“La mia Londra” di Simonetta Agnello Hornby
La mia Londra di Simonetta Agnello Hornby, edito da Giunti nel maggio di quest’anno, è un testo difficile da catalogare in un genere narrativo specifico. Le sue pagine sono riassumibili nella parola latina summa: autobiografia, documentario, racconto, guida turistica, poesia, saggio storico e geografico, letteratura culinaria e feuilleton da rivista. Un enorme caleidoscopio che rievoca nel lettore profumi, paesaggi, angoli di cielo, rioni caratteristici, monumenti e chiese di impareggiabile splendore. A questo si aggiunge una prospettiva soggettiva, che a volte riesce a oggettivarsi in modo stupefacente, e un notevole senso del meraviglioso che emana da ogni pagina del libro.
Tutto ha inizio nel lontano settembre 1963, quando Simonetta Agnello, dopo aver vinto una borsa di studio, parte per cento giorni alla volta di Londra; una città destinata non a diventare una semplice meta turistica, bensì la sua vita. L’autrice ricorda in prima persona il matrimonio con il marito David, la nascita dei due figli, una serie di traslochi (da Dulwich a Victoria, nella City of Westminster) e la sua brillante carriera da avvocato, oltre alle numerose amicizie con persone di ogni età e nazione. Una storia narrata, forse povera di trama, o per meglio dire con una fabula tutta da ricostruire, fatta di viaggi, riflessioni, spostamenti, rapporti umani e una dilatazione del tempo senza confini: dalla nascita di Londra alle guerre seicentesche, la rivoluzione industriale, quella coloniale, gli anni ‘60 fino alla situazione fiorente di una metropoli che conserva ancor oggi la memoria dei suoi padri fondatori.
Il punto di vista della protagonista ricorre in ogni azione e in tutti i momenti più salienti della storia. Non si tratta, tuttavia, di un io invadente; la sua è una voce guida che accompagna il lettore nelle innumerevoli passeggiate fra i parchi londinesi, all’interno delle churches, per i vicoli, nei ristoranti, sul porto, per le strade più conosciute al mondo e quelle meno note ai londinesi stessi. Un viaggio condotto lentamente, come il cammino a piedi che tanti anni orsono fece il suo “nume tutelare”, Samuel Johnson, quando arrivò a Londra in cerca di lavoro e finì per diventare uno dei fondatori dell’Illuminismo inglese. Con un tono che ricorda quello di un memoriale, Simonetta Agnello Hornby ci presenta la grandezza infinita della sua città adottiva. In certi momenti ci prende per mano, ci porta con sé sui mezzi, ci accompagna fra il verde spumeggiante del parco di Greenwich o per i corridoi dei musei della Londra storica attraverso una narrazione che ci consente di assaporare tutti i lati della vita cittadina, di conoscere meglio un popolo forse più identificato per stereotipi che apprezzato per doti intellettuali, intellettualistiche e morali.
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L’autrice ama la sua città adottiva ed è un sentimento corrisposto. Non a caso, l’elemento che attrae di più il lettore è quel pensiero razionale, eppur poetico, con cui ogni aspetto della City viene raccontato o descritto. Passando dallo sguardo stupito della giovanissima diciottenne a quello lungimirante, profondo e cosciente della donna vissuta, ormai quasi sessantenne, resta sempre la sensazione di una città incantevole; un città dove l’auto è usata, ma non si vede, l’aereo c’è, ma non si sente, lo sport vive, ma non ce ne accorgiamo. L’amore e la passione per la cultura, per i costumi meno diffusi e per l’arte, uniti a uno stile di vita anticonformista e poco commerciale, ci restituiscono piccoli quadri che intersecano perfettamente la biografia della scrittrice con un complesso di nozioni storiche, geografiche, artistiche, sociali, politiche ed economiche che, collocate in altro modo, avrebbero potuto dar vita a un “mattone” poco digeribile.
Forse la piacevolezza della lettura nasce proprio dalla struttura del testo. La sua pagina è lineare, mai ridondante, essenziale nelle descrizioni e moderata nell’uso degli aggettivi. Le parentesi, intese come capitoletti o sequenze, sono tutte collegate e non si dilungano mai troppo, comprese le due appendici conclusive. Ogni capitoletto scorre rapido, creando le condizioni necessarie per immaginare i paesaggi di Londra (anche per chi, come me, ancora non l’ha visitata) e per apprezzare attraverso le sole parole una tra le città più famose del mondo, che in pratica è il soggetto e al contempo l’oggetto della narrazione.
Dalle pagine di questo libro emerge un quadro della metropoli britannica affascinante, brioso, culturalmente elevatissimo, con la stessa Londra che diventa d’incanto una città “ricca dentro”, piena di storia da ricordare. In particolare, spiccauna qualità che, da profano, sinceramente non avevo mai associato al popolo inglese, notoriamente orgoglioso, tollerante e intraprendente: la generosità. Nei confronti del prossimo, certo, ma anche verso la propria City. Un atteggiamento mentale e culturale sconosciuto dalle nostre parti, emblema di un rapporto d’affetto con la propria patria. Un legame che sembra sempre più debole nel Bel Paese, così come sottolinea la stessa Simonetta Agnello Hornby, non soltanto a causa della cosiddetta “fuga di cervelli”, ma soprattutto per un crescente senso di disaffezione nei riguardi di una nazione, la nostra, ormai decadente.
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