La rivoluzione degli ombrelli: e se l’Asia esplodesse da Hong Kong?
E se, con la rivoluzione degli ombrelli, l’Asia esplodesse partendo dal movimento degli Occupy di Hong Kong?
La ex colonia libera inglese, porto franco e economia a capitalismo avanzato, tornata alla Cina allo scoccare del nuovo millennio, mostra tutte le contraddizioni dell’epoca contemporanea: una finanza galoppante e una dittatura leggera comandata a distanza da Pechino.
Evidentemente il nuovo ordine mondiale non è riuscito a trovare in questa piccola ex colonia il suo laboratorio, e si conferma il primato del disordine e della protesta giovanile. Sono infatti giovanissimi gli occupanti di Hong Kong, il loro leader ha soltanto 17 anni. Come tutti i giovani del mondo globalizzato, si riuniscono aggregandosi sui social network, dandosi appuntamento fisico dopo aver condiviso una strategia virale, senza compromessi con la politica tradizionale. Sembra la riedizione in salsa cinese della rivolta dei gelsomini di Tunisi, meno categorica ma altrettanto vivace.
Dunque, qualcosa si muove ancora, nel mondo giovanile, e forza il blocco del nuovo capitalismo cinese sferrando un colpo in pieno volto al colosso asiatico nei giorni in cui commemora il sessantacinquesimo anniversario della rivoluzione di Mao.
Inutile analizzare le cause di questa occupazione fiume, perché al di là del movente locale, le modalità e i dispositivi d’incontro sono uguali a quelli usati dai giovani turchi di Gezzy Park e dai giovani brasiliani di Rio de Janeiro. Il dispositivo è il cuore delle proteste, il mezzo diventa lo strumento per organizzarsi, ritrovarsi, darsi un’identità.
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Siamo di fronte a un ribaltamento antropologico e politico: i giovani che non ce la fanno più sanno come, dove e quando scardinare la retorica del potere e mandarla in frantumi. Passano dai tweet ai fatti in pochi giorni, imbarazzando le logore dittature e le marce democrazie del mondo, sconfiggendo intere classi politiche con la sola forza della volontà e della tecnologia.
Il fine non è eminentemente politico, ma è certamente democratico: tutti chiedono elezioni libere, libertà di azione, libertà di coscienza. Anche in questo lo strumento è fondamentale, perché essi ritengono necessario praticare nella vita reale la libertà di azione che hanno praticato sul web.
Evidentemente siamo in una fase nuova che esplode nei continenti che più degli altri stanno trainando l’economia mondiale. Siamo dentro il farsi della Storia delle rivolte che partono da impulsi telematici e si propagano ai cuori dei ribelli. Allora aspettiamo curiosi l’esito della rivoluzione degli ombrelli, perché se l’Asia esplodesse da Hong Kong potrebbe cambiare tutto anche da noi nel volgere breve di qualche tweet.
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