“La passione secondo Matteo”, quando la fine di un uomo è il suo inizio
È uscito per la Neo. Edizioni La passione secondo Matteo di Paolo Zardi. Lo scrittore veneto, che arriva dalla scuola del racconto breve e che non ama definirsi scrittore ma essere umano, offre al pubblico un romanzo che più umano non si può. Una gestazione di dieci anni, come confermato sul suo blog (il cui nome particolare è grafemi), e in mezzo l’ascesa con la finale al Premio Strega 2015 (con il romanzo XXI secolo) e qualche spunto qua e là per costruire trama, personaggi e lo spazio dove collocarli.
Come indicato dallo stesso autore, da quella vite piantata in un decennio, è nato un vino maturo, pregnante e inteso, il cui nome è La passione secondo Matteo. Se si analizza il titolo letteralmente sembra ci si trovi davanti a un teorema. Ovverosia cos’è la passione (quale sentimento potente e forte verso una persona) per una persona di nome Matteo? Troppo sciatto come titolo per essere adatto a un romanzo e allora bisognerà ricollegarlo probabilmente a una grande opera musicale del Settecento: La passione secondo Matteo del maestro Johann Sebastian Bach. Una composizione musicale sacra, dove con magistrale solennità e maestria il compositore tedesco ha messo in scena la sofferenza atroce di Gesù Cristo nei giorni antecedente la Crocifissione.
Si parte da questo composito di arie e recitativi per apprezzare la nuova fatica scrittoria di Paolo Zardi.
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Matteo è un uomo sulla quarantina, felicemente sposato con due figli e una moglie amorevole, lavora come responsabile dei sistemi informativi per una società i cui clienti sono piccole banche locali e aziende manifatturiere. Posato, educato, moralista e fortemente religioso. Sin da piccolo era cresciuto con la madre, ma dopo il suicidio di quest’ultima era stato trasferito in Sicilia e da lì aveva iniziato la sua vita da “mezzo orfano”. Il padre, difatti, tale Giovanni, non aveva più lasciato traccia di sé. Anzi, addirittura, dopo un’unione con un’altra donna, aveva messo al mondo la sorellastra di nome Giulia.
Una mattina di «un’alba, che appena iniziata, sembrava già finita» squilla il telefono di casa e dall’altra parte del ricevitore c’è la voce del padre. Poi un ordine perentorio: andare a prendere Giulia e raggiungerlo in una località dell’Ucraina. Da questo squillo nasce quel triangolo famigliare (Giovanni, Matteo e Giulia) che coinvolgerà il lettore nel percorso di un viaggio che da uno status iniziale di placida normalità porterà Matteo all’esplodere del sentimento e della parte più passionale di se stesso.
I numerosi antefatti prima dell’incontro con il padre, la strana coppia Matteo-Giulia e le loro così differenti visioni della vita e lo scenario di un’Ucraina completamente o quasi occidentalizzata sono gli elementi narrativi più accattivanti e coinvolgenti.
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La passione secondo Matteo di Paolo Zardi riunifica nel libro gli estremi fra una vita troppo controllata e una troppo vissuta. Questo contrasto che si identifica nel figlio-padre e fratello-sorella recupera tematiche tipiche della nostrana letteratura novecentesca e lo fa con un linguaggio semplice, a tratti esile. Pochi ghirigori e fronzoli, giusto qualche tocco pittorico per dare colore alla tavolozza narrativa, ma nulla più. Il narratore è onnisciente ma si nasconde bene e la focalizzazione interna ai tre protagonisti addentra sempre più il lettore nelle vite di ognuno. Certamente non può non affascinare quella di Giovanni, per l’epilogo paradossale con cui termina, ma non saranno di minor interesse la trasformazione del figliol prodigo Matteo e la vivacità esplosiva della sorella Giulia.
Struttura tripartita dei personaggi, altrettanto a triangolo è la struttura narrativa, con la divisione del libro in tre parti, una ciascuno. In mezza cosa resta? C’è la fede incrollabile di Cristo e la stucchevole rappresentazione musicale della sua Passione. È la musica di Bach a unire un rapporto che sembrava molto più che incrinato o meglio ancora inesistente ed è la stessa a muovere il ritmo dell’opera scritta. Come la composizione è fatta di melodie ondeggianti alternate a brusche e vibranti modulazioni, così il libro di Paolo Zardi alza e abbassa il ritmo della sua narrazione in base alle dinamiche che vivono i protagonisti. Non svela mai quale sarà il punto del fuoco massimo o spannung della tensione narrativa, ma abbozza fra metafore e aneddoti quale potrebbe essere il finale.
Cosa comporterà quell’altro padre – demiurgo per Matteo? Perché l’ha richiamato dopo tanti anni? Il peccato o egoismo infamante dell’abbandono di un figlio può essere cancellato?
Perché se per Giulia la compassione e l’affetto come figlia sono certezze da cui lei non si schioda mai; per Matteo, la cui vita è stata radicalmente cambiata dopo la fuga paterna, a tal punto da non riuscire a chiamarlo nemmeno padre, il sentimento è più di odio e rinnegazione che di pietà e amore.
La passione secondo Matteo è un romanzo del secolo Duemila e lo si percepisce soprattutto nella seconda parte, quella più effervescente e più intensa. Nel secolo attuale anche un valore cardine come quello della fede cristiana è costretto a scendere a compromessi con l’uomo odierno e a disvelare il paradosso della vita stessa. La risultante di questo dissidio moderno non può che essere un dramma agli occhi di chi, come Matteo, ha creduto nella quadratura della famiglia tradizionale, nel denaro come benessere materiale e psicologico e nel mondo borghese come fortino della propria sicurezza.
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In realtà siamo di fronte a una tragedia, come quella di Bach, dove la forza propulsiva di Eros e Tanathos si scontrano dentro un uomo razionale e in carriera, ma deluso da una vita di avare emozioni. Lo sfociare delle due forze dell’inconscio sarà un confronto con se stesso preponderante, impietoso e straziante.
Quello di Matteo è un dramma nel dramma e quel viaggio, che s’è aperto in un giorno dove l’alba sembra già morire, si trasforma in un percorso di iniziazione e mutazione personale, che passa da un’anonima trama narrativa comune a una drammatica e tesa rappresentazione del pathos moderno, con tutta la sua scintilla viva: volgare e raffinata, scabrosa e religiosa, sconcertante ed equilibrata.
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