poco più che adolescente, che ha ispirato i suoi ritratti più suggestivi e, in particolare, l’ultimo, che è dedicato espressamente a lei.
Giovanni Montanaro fa omaggio nel suo ultimo romanzo, Guardami negli occhi, edito da Feltrinelli, alla travagliata e intensa relazione che ha legato l’artista alla giovane donna Margherita Luti. E lo fa assumendo il punto di vista di lei. Poco meno di 150 pagine per raccontare lo sconfinato dolore di Ghita, questo era il suo soprannome, quando, a pochi mesi dalla morte del pittore, ancora giovanissima, decide di chiudersi in un convento e di passarvi il resto della vita.
La storiografia ci ha tramandato poche informazioni sulla vita della giovane modella e ci sono diverse versioni anche riguardo alla sua vera identità. Per alcuni non era che una prostituta.
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Montanaro ha scelto nel suo racconto la versione più romantica, quella accreditata dalla favola popolare, secondo la quale la Fornarina era la giovane figlia di un fornaio senese, trasferitosi a Roma in cerca di una vita migliore. Un giorno, in una pausa dal suo lavoro presso Villa Farnesina, Raffaello la vede affacciata alla finestra della sua abitazione, in via Dorotea, a Trastevere. E, da allora, la donna diventa la sua ossessione, fino al punto di non riuscire più a dipingere se lei non gli è accanto.
Il racconto di Montanaro inizia quando Ghita scopre che accanto alla tomba di Raffaello, al Pantheon, è effigiato il nome di Maria Bibbiena, la nobildonna, promessa sposa del pittore, alla quale, secondo l’epigrafe, «solo la morte impedì le feste nuziali». Fornarina ne è sconvolta e, spezzata dal dolore per quel grande amore, il loro, non riconosciuto, stigmatizzato dalla società colta e benpensante, decide di lasciare il mondo chiudendosi in un convento.
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E poi c’è l’anello.La legenda dell’anello di Fornarina, il suo segreto, segue, come un filo rosso, tutto lo sviluppo del racconto. Secondo la storiografia, suffragata dal Vasari, Raffaello avrebbe sposato segretamente la Fornarina e l’anello al dito sinistro della modella, che appare nel famoso ritratto, ne sarebbe la prova. Alla morte dell’artista, i suoi allievi, in particolare quel Giulio Romano che ne fu in qualche modo l’erede spirituale, lo cancellarono dal dipinto, perché li avrebbe esposti allo stigma dei committenti, in particolare di Agostino Chigi, zio di Maria Bibbiena, la promessa sposa di Raffaello. Margherita, nella solitudine della vita monastica, conserva l’anello come il prezioso simbolo di quella promessa d’amore cui, nonostante la morte dell’amante, lei non vuol rinunciare.
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La storia si sviluppa in un unico capitolo nel quale si alternano paragrafi scritti al presente e nei quali Ghita, a partire dal momento in cui ha scelto la reclusione, si racconta in prima persona, come in un diario; e paragrafi raccontati al passato, nei quali la donna ricorda episodi legati alla sua vita con Raffaello a Villa Farnesina, dove si era trasferita per volere dell’amante. E proprio l’uso alternato di presente e passato trasmette bene la tensione interiore della protagonista. La narrazione oscilla, in un crescendo delirante, tra il ricordo dei momenti di passione e di crisi vissuti dalla coppia e la soffocante quotidianità della vita al convento, in un contesto che, ancora una volta, le è ostile.
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Nei due piccoli paragrafi all’inizio e alla fine del libro, l’autore racconta il suo viaggio alla scoperta dei luoghi di Ghita, mentre immagina il suo passaggio, fiera e bella come una matrona romana, tra i vicoli di Trastevere.
Montanaro vuole immaginare che Margherita si sia lasciata morire e che, sul letto di morte, abbia rimesso al dito sinistro l’anello, fino ad allora gelosamente nascosto, ‹‹perché tutti, quando lo vedranno, capiscano››.
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