“La linea di fondo” di Claudio Grattacaso
Ripercorrere le tappe della propria vita per comprendere chi si è veramente. Guardare il passato come dentro uno specchio per osservare chiaramente sé stessi. È questo che ha fatto José Pagliara, il protagonista del libro La linea di fondo, edito da Nutrimenti, dell'esordiente scrittore salernitano Claudio Grattacaso.
«Non sono mai sceso in campo per soldi. E l’obiettivo principale non è mai stato il risultato, il goal fine a sé stesso. Una bella giocata, piuttosto. Un tunnel, un sombrero, un colpo di tacco, un assist. Tutti gesti molto più complicati del semplice infilare una sfera di cuoio nella rete. C’è un piacere profondo nel crossare una palla dritta sulla testa del compagno e sentire che quasi ti ringraziano – la palla e lui – mentre impattano e lei se ne va a stamparsi contro la traversa. Il mistero di una perfezione mancata di un soffio, una statua a cui manca la parola. È come fare l’amore. L’orgasmo è niente senza i preliminari, senza un bacio, una carezza, una parola sussurrata contro il collo.»
In questo modo parla di sé José Julián Pagliara, chiamato così in onore di José Julián Martí Pérez, leader del movimento per l’indipendenza cubana, figlio di una fervida comunista e di un carabiniere cattolico professante. José è per tutti “Freccia” da quando è un adolescente e ha sviluppato nei campetti di periferia il suo talento di calciatore, la sua indole ribelle e la sua passione sfrenata per il calcio. Non si è mai dovuto sforzare per esprimersi nel gioco: la fantasia di un dribbling, il perfetto passaggio destinato a servire una palla in rete, un assist improvvisato, per lui, sono sempre state azioni semplici e istintive. Il calcio è la sua seconda pelle, gli è congeniale; è un talento regalatogli dalla natura che ha guidato e segnato il suo destino.
José diventa così un calciatore professionista. Tuttavia si deve scontrare con le logiche della corruzione del mondo del calcio, inquinato dai traffici delle scommesse e dall'avvilimento dello sport a cui lui si ribella, testardo e orgoglioso, ma rimanendone schiacciato. La sua vicenda umana, però, non si esaurisce esclusivamente nella sfera professionale, per quanto drammatica. È molto di più.
Noi lettori accompagniamo il protagonista in un viaggio in cui si alternano passato e presente. Con José viviamo sprazzi della sua adolescenza negli anni '70, ripercorriamo la sua vita di calciatore professionista negli anni '80 e poi torniamo ai giorni nostri, guardando insieme a lui l'uomo che è diventato. Lo vediamo crescere e invecchiare, inoltrandoci in un faticoso cammino di consapevolezza che passa attraverso le figure più importanti della sua vita.
Conosciamo gli amici della sua infanzia e Barbara, sua moglie: dapprima giovane ragazza, creatura splendida e fragile; poi donna adulta che lentamente e inesorabilmente scivola verso l'apatia e l'ossessione. Allo stesso tempo, osserviamo come si trasforma nel tempo l'amore che Josè nutre per lei, iniziato con il giuramento fatto a sé stesso, ma poi disatteso, di non abbandonarla mai e di essere tutto ciò che lei aveva perso o mai avuto. Infatti, Josè non ha fatto i conti con la vita che cambia, plasma e modifica le prospettive e gli obiettivi. Così il suo amore sfuma nel tempo, distratto da altre priorità. Barbara diventa quindi, a poco a poco, anno dopo anno, un'estranea, uno scrigno inaccessibile, un'anima ripiegata su sé stessa che lui non riesce o non desidera più rivolgere verso di sé. José realizza all’improvviso di trovarsi accanto una donna che ha rinunciato a vivere, e questa sua apatia lo stanca, lo avvilisce e soprattutto lo fa sentire impotente. Eppure, per quanto spossante sia questa situazione, guardando Barbara, vede ancora in lei la bellezza che il tempo non le ha rubato. E questo lo porta a ripensare a un amore che forse non si è mai spento, ma che si è solo nascosto ed è stato trascurato.
Chi è in definitiva José? Un calciatore. Un uomo che non ha avuto scelta: la sua natura ha stabilito per lui quale ruolo interpretare nella vita. Non ha potuto essere altro che un amante del pallone, per completarsi e annullarsi in esso. Calciatore nel corpo e nello spirito in modo irreversibile, anche quando non è più tempo: quando il sistema impone di essere un giocatore in maniera fasulla o quando l'età imporrebbe di smettere. Lui resta un calciatore, nelle viscere, nel cuore e nello spirito.
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José è un protagonista a cui ci si affeziona. Fanno tenerezza la sua adolescenza, la complicità e l'amicizia con i suoi compagni, le partite di calcio nei campi confinanti con l'autostrada, le sfide con i ragazzi di altri quartieri. Entusiasmano la sua voglia di giocare, la sua grinta, il suo desiderio di mettercela tutta e di fare un bel gioco. Purtroppo la stessa passione, negli anni, oscura la sua attenzione ad altri aspetti importanti della sua vita. A partire proprio dalle sue relazioni nel mondo del calcio: quando si trova catapultato in una realtà fatta di imbrogli e giri loschi, lui non se ne accorge fino a che la verità non gli è sbattuta in faccia. Ma non solo: del tutto assorbito dalla passione per la sua carriera, trascura i segnali del disagio psicologico che affligge sua moglie, per poi trovarsi ancora una volta di fronte una situazione troppo dolorosa da affrontare; e la stessa cecità produce delusioni anche nella creatura che ama di più, sua figlia.
La parte centrale della vita di José è però disarmante. Quando accadono al protagonista fatti di evidente ingiustizia, lui non ispira simpatia. Verrebbe voglia di entrare dentro la storia e dirgli di smetterla di credere che il suo dolore e le sue disavventure siano gli unici che contano; vorresti urlargli di prendersi cura di Barbara, di non farla precipitare, di non essere così ossessionato dal calcio. Ma lui, in quel momento della sua vita, non lo fa. È un calciatore.
José si risveglia uomo di mezz'età, che guarda con lucidità la sua vita come forse non ha mai fatto prima, e lo fa grazie alla figlia che ha deciso di allontanarsi dai genitori. Il dolore per la separazione che si protrae nel tempo, infatti, costringe il protagonista a ripercorrere il suo passato. Gli errori commessi con la sua famiglia, con sé stesso, le ingiustizie che gli sono accadute senza che lui potesse far nulla per prevederle e impedirle, sfilano tutti nella sua mente e lo inducono a riflettere. José impara molto sulla persona che è stato, sulle oscillazioni della vita, sull'incontrovertibilità degli eventi e acquista una nuova consapevolezza che è come una boccata di ossigeno dopo l'apnea, una liberazione, la base per un nuovo inizio.
La linea di fondo è un romanzo scorrevole. Seppur denso di riflessioni, non arriva ad annoiarci grazie al ritmo coinvolgente della scrittura. Claudio Grattacaso ci regala una storia aspra ma al tempo stesso struggente, malinconica e nostalgica, che descrive sia la crescita e la maturazione interiore di un uomo, sia gli aspetti meno limpidi del calcio tra gli anni '70 e '90, quando gli sportivi erano costretti a scegliere tra la propria integrità morale e la lusinga di un successo pagato con il gioco sporco.
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