La resilienza delle organizzazioni mafiose, vere e proprie imprese criminali
Quando si apprende che l'argomento di un libro, di un articolo, di un servizio giornalistico, riguarda la mafia, intesa come istituzione e, di conseguenza, il lavoro ha per oggetto la sua analisi in generale bisogna ammettere che si rischia di cadere nel luogo comune affermando, o solo pensando: ma basta con le parole! Cos'altro c'è ancora da dire che non sia stato detto? Servono fatti non parole!
Tutti sono caduti in simili considerazioni, chi prima e chi dopo. Poco male, se non ci si ferma alla copertina o, in questo caso, al titolo.
Le organizzazioni mafiose. La mano visibile dell'impresa criminale di Maurizio Catino (Il Mulino, traduzione dall’inglese di Jacopo Foggi) è un corposo saggio che riesce nel quasi incredibile intento di mostrare al lettore le organizzazioni mafiose in maniera del tutto nuova. Partendo da un punto di vista mai del tutto analizzato fino in fondo perché, in genere, si ha quasi timore di affiancare a queste strutture illegali terminologie e analisi finora riservate a organizzazioni intese lecite, in tutto e per tutto.
Ed è esattamente questo che ha fatto Maurizio Catino: studiare le mafie per quello che, a tutti gli effetti, sono. Delle organizzazioni. Perché esse presentano quasi tutte le caratteristiche da sempre impiegate per individuare le organizzazioni:
- Una progettazione intenzionale.
- Una divisione del lavoro dotata di ruoli differenziati e in qualche modo definiti.
- Il coordinamento tra persone e attività.
- Carriere e sistemi di premi e punizioni.
- Ruoli e codici di condotta.
- Una netta distinzione tra membri e non membri.
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Ricorda inoltre l'autore che è proprio considerandole come organizzazioni che si può arrivare a comprenderne la resilienza e longevità, nonché la continua diffusione e proliferazione anche in territori nuovi e lontani dal centro comunemente inteso come luogo di origine.
Per capire al meglio il loro essere, oltre al loro funzionamento, è necessario «studiare congiuntamente tre aspetti»:
- Il primo riguarda la dimensione organizzativa interna, le strutture, i ruoli, i “servizi” offerti, i meccanismi operativi, i codici e le regole.
- Il secondo aspetto attiene all'ambiente esterno nel quale l'organizzazione criminale opera. Un ambiente composto da soggetti individuali e organizzati che entrano in relazione con l'organizzazione criminale. Sono questi «soggetti esterni all'organizzazione mafiosa che modellano e conformano l'azione delle mafie, non il contrario». Ciò accade soprattutto nelle aree di nuovo insediamento.
- Il terzo aspetto fa riferimento al grado di percezione del fenomeno criminale da parte del contesto esterno, al livello di tolleranza dell'ambiente, al ruolo delle agenzie di contrasto. L'azione di queste ultime infatti costituisce uno tra «i fattori di innovazione, cambiamento e adattamento dell'organizzazione mafiosa».
Per riuscire a comprendere in che modo le mafie funzionano, il loro comportamento criminale, come fanno affari e come utilizzano la violenza è necessario, sottolinea l'autore, innanzitutto capire il modo in cui le mafie sono organizzate. Esaminando i diversi tipi di organizzazione mafiosa si può vedere con chiarezza che non tutte le forme di organizzazione sono uguali.
Nel testo, Catino dimostra come i diversi modi di organizzazione nelle mafie influenzano il comportamento, i conflitti e l'impiego della violenza.
Nonostante operino «in ambienti estremamente ostili», violino la legge, commettano crimini e «siano soggette a intense persecuzioni da parte delle agenzie chiamate a far rispettare la legge», le mafie sono tra le organizzazioni più resilienti mai conosciute. E, per capirne le motivazioni, Catino suggerisce di associare l’elevata capacità adattiva e longevità ai loro comportamenti scaturiti proprio in quanto sono organizzazioni formali.
Le mafie non sono solo organizzazioni criminali, sono anche organizzazioni economiche che basano la loro forza sostanzialmente sulla vendita di «protezione e servizi extralegali» a qualcuno che li compra. Ma, soprattutto, «sono profondamente inserite nell'economia, nella politica e nella società».
L'idea portante del libro di Catino è la convinzione che riuscire a comprendere al meglio la fisiologia, la logica organizzativa e i dilemmi affrontati dalle mafie costituisca un importante strumento per aumentare l'efficacia delle azioni di contrasto, per orientare le scelte politiche e per accrescere la resilienza della società civile, la sua resistenza a queste organizzazioni.
Proprio per questa convinzione l'autore ha dedicato l'ultimo e corposo capitolo allo studio approfondito delle tre mafie italiane – Cosa Nostra, Camorra e 'Ndrangheta – , «prestando particolare attenzione alle dinamiche di espansione nel Nord Italia e ai legami con i cosiddetti colletti bianchi».
Risulta essere infatti ancora diffusa la convinzione che le organizzazioni mafiose siano peculiarità della cultura meridionale italiana. Teoria avallata anche da «molti studiosi, specialmente in Italia».
Non troverebbe spiegazione alcuna dunque l'esistenza di tali organizzazioni in Paesi culturalmente molto diversi come il Giappone (la Yakuza), la Cina (la Triade), la Russia (Mafia russa) e gli Stati Uniti (Cosa Nostra americana). In considerazione anche del fatto che alcune di queste organizzazioni, come la Yakuza e La Triade, hanno avuto origine anche molto tempo prima di quelle italiane.
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Il fatto interessante, fa notare Catino, è che, nonostante abbiano avuto origine in contesti storici e in luoghi molto distanti tra loro, le varie mafie sono caratterizzate da elementi organizzativi comuni. E ciò è dovuto, per l'autore, non a un processo di reciproca conoscenza e scambio, bensì alla presenza di problemi comuni con cui le diverse organizzazioni si sono dovute confrontare nel tempo. Non bisogna parlare di isomorfismo quindi ma di comuni risposte evolutive e adattive a problemi ed esigenze comuni alle varie organizzazioni. Perché, lungi dall'essere organizzazioni onnipotenti come spesso vengono dipinte, le mafie «soffrono di molteplici problemi e sono obbligate a fare i conti con una serie di complessi dilemmi organizzativi di non facile risoluzione».
Il saggio di Maurizio Catino è davvero, come nelle intenzioni dello stesso autore, un nuovo modo di indagare un fenomeno che in Italia come altrove è tutt'altro che marginale. Un metodo d'indagine che si prefigge di mantenere costantemente neutrale il punto di vista dell'investigatore, evitando di cadere in luoghi comuni, pregiudizi o ipocrisie. Rigore tecnico e obiettività sembrano essere le parole chiave che meglio descrivono il metodo d'indagine che Catino ha utilizzato per analizzare le organizzazioni mafiose.
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