“La nebbiosa” di Pier Paolo Pasolini
Il testo de La nebbiosa – di recente pubblicato in versione integrale da Il Saggiatore – può essere considerato come lo sguardo di Pier Paolo Pasolini sui giovani milanesi, figli del boom economico del dopoguerra, rappresentanti di quella Milano nera, violenta, cruda, un po' fredda e disperata degli anni Sessanta. Lo stesso Pasolini fu fisicamente presente a Milano nel 1959, abbandonando momentaneamente la sua amata Roma per immergersi nel mondo dei teddy boys del Nord (e proprio lo stesso autore asserì che il fenomeno dei teddy boys era tipico delle regioni del Nord e, in generale, dei Paesi settentrionali: «il ragazzo traviato […] ha il suo modello nei paesi scandinavi, ossia in società puritane e ad alto livello civile»). Fu la banda di Paolo Casaroli a inaugurare il fenomeno in Italia: Casaroli era un ragazzo di ventitré anni, appassionato di Nietzsche e D'Annunzio, sostenitore, con tutta probabilità, della teoria del superuomo. Una figura quella del teddy boy che con la diffusione del rock 'n' roll assunse anche nel nostro Paese toni più lievi (per esempio, Adriano Celentano scrisse una canzone, Teddy girl, che Pasolini inserì ne La nebbiosa).
I protagonisti della sceneggiatura pasoliniana sembrano usciti da Arancia meccanica di Kubrick (o, se preferite, dalla penna di Burgess), pronti ad abbandonarsi a ogni genere di violenza in una notte che pare essere l'ultima, prima della fine del mondo: in questo senso, appare emblematico che l'azione si compia proprio a Capodanno. I personaggi sono in parte autobiografici, infatti Gimkana era il soprannome di Giuseppe Pucci Fallica, teddy boy amico di Umberto Simonetta (futuro paroliere di Giorgio Gaber), a sua volta conoscenza di Nico Naldini, cugino di Pasolini. Fu proprio Pucci Fallica a introdurre il poeta nell'ambiente milanese che egli intendeva ritrarre, con la complicità di un altro teddy boy, Paolo Uguccione, conosciuto anche come El Lobo. Pasolini realizzò una trasformazione linguistica rispetto ai suoi canoni abituali, inserendo ne La nebbiosa il dialetto milanese, con il supporto dei due ragazzi che l’aiutarono nei dialoghi. Naldini svelò che Pasolini, all'inizio, aveva scelto come titolo della sceneggiatura Polenta e sangue («questi ragazzi sono dei sanguinari, pur essendo dei polentoni»), ma che, infine, optò per La nebbiosa.
La vicenda si dipana in diversi momenti: dall'intromissione durante l'amplesso sessuale di un riccone con la sua segretaria, al furto di gioielli che adornano la madonnina di una chiesetta; dall'abbuffata in una villa, dove un amico è maggiordomo, al sequestro di alcune signore, poi coinvolte in un'orgia ad alto tasso alcolico. L'epilogo della notte brava non può che finire in tragedia. La Milano borghese, sfavillante, «cialtrona», quella delle signore di via Montenapoleone, la città quasi fiabesca, avvolta da una sottile e umida coltre biancastra, trova la rottura dei suoi equilibri proprio nei teddy boys pasoliniani, instabili, aggressivi, eppure disperatamente vivi. Cosa restò di questo progetto? Quattro anni dopo la stesura del testo, nel 1963, uscì il relativo film Milano nera, in un'unica sala, per cinque giorni. Insomma, un fallimento. I registi furono gli «ispirati» (così li definì con ironia lo stesso Pasolini) Gian Rocco e Pino Serpi, gli autori di Carosello spagnolo (Gian Rocco firmerà anche la regia di Giarrettiera colt, nel 1967).
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Di Milano nera non si parlò più fino al 1995, quando venne ritrovata la sceneggiatura originale, che lo stesso Pasolini aveva inviato al direttore di «Filmcritica» – di cui l'intellettuale era collaboratore –, autorizzandone una parziale pubblicazione. Di questo lavoro restano pure le testimonianze di Pucci Fallica e Uguccione i quali, dopo la pubblicazione de La nebbiosa negli anni Novanta, contattarono il «Corriere della Sera» per rivelare alcuni dettagli circa il periodo trascorso con Pasolini a Milano: di notte per i bar e di giorno ai mercatini, in particolare quello di Sinigallia. Pasolini chiese anche il permesso di portare i due a Roma e lo ottenne: durante il viaggio la macchina si ruppe e, mentre uno dei due fu incaricato di far riparare la vettura, Pasolini proseguì alla volta di Bologna con l'altro accompagnatore, poiché era atteso per una conferenza. I tre si ricongiunsero a Roma, dove i due teddy boys ebbero modo di entrare in contatto con alcuni artisti del momento, da Alberto Moravia ed Elsa Morante, a Giorgio Bassani e Tomás Milian. Non mancò neppure un piccolo scandalo per la promozione della pellicola o, almeno, questo è quanto pensava Pasolini, il quale lo confidò in un'intervista a «Paese sera», nel dicembre 1960: «il bello è che i due ispirati hanno fornito a un giornale scandalistico del materiale fotografico del film, in cui c'erano dei ragazzi che avevo appena conosciuto […] uno è finito in prigione per precedenti reati e, dalle didascalie, risulta che a metterlo sulla cattiva strada ero stato io».
La nebbiosa fu, tutto sommato, il primo approccio – seppur fallimentare – di Pasolini con il cinema: sempre nel 1959 firmò il soggetto e la sceneggiatura di La notte brava di Mauro Bolognini, mentre nel 1961 iniziò la sua avventura dietro la macchina da presa con Accattone, fino a Salò o le 120 giornate di Sodoma, l'ultima opera cinematografica compiuta di Pasolini, prima del suo brutale assassinio all'Idroscalo di Ostia, il 2 novembre 1975.
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