La scuola potrà davvero salvarci?
La scuola ci salverà è il titolo molto imperativo che Dacia Maraini ha scelto di dare al suo libro, pubblicato da Solferino. Perentorie infatti appaiono anche le sue idee riguardo alla necessità di avvalersi dell'istituzione scolastica per dare una poderosa virata a questa società la quale, ormai, è da tempo che sembra navigare a vista se non essere addirittura alla deriva.
L'autrice ha raccolto e inglobato nel testo numerosi suoi articoli inerenti e attinenti al mondo della scuola che ha scritto negli anni e che contribuiscono a far apparire il libro come una sorta di percorso, maturato nel tempo. È il destino della società evoluta, al centro della quale Maraini rivendica il ruolo della scuola, anche oggi in piena pandemia mondiale.
La scuola è un'istituzione certo ma si compone di persone, e quando si attacca genericamente tutto ricade sulle persone che la animano. A rimetterci più di tutti poi sono gli studenti.
Ricorda più volte Maraini la riconoscenza che l'intera società dovrebbe nutrire nei confronti degli insegnanti. Uomini e, soprattutto, donne che lavorano spesso in condizioni difficili, ambienti ostili, malpagati, minacciati per un brutto voto o un rimprovero, costantemente osteggiati perché ritenuti inutili lavoratori di un'istituzione altrettanto inutile, nell'immaginario comune e sempre più condiviso.
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Naturalmente non è così e a pagare le conseguenze sono, sempre, i giovani studenti ai quali togliendo istruzione e conoscenza viene tolta la civiltà, la capacità di vivere e agire in un mondo civile. Che non è l'appartenere o meno a una determinata civiltà o etnia. Oppure l'essere o meno cittadino di uno Stato. Imparare a essere un buon cittadino di una società civile è un concetto ben più vasto che va ben oltre il semplice diritto all'istruzione e al titolo di studio e abbraccia nozioni come il dovere di essere una persona istruita, colta, educata e civile appunto.
Chi non entra nel mondo della scuola raramente può comprendere il grido di allarme che lanciano gli insegnanti, il medesimo dell'autrice, peraltro anch'ella docente.
La famiglia e la scuola sono gli ambienti che formano gli uomini e le donne di domani. Ignorare le problematiche, le difficoltà, le gravi carenze presenti in uno o entrambi questi ambienti è un grave errore. Un errore che sembra essere diventato sistemico. Ma Dacia Mariani non ci sta e invoca a gran voce la potenza della scuola che ci salverà, deve farlo. E lo farà se gliene diamo modo. Perché ha le potenzialità per farlo. Bisogna però fare in modo che le venga data anche la possibilità.
La scuola è il luogo più idoneo dove potersi affrancare dalla barbarie dilagante, dalla presunzione di conoscenza che anima dibattiti reali e virtuali, dall’aggressività dilagante, dalla brutalità delle persistenti distinzioni di genere, dal razzismo e dalla xenofobia. Fenomeni tutti che, inutile negarlo, stanno conoscendo una stagione di crescita e prosperità inaccettabili per una società che si ritiene civile.
La seconda parte del libro è quasi per intero dedicata al racconto di tre distinte storie che ruotano intorno ai temi della povertà e dell'emigrazione. Paralleli tra mondi opposti. Persone che hanno facile accesso all'istruzione e non ne apprezzano le potenzialità da una parte. Persone disposte ad affrontare qualunque avversità pur di avere una possibilità di accesso all'istruzione dall'altra. Pur senza cedere a una banalizzazione che non è mai opportuna, bisogna cominciare ad ammettere che la denigrazione costante che in Italia si fa dell'istruzione, della scuola, degli insegnanti, degli esperti, di sicuro non porterà mai nulla di buono.
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Pur essendo strutturato in due distinte parti, la prima delle quali molto più giornalistica della seconda, definibile più letteraria in senso stretto, La scuola ci salverà non affronta comunque temi di stretta attualità, quali il dibattito tra didattica in presenza e Dad, oppure i fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) destinati alla scuola. Al di là dei tempi di scrittura e stampa è evidente che questa sia stata una scelta precipua dell'autrice, la quale ha voluto dare un'impronta più storico-intellettuale al testo. Permane comunque l'incisività del grido di allarme che esso evoca e invoca e che non può e non deve rimanere inascoltato.
Per la prima foto, copyright: javier trueba su Unsplash.
Per la terza foto, la fonte è qui.
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