“La regina scalza” di Ildefonso Falcones
Dopo averci raccontato il medioevo spagnolo e la cacciata dei Moriscos a fine Quattrocento, Ildefonso Falcones si confronta con un’altra pagina di storia iberica, il Settecento. Secolo dei lumi, secondo il parere di molti, ma in realtà con non pochi momenti bui, come la persecuzione dei gitani in un Paese che ebbe comunque non poche difficoltà, rispetto ad altri, nel liberarsi di intolleranze e pregiudizi verso le cosiddette minoranze etniche.
La regina scalza, edito da Longanesi (traduzione di R. Bovaia e S. Sichel), ha al suo centro due eroine, due outsider che si incontrano e diventano amiche: una è Caridad, schiava di colore condotta dall’Africa a Cuba, poi liberata dal suo padrone moribondo sulla nave che portava entrambi verso la Spagna dopo una vita di servitù nelle piantagioni; l’altra è Milagros, fanciulla e poi donna gitana, animo ribelle in cerca di libertà e amore.
Due donne che scontano sulle loro spalle una doppia emarginazione, quella di essere donne e appartenere a etnie perseguitate, e che vivono avventure, disavventure, sopraffazione, violenze e persecuzioni per tutto il libro, fino a un finale consolatorio ma, al tempo stesso, realistico, nella prospettiva di un’epoca in cui l’emarginazione del diverso era una prassi generalmente diffusa e accettata. Ildefonso Falcones ricostruisce bene anche questa pagina storica, svelando cose poco note, come la condizione degli schiavi neri liberati in Spagna, figure non rare all’epoca in un mondo in cui dall’altra parte dell’oceano la schiavitù era e sarebbe stata una consuetudine ancora per oltre un secolo, e la vicenda dei gitani, perseguitati, repressi, demonizzati, ma anche capaci di dare vita a espressioni culturali di grande intensità, come la musica e in particolare il ballo del flamenco, tuttora simbolo della cultura iberica nel mondo.
La scelta di un punto di vista femminile permette, inoltre, di parlare di argomenti spesso taciuti dalla Storia ufficiale, come le carceri femminili, intitolate, come le famigerate case di correzione irlandesi, alla Maddalena, dove si poteva essere rinchiuse semplicemente se un marito si era stufato o se si era denunciata una violenza e dove era virtualmente anche impossibile poter uscire senza qualcuno che garantisse da fuori. Senza contare, poi, argomenti ancora di triste attualità, come le violenze domestiche, particolarmente efferate all’epoca contro le donne delle minoranze, come Milagros e Caridad.
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Nonostante l’interesse di tipo storico e per le tematiche affrontate, il libro scorre con molta più difficoltà de La cattedrale del mare e de La mano di Fatima; a tratti è prolisso e poco coinvolgente. Non sarebbe male se si trattasse di un altro autore, ma Ildefonso Falcones ha creato con i suoi romanzi precedenti non poche aspettative nei suoi lettori e nelle sue lettrici, affascinati da come ha saputo raccontare la grande Storia attraverso le vicende di personaggi singoli, eroici senza essere supereroi, pronti a lottare contro le ingiustizie del loro tempo.
Tutto questo è molto meno presente ne La regina scalza, e spiace un po’. Resta un romanzo storico onesto e con punti di interesse che ci svelano un’altra pagina del passato dell’Europa, raccontando le miserie di un secolo che ancora oggi viene descritto in assoluto come simbolo di progresso da contrapporre al medioevo oscuro. Caridad e Milagros riescono comunque a restare nel cuore di chi legge, eroine testarde e realistiche, in cerca di una loro identità e vita contro la doppia negazione di un mondo che non era pronto a cambiare, e che ancora oggi ha difficoltà a farlo.
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