La musica nell’antica Grecia
La musica, il canto e la danza facevano parte integrante della vita del popolo ellenico.
Orfeo, Museo, Lino sono le più antiche figure del mito come poeti e musici, mentre finanche in Omero l’eroe Achille, nell’Iliade, accompagnandosi con la cetra canta le gesta dei valorosi guerrieri.
Vari erano gli strumenti utilizzati e venivano distinti in strumenti a corde, a fiato, a percussione.
Gli strumenti a corde formavano tre famiglie: a corde uguali nella lunghezza disposte parallelamente, a corde disuguali e il gruppo dei liuti.
La lira fu il vero strumento nazionale dei Greci. L’inventore sarebbe stato Ermes bambino, che su un guscio di tartaruga avrebbe prima disteso un pezzo di pelle di bue, poi connesse ai lati due braccia fermate in alto da un giogo, e tra giogo e cassa di risonanza avrebbe teso sette budella di pecora. Duplice era il modo di toccare le corde. O venivano pizzicate con le dita o fatte vibrare per mezzo del plettro.
Altri strumenti a corde erano la cetra e l’arpa.
Gli strumenti a fiato vanno classificati in due famiglie: ad ancia e a bocca. Il più comune dei primi era l’aulo, una specie di clarino. Era formato da un tubo, di spessore, lunghezza e numero di fori vario secondo i tipi. A tale tubo veniva adattata un’imboccatura a forma di piccolo bulbo allungato che nella parte superiore portava un’ancia cioè una linguetta semplice o doppia.
Strumento a bocca era la siringa, monocalamo, corrispondente al nostro flauto o policalamo, inteso comunemente come flauto di Pan, che constava di più canne ad altezza decrescente saldate in modo che l’imboccature fossero tutte sullo stesso piano
Tra gli strumenti a percussione avevano il primo posto i timpani, tamburi di cassa larga e altezza breve, su cui la pelle era tesa da una parte sola, i cimbali, coppe bronzee a svasatura ampia, che, battuti l’un contro l’altro, avevano funzioni simili ai nostri piatti, i crotali, somiglianti a forcine impugnate per il manico dal crotalista, antenati delle castagnette spagnole.
Ben presto la musica entrò a far parte del sistema educativo, mentre musicologi e filosofi come Pitagora e Platone studiarono e sistemarono la teoria e la tecnica delle arti del ritmo.
Negli stessi agoni panellenici le gare musicali fanno parte del programma e dell’assegnazione dei premi, in base alla bravura dimostrata.
Diversi poi sono i canti popolari e di lavoro che accompagnavano giorno per giorno i lavoratori.
Tutta la poesia classica non può prescindere dalla musica: gli aedi e i rapsodi recitano canti epici accompagnandosi con la cetra. La poesia lirica, monodica e corale, è un insieme di parole e musica, le parti liriche della tragedia e della commedia sono la fusione armoniosa delle parole della danza e della musica del coro.
Tuttavia, se escludiamo gli schemi metrici, nulla ci è pervenuto della melodia. Inoltre bisogna aggiungere che i Greci non conoscevano la polifonia così come viene modernamente concepita, cioè come la molteplicità simultanea di tre o più suoni. Essi infatti col termine polifonia intendevano la molteplicità dei suoni usati in un brano musicale. Il coro cantava all’unisono. Sembra però che l’accordo simultaneo di due suoni fosse applicato al kommos, cioè nella tragedia greca era il dialogo tra il coro e gli attori.
I Greci considerarono il ritmo elemento primo e fondamentale della musica, chiamarono armonia un’ordinata successione di suoni formanti modo (ritmo). Tre erano i generi dell’armonia: il diatonico, il cromatico e l’enarmonico.
Era detta diatonica l’armonia che procedeva con note succedentesi ad intervallo di tono; era detta cromatica quella che presentava tre note succedentesi ad intervallo di semitono, l’enarmonica infine accoglieva anche intervalli di quarto di tono. Di essi il genere più antico fu quello diatonico, il più recente l’enarmonico.
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