“La notte ha occhi curiosi” di Gin Phillips
“La notte ha occhi curiosi” di Gin Phillips (traduzione di Luisa Piussi)
Accade di notte, mentre tutti dormono, quando è scuro e si pensa che nessuno riuscirà a vederci. Quella notte, però, lo sguardo di una bambina si posa sull’ombra che si avvicina al pozzo appena fuori casa sua e vi lascia cadere un fagottino.
“Il tonfo non fu tanto il rumore del bimbo che entrava in acqua, quanto il guaito del mio pozzo: sembrava scosso, turbato, nel sapere che dentro di sé c’era qualcosa di atroce. Chiedeva il mio aiuto.” (pag 12)
Passano le ore. Infine, Tessie condivide con il resto della famiglia il racconto di ciò che ha visto e la paura che l’oggetto nel pozzo non sia una cosa, ma un bambino molto piccolo. Non le credono, all’inizio, fino a quando il corpo non viene ripescato dal pozzo dopo aver contaminato l’acqua che la famiglia beve.
La notte ha occhi curiosi inizia così, con la vita di una famiglia americana che viene stravolta da una presenza scomoda nel proprio pozzo, una presenza la cui ombra continuerà ad intrufolarsi nelle vite dei protagonisti attraverso le pagine di tutto il romanzo, anche per quel suggerimento della zia Celia, sorella del padre di Tess che la spinge a trovare la persona che ha commesso quel gesto e capirne, finalmente, i motivi.
“Be’, immagino che tu possa scoprire chi era quel bambino. Trovare chi l’ha buttato dentro e dare al bambino un po’ di pace.” (pag 55)
Ma chi è stato?
Chi mai può aver ucciso il proprio figlio in modo così crudele e barbaro?
All’inizio, queste sono le domande ricorrenti, quelle sulla bocca di coloro che vengono a sapere del ritrovamento. Poi, però, qualcosa inizia a cambiare, perché forse quel gesto non è stato frutto di una scelta crudele, perché siamo in una società nella quale è difficile vivere, soprattutto per le persone di colore, anche a Carbon Hill, i cui abitanti, bianchi e neri, lavorano insieme nelle miniere di carbone.
“Ma sapevo che quando usciva di casa [il padre] al mattino avrebbe potuto non rientrare la sera. E allora sarei stato io l’uomo di casa. C’erano ragazzi della mia età che già andavano in miniera.” (pag 31)
L’argomento del romanzo è doloroso e reso ancor più forte, dal punto di vista emotivo, dal momento storico nel quale è ambientato - l’America degli anni Trenta. Inoltre, ci sono storie di grandi dolori, fame, povertà e malattia, che si intrecciano l’una all’altra. Infatti, una delle ipotesi rispetto alla madre del bambino morto è che “Dev’essere stata una donna distrutta dal dolore, Alberto. Non una donna cattiva. Prendere il proprio figlio e buttarlo nel pozzo di gente perbene… per me questo vuol dire qualcosa. In lei c’è, per così dire, della pazzia, ma niente in confronto all’enorme dolore che prova.” (pag 145)
È questo, io credo, il motivo per il quale tanti lettori hanno amato questo romanzo d’esordio: la capacità della scrittrice di raccontare ogni avvenimento, piccolo o grande che sia, da un punto di vista emotivo, attraverso gli occhi di ogni membro della famiglia. Per esempio, i sacrifici della mamma di Tess, Leta, che salta spesso i pasti affinché gli altri riescano a nutrirsi a sufficienza. Per esempio, il primo ragazzino che corteggia Tess (offrendole caramelle, che lei puntualmente rifiuta, e passeggiando insieme a lei).
In effetti, i lettori de La notte ha occhi curiosi sono stati tanti. Gin Phillips, giornalista, nel 2008 decide infatti di pubblicare il suo primo romanzo con una piccola casa editrice, la Hawthorne Books. Il successo però è così grande che, nel 2009, dopo aver vinto il Barnes & Nobles Discover Award, firma un contratto con la Riverhead.
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