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Raimon PanikkarRiflessioni sugli scritti di Raimon Panikkar

La volta precedente, seguendo l’opera di Raimon Panikkar, abbiamo cercato il significato del silenzio su Dio praticato dal Buddha Shakyamuni. Questo concetto ha vari risvolti e implicazioni, che meritano di essere approfonditi.

Siamo ben consapevoli che oggi l'uomo, aiutato dalla scienza e dalla tecnica, svolge le funzioni che un tempo erano di pertinenza di Dio: nel campo della salute per esempio, delle infermità, della siccità, ecc. Inoltre, la mentalità moderna tenta di togliere Dio anche dalla sfera della fede e della morte che sono le sue roccaforti. Panikkar scrive che il Buddha con il suo silenzio era già andato oltre e aveva eliminato Dio dal cammino della salvezza trasformando il concetto di Ultimità.

Per spiegare tale concetto Panikkar traccia, dal punto di vista antropologico, il cammino della coscienza umana ed evidenzia che la crisi sentita nel periodo in cui è vissuto Shakyamuni è molto simile alla nostra.

È da premettere che questo cammino non è da intendersi come una successione cronologica, ma piuttosto come una susseguirsi kairologico degli eventi. Inoltre, tale cammino non è solo dell'umanità in toto o delle singole culture, ma anche nel singolo individuo, nel percorso della sua esistenza.

Secondo Panikkar, sono tre i grandi ambiti della realtà che l’uomo ha identificato per primi e che hanno inquietato la sua coscienza fin dal tempo in cui ha fatto uso del pensiero: il Mondo, la Divinità e l’Uomo, che sono tre sfere irriducibili ma inseparabili.

Il Mondo: la prima cosa che l’uomo scopre sono le cose che lo circondano, lo minacciano e lo proteggono. Di conseguenza, l’astrologia, la musica e la medicina sono le prime scienze e l’agricoltura, la caccia e l’architettura sono le prime tecniche. In questa fase, la religiosità è oggettiva e il culto è basato sull’offerta delle primizie per ottenere benevolenza dalle forze naturali, mentre l’uomo si considera cosa tra le cose.

La Divinità: l’uomo si accorge che nell’universo non è solo, che ci sono molti altri esseri superiori che lo accompagnano, lo proteggono o che lo ostacolano. Le cose che lo circondano sembrano rinviare o per la propria bellezza o malvagità o potenza o debolezza all’invisibile, al mistero. In questa fase, l’uomo scopre la propria dipendenza e non può fare a meno di cercare di stabilire un rapporto con il mondo numinoso. Il sacrificio sarà la categoria primordiale, l’azione sacra, con cui si stabilisce il legame tra l’umano e il sovrumano. Il sacrificio si differenzia dall’offerta per la coscienza che l’uomo ha di offrire qualcosa di suo, frutto del suo lavoro e non solo di restituire ciò che ha ricevuto dalla Divinità. Il sacrificio gli permette di partecipare attivamente al dinamismo dell’universo. È il momento religioso per eccellenza e in questa fase l’uomo si dimentica di se stesso a beneficio della divinità.

L’Uomo: l’uomo scopre se stesso quando, seguendo lo sguardo divino, si incontra. Dopo un periodo di auto-riflessione, arriva a considerarsi il centro stesso della realtà. In questa fase, Dio viene interiorizzato e l’uomo scopre se stesso fino al punto di riscoprire Dio, ma talvolta anche di perdere Dio e il Mondo.

Panikkar scrive che, nel periodo che va dal VII al VI sec. a. C. si apre una crisi della coscienza tale che la civiltà prende un nuovo orientamento.

In una vasta zona del mondo le intuizioni di forti personalità scatenarono un processo di trasformazione culturale irreversibile. In Israele con i grandi profeti “riformatori”, in Iran con Zarathustra, in Cina con Confucio e Lao-tze, in Grecia con Talete, Anassimandro e altri, in India con Mahavira, Yajnavalkya e altri comincia la scoperta dell’uomo nella sua secolarità e l’umanesimo con i suoi alti e bassi entra nella storia umana.

Ma nel Buddha c’è qualcosa di particolare: mentre tutti gli altri movimenti sono centrati sull’uomo, il Buddha lo trascende e insieme all’Uomo trascende il Mondo e la Divinità per evitare che uno dei tre principi fagociti l’altro.

Molti di noi percepiscono che il proprio “essere” non si esaurisce solamente nella sfera del mondano e sentiamo il bisogno di una “via” che abbia le sue radici nella sera invisibile della natura umana. Il concetto di “risveglio” della propria buddità supera il concetto di Uomo e di Dio e, quindi, per Panikkar è una strada maestra per l’uomo del XXI secolo.

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