La rivalità tra Matisse e Picasso. Storia di un’amicizia tormentata
La rivalità tra grandi artisti è all’ordine del giorno. Come dimenticare la concorrenza che si fecero Leonardo e Michelangelo? Entrambi, già nel pieno del loro successo, parteciparono alla gara per decorare il Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. Chi ebbe la meglio? Entrambi risultarono vincitori, ma nessuno portò a termine il compito, in quanto dovettero ritirarsi in itinere per cause di forza maggiore.
E come ci racconta Sebastian Smee, nel suo Artisti rivali edito in Italia da Utet nella traduzione di Violetta Bellocchio, nemmeno l’area contemporanea è esente da screzi. Un esempio? La tormentata amicizia tra Matisse e Picasso che Smee ci illustra con ricchezza di particolari, a partire da alcuni aneddoti molto singolari su Henri Matisse che, non avendo denaro sufficiente per acquistare nuove tele, raschiava via la pittura dai quadri che aveva già dipinto e li riutilizzava, e che decise di distruggere una sua opera dopo che la madre la vide e frastornata urlò: «Questa non è pittura».
L’incontro tra Picasso e Matisse, riporta Smee, avvenne nel 1906, presso lo studio dell'artista spagnolo, quando questi aveva ventiquattro anni, mentre l'amico francese trentasei. Matisse era sposato felicemente, Picasso era circondato ogni giorno da belle donne. Prima fra tutte Fernande Olivier, con cui Pablo ebbe una lunga relazione. La donna dichiarò persino di detestare lo squallore delle condizioni del compagno e di sentirsi turbata dalle continue manifestazioni di gelosia. Ciò, del resto, è in linea con quanto riportato in La mia vita con Picasso da Françoise Gilot, compagna per dieci anni e dalla quale l'artista ebbe due figli.
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Matisse, sebbene soffrisse di profonde insicurezze che sfociavano spesso in attacchi di panico, risultava a prima vista un uomo pacato, dalle buone maniere, colto. Picasso, invece, in apparenza poteva sembrare un artista di successo, orgoglioso, ma dietro questi aspetti celava profonde insicurezze. L'amicizia con Matisse smuoveva in Picasso sentimenti competitivi, tanto da trasformarsi nel tempo in vera e propria ossessione, che decise di sfogare con la manifestazione pittorica che lo rese noto universalmente e con la quale avrebbe voluto "sorpassare"in notorietà il suo collega: Les Demoiselles d'Avignon. L'intento era quello di riprodurre un'opera fuori dagli schemi, avendo come idea iniziale quella di presentare un'allegoria sulle malattie veneree e sul prezzo del peccato. Evidente fu il legame con la letteratura dell'epoca: fonte d'ispirazione fu infatti il romanzo pornografico scritto dall'amico Guillaume Apollinaire, Le undici verghe, che lo scrittore gli fece leggere prima della pubblicazione.
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La competizione tra i due (sentita più da Pablo che da Matisse) non si limitava solo al campo artistico, ma trovava forma anche in ambito affettivo, verso la figlia di Matisse, Marguerite, presente il giorno del primo incontro tra i due.
Matisse era molto legato a Marguerite ancor più in seguito al tragico evento che rischiò di portargliela via per sempre. Affetta da difterite, malattia che colpisce le vie aeree superiori, ebbe un giorno una forte crisi tanto che le fu praticata una trachetomia d'emergenza sul tavolo da cucina, mentre il padre la teneva immobile. E come se non bastasse, durante la lunga convalescenza in ospedale, contrasse il tifo. Fortunatamente le condizioni migliorarono poco per volta e il rapporto con il padre diventò sempre più forte. In quel fatidico incontro Marguerite fu accolta con calore in casa Picasso, in particolar modo da Olivier, che la vedeva come la figlia che avrebbe tanto voluto avere.
Solo poco tempo dopo, anche la famiglia del tombeur de femmes adottò una bambina, Raymonde, coetanea di Marguerite, tanto da sollevare l'ipotesi di un'evidente "gelosia" genitoriale. La figlia, però, fu riportata presto all'orfanotrofio non appena Olivier notò che l'interesse del compagno si era tramutato in morbosità e andava oltre quello che lei riteneva dovesse essere un rapporto tra un padre e una figlia.
In quel tanto atteso incontro del 1906 i due artisti si scambiarono un'opera: Matisse scelse una natura morta dell'amico, mentre Picasso decise di tenere con sé proprio il ritratto che il pittore francese aveva fatto all'amata figlia Marguerite. Forse per colmare l'assenza di quest’ultima. Unica cosa certa è che gli amici di Picasso raccontarono successivamente che quel dipinto fu utilizzato durante le cene in compagnia per spegnere mozziconi di sigaretta e come bersaglio per giocare a freccette.
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Aneddoti accattivanti si mescolano tra le pagine di Artisti rivali che ci portano a riflettere sull'originario significato della parola rivalità: un sentimento in apparenza di competizione malsana, ma che se analizzato cela un'accezione più profonda. Rivale deriva infatti dal latino rivalis che significa "ruscello" e propriamente "colui al quale appartiene l'altra riva del ruscello (e del quale si è naturalmente gelosi)".
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Due sponde, e quindi due artisti, che viaggiano su un percorso comune di un fiume che è l'arte, verso la quale ognuno aspira e cerca di farsi largo con ogni mezzo possibile.
Una forma di rivalità sana che portò gli artisti ad amplificare il loro talento: una manifestazione di determinazione a volte da prendere come esempio.
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